Archivi tag: colloquio di lavoro

Sei anche tu una Pollyanna?

PC In questi anni abbiamo sottolineato l’importanza di fare personal branding ed è stato perciò molto piacevole vedere che una delle nostre più giovani lettrici, Giulia Gargaglione, convinta anche da un corso sull’argomento svolto in università, ha cominciato a pubblicare sul suo profilo linkedin dei post che danno concretezza al suo percorso di studi in ambito psicologico e alla sua ambizione di diventare una Well-being Specialist.

Uno di questi, sul cosiddetto Principio di Pollyanna, mi ha particolarmente colpito, forse perché Patrizia e io siamo cresciute con i romanzi Pollyanna e Pollyanna cresce (il meno conosciuto sequel, roba da fanatiche). Le ho quindi chiesto di far conoscere ai nostri lettori questa inclinazione a valutare tutto troppo positivamente, perché penso che si riveli particolarmente utile quando si sostiene un colloquio. Ecco i suggerimenti di Giulia:

Giulia Gargaglione: “Il “principio di Pollyanna”, studiato per la prima volta da Matlin e Gawron nel 1979, ci svela che esistono delle persone fortemente e costantemente felici e soddisfatte, con un umore positivo stabile nel tempo e nelle diverse circostanze. 
Secondo il “Principio di Pollyanna”, queste persone sarebbero caratterizzate da una spiccata tendenza a vedere il lato roseo della vita, da un’inclinazione a interpretare e ad affrontare gli eventi in modo positivo, a selezionare le situazioni più gratificanti.

Giulia Gargaglione Well-Being Specialist

In origine, Pollyanna era la protagonista di un romanzo per ragazzi, scritto nel 1913 da Eleanor H. Porter. Il personaggio è diventato paradigmatico della filosofia della gratitudine: nella storia, infatti, il padre le insegna a giocare al Glad Game (“Sono grata”). Il gioco consiste nel trovare sempre qualcosa per cui essere grati in ogni situazione.
Ma come si capisce chi ha una personalità da Pollyanna?
Le persone che presentano il cosiddetto bias dell’ottimismo tendono a valutare gli eventi in modi a loro vantaggiosi, a giudicarsi in maniera favorevole nella maggior parte delle situazioni e a ricordare un maggior numero di eventi positivi nelle loro vite.
Attenzione! 
La tendenza ad essere ottimisti in ogni circostanza non è qualcosa di sempre positivo: ricorda che stiamo parlando di un bias, cioè di una distorsione del pensiero che ci allontana dalla realtà. Secondo State of Mind, gli esseri umani sono più portati all’ottimismo rispetto al realismo: le persone sottostimano la possibilità di divorziare, di perdere il lavoro, di ammalarsi di cancro mentre sovrastimano la propria aspettativa di vita di oltre 20 anni. Curioso, non trovi?

Lascia che ti dia qualche dritta su come puoi evitare di cadere in questa trappola cognitiva:

1.      Quando ti trovi a dover valutare una situazione/evento/persona cerca di essere razionale e non alimentare attese irrealistiche: soppesa i pro e i contro di ogni aspetto della tua analisi (magari utilizza il vecchio metodo dell’elenco carta e penna, potrebbe aiutarti a fare chiarezza).

2.      Confrontati con gli altri: chiedere consiglio ad una persona di cui ti fidi potrebbe fornirti una prospettiva diversa e più realistica, il che aiuterebbe a riportare in equilibrio il tuo senso (sbilanciatissimo) di ottimismo!

3.      Ricorda di leggere la situazione da diversi punti di vista: fai lo sforzo di metterti nei panni di tutti gli attori della scena, in modo da capire le motivazioni alla base delle azioni di tutti i partecipanti.

4.      Pensa al passato per delineare il futuro: sforzati di immaginare a come le cose potrebbero andare nel futuro, il modo migliore per farlo è attingere alla tua esperienza passata; potresti pensare ad una situazione simile in cui ti sei già trovato e valutare i possibili esiti della tua decisione presente confrontandoli con quelli di un’ esperienza già vissuta.

5.      Esercitati a immaginare problemi e soluzioni: lo so, per te che sei ottimista non ci sono problemi… questo è il punto! Ogni decisione presenta ostacoli e opportunità, rassegnati, è un dato di fatto.  Facciamo un esempio: stai per affrontare un colloquio di lavoro. Quali potrebbero essere gli ostacoli che incontrerai? Chi e come si muoverà la concorrenza? E’ realistico pensare che ad una prima stretta di mano capiranno chi sei e ti stenderanno il tappeto rosso? Forse c’è ragione di pensare (sempre) ad un buon piano B, nell’eventualità che tutto non vada proprio come programmato.

Non è un lavoro facile, ma con un po’ di impegno si può imparare, buona fortuna!


Se vuoi approfondire, ti consiglio di dare un’occhiata a:

·         Matlin, M.W; Gawron, V.J (1979). “Individual Differences in Pollyannaism”. Journal of Personality Assessment. 43 (4): 411–412.

·         http://www.stateofmind.it/tag/optimism-bias/

E se volete altri suggerimenti dalla Giulia, la nostra psicologa in erba, aggiungetela su LinkedIn www.linkedin.com/in/giuliagargaglione/

Contrassegnato da tag , , , ,

9 dritte su come non apparire molli a un colloquio

PC Tutti ormai sappiamo che il linguaggio del corpo parla di noi più di quanto facciano le parole. Lo verifico ogni volta che faccio degli esami in università: salvo rarissime sorprese intuisco la preparazione di uno studente da come mi sì è seduto di fronte.

A un colloquio è fondamentale proiettare un’immagine di sé convincente, ma non arrogante. Per capire quali posture e movimenti utilizzare per impressionare al meglio gli intervistatori, Mashable ha chiesto a tre esperti di body language. Ecco le nove indicazioni emerse:

  1. sedetevi bene dritti sullo schienale della sediafantozzi

è un segnale automatico di sicurezza e fiducia in se stessi. Gli “sdraiati” sono avvertiti, almeno in occasione di un colloquio è opportuna una postura eretta.

  1. evitate il continuo contatto oculareowl-and-mushrooms-tanja-brandt-2__880

Al contrario di quanto si pensa un contatto oculare prolungato può risultare sgradevole, è meglio guardare diverse parti del volto della persona, cambiando ogni pochi secondi la parte che si fissa

  1. usate il linguaggio delle mani mentre parlate

La cosa peggiore è tenere le mani nascoste, perché implica che siete molto ansiosi, meglio muoverle per sottolineare quanto state dicendo

  1. mostrate i palmi

Avere i palmi rivolti verso l’alto denota onestà e impegno. In generale una postura eretta, il sorriso e i palmi aperti vi faranno apparire ricchi di energia.

  1. tenete i piedi ben piantati per terraselfie-ai-piedi-Reese-Whiterspoon

Se siete una donna non accavallate le gambe, piuttosto le caviglie. È stato scientificamente provato che è più facile rispondere a domande complesse con entrambi i piedi appoggiati al suolo

  1. migliorate la vostra camminata

Gli intervistatori spesso vi giudicano nei 10 secondi che ci mettete a entrare nella stanza: spalle indietro, collo allungato verso l’alto, passi ampi ma non eccessivi.

  1. respirate a fondo mentre ascoltate la domanda e parlate mentre emettete il fiato

Funziona allo stesso modo a tennis: inspirare quando l’avversario colpisce la palla e espirare quando la colpite voi dà molta più forza al vostro tiro e vi permette di concentrarvi maggiormente. In generale respirare profondamente è  un modo infallibile di ridurre il nervosismo.

  1. annuite mentre ascoltate

Ovviamente annuire mentre si ascolta dimostra che state ascoltando e partecipando

  1. inclinatevi verso l’intervistatore

Avvicinarvi a chi vi parla è qualcosa che viene naturale quando siete coinvolti da una conversazione, dimostrerà quindi interesse in quello che vi stanno dicendo.

Aggiungerei alla lista: non giocherellate con oggetti presenti sulla scrivania di chi vi sta facendo il colloquio, non incrociate le braccia, non toccatevi i capelli e infine due grandi classici di cui non ci stanchiamo di parlare: stretta di mano energica  e sorriso sia quando arrivate che quando ve ne andate, comunque sia andato il colloquio!

Contrassegnato da tag , , , , ,

Dal Branding al Personal branding

PC Su questo blog abbiamo spesso affrontato l’argomento del personal branding (il fatto che ognuno di noi è di fatto una marca e come tale comunica e si vende). Daniela Pellegrini, che collabora con me in Iulm, ci fornisce, con il suo classico approccio da personal coach, alcune indicazioni su come trasformare le conoscenze di marketing in indicazioni operative per la costruzione di un brand distintivo e coerente e quindi più facile da vendere. In sostanza ci aiuta a capire come trovare un lavoro o migliorare la nostra posizione. Ho conquistato il vostro interesse? Leggete i suoi suggerimenti!f167fd140c425b4806cbb43eaa1d8863

Daniela Pellegrini: Anche noi siamo Brand e possiamo diventarlo.

Vi sembra strano dirlo? Forse sì, ma riflettete su questo principio prima di andare a fare un colloquio di lavoro, sia che siate alle prime esperienze sia che vogliate cambiare azienda: in pratica state “vendendo” voi stessi e quindi dovete trattarvi come farebbe un brand commerciale. Da qui vi esorto a fare questo passaggio logico: da Brand a Personal Brand.

Il personal branding infatti ci permette di differenziarci dalla massa rendendoci unici e riconoscibili.

Preparatevi quindi a riflettere sul vostro personal brand, utilizzando le quattro classiche leve di marketing.

Come si costruisce un personal brand

  1. Mission

La tua mission è lo scopo della tua attività, il motivo perché la fai. Nel nostro caso la tua mission è il messaggio che comunichi con i tuoi studi, la tua professionalità.

Esercizio: scrivi la tua mission.

Alcuni spunti:

Cosa fai?

Perché lo fai?

Per chi lo fai?

Che problema risolvi?

Perché lo sai fare così bene?

Perché lo fai meglio di altri?

In che modo ciò che fai parla di te?

  1. Prodotto

Noi siamo Prodotto

Il Prodotto siamo noi…: quindi va identificato cosa vogliamo “vendere” senza ego-referenziarsi ma divenendo capaci di ascoltare e comprendere il mercato, individuare bisogni ancora insoddisfatti e rispondere con un’offerta di  noi stessi adeguata e competitiva.

Per farlo rispondete alle seguenti domande:

Quali sono i tuoi punti di forza?

Quali sono i tuoi limiti?

Chi sei?

Come sei arrivato/a qui?

Quali sono i tuoi principali successi?

Come ti vedono gli altri?

Come ti vedi tu?

Come vorresti essere vista/o?

 

  1. Posizionamento

Come nelle logiche di mercato definire il posizionamento è fondamentale per avere un’offerta unica e differenziarsi dalla concorrenza.

Il posizionamento dovrebbe cercare “uno spazio vuoto da riempire”: analizzate i bisogni del target di riferimento, in questo caso la persona che andrete ad incontrare, e le proposte dei competitor, e quindi coloro che faranno o hanno già fatto il vostro stesso colloquio,  in modo da posizionarvi in maniera unica e originale con la propria offerta = voi stessi.

E voi cosa avete di originale da offrire?

Guardate gli annunci di lavoro simili, leggete storie di persone che hanno fatto le vostre esperienze e ce l’hanno fatta, trovate la vostra USP.

  1. Prezzo

Un approccio di marketing classico prevede anche il pensiero anche sulla leva Prezzo. Capisco che potreste obiettare: ma è l’Azienda che fa l’offerta, il mercato è in crisi…Certo, ma definire il nostro valore “economico” è comunque importante e ci aiuta a fare delle scelte.

Due i fattori di cui tenere conto:

  1. definire l’aspetto valoriale del vostro prodotto ( = personal brand, voi stessi), che non solo riveste un valore economico. Quindi chiedetevi: quanto valgo? Quanto posso essere unico ed interessante per l’Azienda?
  2. Definire il costo oggettivo e quindi definire a quanto siamo disposti a vendere il nostro servizio. A quanto oggettivamente sei disposto a venderti o vendere il tuo servizio, facendo i veri conti di cassa dei soldi che ti sono necessari per vivere e di quanto oggettivamente vali perché sei un professionista preparato?

Se foste dei freelance allora il lavoro sul personal brand dovrebbe continuare sulla definizione del target, l’analisi della concorrenza, e poi naming, visual identity.

Ora invece ci siamo soffermati sui colloqui di lavoro presso Aziende e Società quindi concludiamo con un alert:

L’abito fa il monaco…

voi comunicate il vostro brand in ogni momento, quindi è importante che quando vi trovate davanti ad un colloquio i vostri interessi, lo stile, l’abbigliamento, il vostro modo di parlare etc… siano sempre coerenti con la costruzione del vostro brand (= coerenza e credibilità).”

Su quest’ultimo punto abbiamo anche scritto Come vestirsi per un colloquio di lavoro.  E se vi è interessato questo post potreste trovare utili anche  Che prodotto sei? , Come fare carriera alla cena di Natale , Come vestirsi d’estate per una riunione,

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , ,

Come attivare gli archetipi giusti in vista di un colloquio.*

Daniela Pellegrini

Daniela Pellegrini

PC Daniela Pellegrini, collega in Iulm di cui abbiamo già avuto modo di parlare, ha deciso di affiancare un nuovo lavoro come personal life coach al suo impegno come manager nell’ambito del marketing e della comunicazione. Si sta specializzando su temi legati alla analisi e lo sviluppo delle problematiche personali rivolte al Burnout, crescita personale, e allo Space Cleaning perché, come ci racconta, sono aree che le permettono di entrare in punta di piedi nella vita delle persone ed aiutarle in un loro percorso di crescita. Ha deciso di aiutare i nostri giovani talenti con alcuni consigli che nascono anche dagli argomenti trattati insieme a lezione. Ecco il primo, che come ci anticipa “è un post rivolto al femminile, ma da cui anche i signori maschietti possono trarre spunti utili.”

Daniela Pellegrini.: Durante il corso di Brand Lab in Iulm si è parlato di archetipi quali modelli di riferimento di costruzione non solo della personalità dell’uomo, vedi le teorie di Jung, ma anche di una marca, modelli utili nel momento di passaggio dalla strategia allo sviluppo dell’idea creativa.

L’invito è quindi quello di considerare anche noi stessi “marca”. In fin dei conti quando andiamo ad un colloquio di lavoro “ci vendiamo”: ci presentiamo, cerchiamo un contatto, stabiliamo una relazione, e dobbiamo farlo con elementi distintivi. Noi siamo “brand”.

Oltre agli aspetti esteriori di cui si parla spesso, come vestirsi, come stringere la mano, come sorridere e stare seduti etc… anche molti altri aspetti della nostra personalità giocano nel giudizio di chi ci sta esaminando.

A questo proposito vi consiglio il libro d  J.S. Bolen, che tratta delle Dee dell’Olimpo quali archetipi-modello al femminile che influenzano il nostro modo di essere e quindi il nostro agire. Può essere molto utile sfruttare questi modelli anche durante un colloquio di lavoro, imparando così quali di questi giocano a nostro favore, in modo da fare emergere il meglio di noi stessi.

Uno nota importante. Dentro di noi vivono tutti gli archetipi ma a tratti, o in momenti diversi, ne vengono attivati uno o più di uno di essi. Sta a noi, in base alla situazione in cui ci troviamo e l’obiettivo che vogliamo raggiungere, attivare l’archetipo più adatto.

Vediamo ora una carrellata veloce del profilo delle Dee:

Dee nella categoria delle Vergini che rappresentano le qualità femminili dell’indipendenza e dell’autonomia:

– Atena: dea della saggezza, fra i romani era nota come Minerva. Ha capacità strategiche e razionali ed è portata a muoversi con grande determinazione. Ha anche la capacità di tenere sotto controllo le situazioni e muoversi in modo adeguato in mezzo a loro.

– Artemide: dea della caccia, per i romani era Diana, agisce in modo veloce e deciso. Impersonifica lo spirito indipendente e competitivo. In ambito lavorativo si trova bene a sostenere ruoli di comando ed è spinta verso avanzamenti di carriera.

– Estia: dea del focolare, la Vesta dei romani. Ha grande capacità di intuito. Non ama essere ambiziosa e può risultare timida, introversa o dimostrare inadeguatezza se si trova in un ambiente non consono a lei.

Dee nella categoria delle Vulnerabili la cui identità e benessere dipendono dalla presenza di rapporti significativi.

– Era: Giunone fra i romani, è la moglie di Zeus. Vede nel matrimonio la sua finalità di vita e non considera il lavoro una delle sue priorità. Ha spesso momenti di rabbia che deve imparare a gestire.

– Demetra: vive la famiglia e i figli come l’espressione della sua capacità di prendersi cura delle persone e delle cose. Sul lavoro non dimostra grande competitività ed ambizione.

– Persefone: caratterizzata da due aspetti contrastanti fra loro. Kore, giovane fanciulla e Persefone (o Proserpina nei romani) regina degli inferi. Come Kore è una fanciulla che non conosce bene le sue capacità mentre sotto le vesti di Persefone ha una tendenza ad avere un atteggiamento passivo e condiscendente.

Afrodite: dea in una categoria a se stante. Personalità estroversa ed eclettica. Dal momento che non è attirata da compiti ripetitivi, gli impieghi monotoni e le situazioni statiche la annoiano e quindi tende a mollare il colpo. E’ l’archetipo che maggiormente è attirato dalle professioni artistiche.

Siete in procinto di affrontare un colloquio? Fate un breve esame delle vostre attitudini caratteriali e decidete come è meglio porvi al vostro interlocutore. Create quindi una sorta di collegamento con gli archetipi ed attivate quello che maggiormente necessita in quel preciso momento. Ecco alcuni spunti:

  • Fate in modo che lo spirito organizzativo e la capacità di lavorare anche sotto stress sia in mostra durante il colloquio, come farebbe Atena.
  • Siate Artemide, ma state attente a non essere troppo aggressive, mostrate invece la vostra spinta ad agire.
  • Attivate Estia se dovete “captare” la situazione in cui vi trovate, o fate intravedere al vostro interlocutore che avete un certo sesto senso.
  • Non vi piace una domanda o una affermazione che vi è stata detta? Fate in modo che la Giunone che è in voi non esploda e non date segni di impazienza, neanche con la mimica facciale.
  • Lasciate sopire Persefone e Demetra se il lavoro per cui fate il colloquio prevede situazioni di stress o ruoli di comando.
  • Non lasciate troppo libera Afrodite: al management di un’Azienda non dà sicurezza una personalità scostante.

Questo post può essere sì considerato un piccolo divertimento, ma vi assicuro che ad un colloquio dimostrarsi sicuri di sé ma non arroganti, una persona affidabile e con capacità di relazione, un individuo capace di volontà ma anche di autocontrollo, sono aspetti che possono giocare una carta vincente in più per voi rispetto agli altri candidati.

*Liberamente tratto dal libro di J.S. Bolen – Le Dee dentro la donna – Ed. Astrolabio

Contrassegnato da tag , , , , , , ,

Si stressi chi può, noi no.

stress interviewPC Continua la rassegna di consigli su come gestire un colloquio di lavoro di Giovanna Landi, la mia ex tesista appassionata di Personal Branding che questa volta ci racconta cosa può succedere durante una stress interview:

“Soffro lo stress…io soffro lo stress” è il famoso ritornello della canzone Boy Band dei Velvet. Se anche voi soffrite lo stress, iniziate a preoccuparvi perché l’ultima frontiera dei cacciatori di teste è proprio la Stress Interview. Affrontare un colloquio “normale”, non era già abbastanza stressante? Evidentemente no.

L’ultima tendenza per selezionare i candidati, infatti, vuole siano poste loro domande con un tono incalzante e aggressivo. Il tutto per non mettere a proprio agio l’interlocutore. Potrebbe capitarvi un selezionatore che si distrae appositamente fingendo di essere poco interessato o che fa lunghe pause di silenzio per testare la vostra capacità di gestire l’imbarazzo. Atteggiamenti che di primo acchito potrebbero sembrare scortesi, ma che in realtà sono parte di una strategia per testare il livello di resistenza allo stress e valutare come i candidati potrebbero reagire in situazioni particolarmente ostili sul luogo di lavoro. Queste domande “terribili” servono per mettere alla prova il vostro equilibrio, poiché fanno emergere il “vero io”. Sono fatte apposta per vedere come reagite sotto pressione scandagliando le profondità della fiducia che avete in voi stessi. Chi ricorre alla stress interview, dice un’indagine-test condotta dal Servizio Placement dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, è il 21% delle aziende, in alternativa o insieme alla classica prova individuale o di gruppo su un caso aziendale (32%), un test di personalità (26%), un test di logica (21%), o il colloquio in una lingua straniera (21%). In precedenza era una tecnica limitata alla selezione dei dirigenti, ma oggi è ormai diffusa in tutto il mondo professionale.

State già tremando? Non vi preoccupate, ho la soluzione. Cerchiamo di ridimensionare il fenomeno esorcizzandone insieme la paura.

Infatti, anche se avete il carattere di “Leone il cane fifone” e pensate che il vostro incubo peggiore possa concretizzarsi in una stress interview, una volta compreso che queste domande sono solo una versione amplificata di quelle molto più semplici e alle quali non avreste paura di rispondere, potete rimanere freddi e piuttosto calmi. In realtà, ogni interview è una stress interview, le domande negative e i trabocchetti dell’intervistatore, possono agire come catalizzatore della paura che già si ha. L’unico modo per combattere questa paura è essere preparati, sapere cosa il recruiter (chi conduce il colloquio e lo valuta) sta cercando di fare e anticipare le varie direzioni che prenderà la conversazione.

Ricordate: una stress interview è un colloquio normale ma con il volume al massimo, la musica è la stessa, solo più forte. La preparazione vi tranquillizzerà. Molte persone sprecano le loro chance reagendo a queste domande come se fossero insulti personali piuttosto che come sfide e opportunità di brillare. Sulla stress interview avrete sentito sicuramente storie dell’orrore, storie di colloqui impossibili, di domande insormontabili.

E allora, esorcizziamo di nuovo la paura, presentando un esempio di domande a catena:

  1. Sa lavorare sotto pressione?
  2. Bene, sarei interessato a saperne di più su un episodio in cui ha lavorato sotto pressione;
  3. Perché pensa che questa situazione si sia presentata?
  4. Quando è successo esattamente?
  5. Pensa che le altre persone coinvolte avrebbero potuto agire in maniera più responsabile?
  6. Chi aveva la responsabilità della situazione?
  7. In quale punto della catena dei passi da compiere, si potrebbe agire per evitare che situazioni del genere accadano di nuovo?

Abbiamo appena visto una batteria di sette domande. Immaginate di avere di fronte a voi un selezionatore che ve le pone a tutta velocità e iniziate a fare le prove.

Ecco altre domande. Esse non si riferiscono solo a colloqui posti a ragazzi giovani che muovono i primi passi nel mondo del lavoro, ma anche a professionisti con esperienza che hanno perso il lavoro o vogliono cambiarlo:

  • Qual è la sua maggiore debolezza?
  • Con il senno di poi, come avrebbe potuto migliorare i suoi progressi?
  • Per lei, quale tipo di decisione è più difficile da prendere?
  • Quale area di skill professionali vorrebbe migliorare in questo momento?
  • Ha mai avuto difficoltà finanziarie?
  • È disposto ad assumersi rischi calcolati, quando è strettamente necessario?
  • Qual è la cosa peggiore che ha sentito sull’azienda per la quale lavora?
  • Perché non si guadagna più alla sua età?
  • Vedo che ha lavorato per molto tempo presso un’azienda ma senza nessun aumento apprezzabile di salario e nessun avanzamento di carriera. Mi racconti di questo.
  • Come definirebbe la sua professione?
  • È mai stato licenziato? Perché?
  • Perché dovrei assumere un esterno come lei, quando potrei “riempire il posto” con qualcuno interno all’azienda?
  • Come mai è stato senza lavorare per così tanto tempo?
  • Perché cambia lavoro così spesso?
  • Perché vuole lasciare il suo attuale lavoro?
  • Perché ha lasciato il suo vecchio lavoro?
  • Cosa le interessa meno di questo lavoro?
  • Con che tipo di persone le piace lavorare?
  • Con che tipo di persone ha difficoltà a lavorare?
  • Ha mai lavorato bene e con successo con queste persone con le quali ha detto di avere difficoltà?
  • Come mi valuta come intervistatore?
  • Non sono sicuro che lei vada bene per questo lavoro;
  • Come si sentirebbe se le dicessi che la sua presentazione questo pomeriggio è stata pessima?

Tenete presente che una tecnica comune di stress interview è quella di iniziare con voi una piacevole conversazione, con una o una serie di domande apparentemente innocue. In questo modo vi faranno abbassare la guardia, per poi colpirvi alla sprovvista con una serie abbagliante di quesiti che vi lasceranno balbettanti.

Le domande della stress interview non vanno poi confuse con quelle che invece sono illegali ma che purtroppo vengono poste con sempre più frequenza: “Hai malattie ereditarie?”; “Quale religione pratichi?”; “Hai intenzione di avere dei bambini?”; “Qual è il tuo orientamento sessuale?”, “Qual è il tuo orientamento politico?”.

Bene, siamo arrivati alla fine di questa rassegna di domande ad alto tasso di stress. Quello che però bisogna avere chiaro è che non sono tanto le domande a mettere in difficoltà il candidato, quanto l’atteggiamento di disinteresse, indelicatezza e anaffettività mostrato dal recruiter.

Certo, un po’ di tensione ci vuole, altrimenti invece di “colloquio di lavoro” si chiamerebbe “chiacchierata al bar con gli amici” ma conoscere le mosse del “nemico” può essere già un buon inizio per vincere la battaglia e lo stress. E infatti, noi le mosse del nemico le conosciamo bene, visto che sappiamo le domande. Quello che non conosciamo per ora, sono le nostre mosse successive e dunque le risposte da dare. Le domande della stress interview e anche quelle illegali, possono essere infatti girate a proprio vantaggio o semplicemente evitate elegantemente.

Vi state agitando perché non sapete come rispondere? Non vi preoccupate, io ho la mia Bibbia personale e voglio condividerla con voi.

Si chiama “Great answer to tough interview questions”, è un libro di Martin John Yate ed è stato definito dal Financial Times come “The best book on job-hunting”. È in lingua inglese, ma non dovrebbe essere un problema visto che se invece lo fosse, i recruiter ci risparmierebbero anche lo stress del colloquio, perché non ci assumerebbero mai a prescindere.libro

Bene, adesso che abbiamo domande e risposte, si stressi chi può! Noi no.

Giovanna Landi

Contrassegnato da tag , , , ,

Colloqui di lavoro: le domande più frequenti e quelle più bizzarre

PC Giovanna Landi, la mia ex tesista appassionata di personal branding, si sta preparando con l’usuale determinazione e scientificità ai colloqui di lavoro che presto dovrà sostenere. Ha gentilmente deciso di condividere con noi l’elenco delle domande che più spesso vengono rivolte all’intervistato durante un colloquio. Preparatevi le risposte!

“Per i lettori di Trampolinodilancio che ancora non mi conoscono, io sono una “vecchia” tesista della Dottoressa Paola Chiesa. Mi sono laureata in IULM in Relazioni Pubbliche e Comunicazione d’Impresa e da Febbraio sto frequentando un Master in Marketing e Comunicazione presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi. Il Master prevede un periodo di stage a partire da gennaio 2015, perciò anche per me si sta avvicinando il fatidico momento dei colloqui di selezione.LANDI 1

Come segnala italentjob.com in un post sull’argomento, il colloquio è “il dramma di ogni neo laureato, il rito di passaggio tra ciò che hai studiato e ciò che dovrai dimostrare. Alcuni lo vedono come una sfida, altri come una condanna al patibolo. In ogni caso, tutti sentono addosso quell’ansia da prestazione”. Per stemperare la tensione, ho pensato di riportarvi le domande tipiche che i selezionatori pongono ai candidati durante i colloqui di selezione perché si sa che non c’è calmante migliore della preparazione.

Il colloquio, pensandoci bene, potrebbe essere associato a un esame universitario. Vi è mai capitato durante la preparazione a un esame, di esercitarvi dando delle ipotetiche risposte a domande uscite nelle prove degli anni o degli appelli precedenti?  Sicuramente sì, e il colloquio di lavoro, per certi versi, e con la dovuta cautela, senza voler banalizzare troppo, altro non è che un esame di cui conosciamo a priori le domande. E se conosciamo le domande tipiche, proprio perché sono tipiche e la probabilità che capitino anche a noi è alta, sarebbe da stupidi non iniziare a ragionarci fin da subito.

Ecco una lista:

  • Mi racconta qualcosa di lei? (È come quando a scuola, l’insegnante dice “parti da un argomento a piacere”, serve a metterci a nostro agio);
  • Mi può dire tre suoi pregi e tre difetti? (Oltre a citarli, bisogna fornire esempi di comportamenti e di situazioni che abbiamo vissuto e che dimostrano quello che stiamo dicendo. Tipo: “Sono molto ambiziosa, per esempio, durante un progetto all’Università…”);
  • Quali sono i suoi punti di forza? E quelli di debolezza?
  • Cosa direbbe di lei un suo amico e cosa un suo nemico?
  • Cosa si aspetta da questo lavoro? Quale competenza vorrebbe migliorare lavorando per noi?
  • Come si vede tra cinque anni?Quali sono i suoi piani per il futuro? (Nessuno assume persone che non sanno cosa vogliono fare “da grandi”, altrimenti ve lo dico subito cosa saremo tra 5 anni se non siamo in grado di rispondere a questa domanda: disoccupati);
  • Quale università ha frequentato e perché ha scelto proprio questa?
  • Potrebbe raccontarmi qualcosa che ha imparato all’università e che potrebbe essere utile in questo lavoro?
  • Le piace il lavoro routinario?
  • Cosa sa della nostra azienda? La conosce? (Ovvio che sì. Come minimo dovrete aver passato l’ultima settimana sul sito aziendale e saperne “vita, morte e miracoli”);
  • Ha qualche domanda da porci? (Non rispondere mai di no. Certo che abbiamo domande da porre, si tratta del lavoro dei nostri sogni e siamo motivati al massimo, o perlomeno questo dovrebbe essere il mood giusto. Durante il primo colloquio evitare domande come “Quanto si guadagna?” o “Chiudete ad agosto?”, sareste automaticamente fuori);
  • Perché pensa che potrebbe piacerle questo lavoro?
  • Pensa di essere adatto a questo ruolo?
  • Cosa pensa di dare alla nostra azienda?
  • Potrebbe definirsi un problem-solver? (Rispondere citando situazioni in cui emerge questa qualità);
  • Qual è il suo livello di energia? Descriva una giornata tipo. (Qui bisogna rispondere in modo che il selezionatore capisca che sappiamo usare il tempo a disposizione e pianificare gli impegni)
  • Perché vuole lavorare qui? Cosa le interessa di più di questo lavoro?
  • Sarebbe disponibile ad andare dove l’azienda decide di mandarla?
  • Perché dovrei assumerla?
  • Cosa può fare per noi che nessun altro può?
  • Come farebbe ad andare d’accordo con differenti tipi di persone? Quali difficoltà le è capitato di affrontare quando ha lavorato con persone con interessi e background differenti dai suoi?
  • Si dia un punteggio da 1 a 10;
  • Cosa la preoccupa maggiormente?
  • Qual è la situazione più difficile che ha dovuto affrontare?
  • Quali caratteristiche personali sono necessarie per avere successo nel suo campo?
  • Preferisce lavorare da solo o con gli altri?
  • Spieghi il suo ruolo come “team member”;
  • Si considera un “natural leader” o un “born follower”?
  • Ha un appuntamento dal medico a mezzogiorno per il quale ha aspettato due settimane. Un meeting urgente viene programmato all’ultimo momento. Cosa fa?

Durante la preparazione degli esami, dopo aver imparato i concetti e aver preparato eventuali risposte alle domande più probabili, si può dire che lo studio è finito. Beh, forse per la maggior parte degli studenti è così, non di certo per me. Io, infatti, durante la preparazione agli esami mi trasformo in una sorta di Marzullo che si pone le domande e si risponde da solo. Sono sempre stata (e continuo a essere) una di quelle che mentre studia tenta di rispondere a domande fortemente improbabili, quasi impossibili, domande che nessuno si sognerà mai di porre in quanto sfiorano la filosofia e la metafisica, quasi domande esistenziali. E, se è vero che il colloquio è come un esame universitario, e che come tale va preparato, adesso per me arriva la fase delle domande impossibili, la fase del “e se mi chiedesse…”. In realtà molte aziende sono anche più fantasiose di me.

Ho pensato di riportarvi le domande più bizzarre alle quali potreste essere sottoposti una volta varcata la soglia di quell’ufficio tanto temuto, più comunemente conosciuto come Risorse Umane:

Ecco a voi le più celebri stranezze provenienti da alcune famose aziende:

  • Qual è la filosofia delle arti marziali? (Capital One)
  • Quale supereroe sceglierebbe di impersonare? (AT&T)
  • Che soluzione troverebbe alla fame nel mondo? (Amazon)
  • Come metterebbe un elefante in un congelatore? (Horizon Groupm Properties)

FOTO LANDI 2

  • Cosa ne pensa dei nani da giardino? (Trader Joe’s)
  • Cosa farebbe se ereditasse una pizzeria da suo zio? (Volkswagen)
  • La vita la affascina? (Ernst&Young)
  • Se i tedeschi fossero il popolo più alto del mondo, come lo dimostrerebbe? (HP)
  • In quante differenti modalità può raccogliere l’acqua da un lago e portarla dai piedi di una montagna fino alla cima?(Disney)
  • Nel 2008 quanti soldi hanno speso gli abitanti di Dallas in benzina? (American Airlines)
  • Quante persone stanno usando Facebook a San Francisco alle 14.30 di venerdì? (Google)

Di queste altre domande non ho trovato l’azienda in questione ma sono state poste ultimamente ad alcuni “malcapitati”:

  • Mi racconti una storia;
  • Sta organizzando un party. Scelga dieci personaggi famosi da invitare e ci spieghi perché;
  • Si presenti con analogia a un animale;
  • Quanto vale il mercato degli spazzolini da denti?
  • Che cosa porterebbe con lei su un’isola deserta?
  • Mi venda questa penna. (Converrebbe rivedere il film “The Wolf of Wall Street”. Cliccando qui, potrete rivedere il video delle scene in questione).

Questi sono solo alcuni dei quesiti più particolari richiesti durante i colloqui di celebri multinazionali e non è fantascienza o un qualcosa che “capita solo in America”. Pochi giorni fa ho sentito telefonicamente un amico e mi ha raccontato che durante un colloquio gli hanno dato carta e penna ed è stato sottoposto a questa domanda: “Secondo lei quante palline da ping pong entrano in questa stanza?”. Domande come questa potrebbero provocare un senso d’ansia o di smarrimento, ma a tutto ciò c’è un perché. Chi pone queste domande desidera analizzare l’elasticità mentale dell’individuo, la sua capacità di problem solving anche in situazioni fuori dal comune e il suo modo di approcciarsi alle sfide. A queste domande non esiste risposta giusta, i selezionatori vogliono solo vedere la nostra reazione a una situazione di stress (al riguardo a breve pubblicherò un articolo ad alta tensione riguardo un nuovo “sport estremo”: la stress interview). La finalità è dunque solo quella di verificare la modalità di ragionamento del candidato, testarne i valori e la determinazione, le capacità logiche e le tecniche di ragionamento. Inoltre, questa procedura è un modo per attuare un confronto tra le risposte degli altri candidati e valutarne la migliore. La cosa importante da tenere a mente è che queste domande, pur essendo una piccola parte di tutto il processo riguardante il colloquio di lavoro, possono rivelarsi utili a stimolare un vostro lato creativo che non sapevate di avere. Se questo articolo vi creato un po’ di tensione, pensate al colloquio di lavoro come se fosse un quiz a premi. E pensatevi come concorrenti particolarmente fortunati perché, oltre a conoscere le domande in anticipo, avete sempre a disposizione i tre famosi aiuti. Qui, però, piuttosto che “aiuto del pubblico”, “telefonata a casa” e “50:50”, ci sono la preparazione, la motivazione e un pizzico di fortuna che non guasta mai. Il premio del “Chi vuol essere assunto”, tuttavia, vale più del famoso milione, esso è un solido mattoncino per iniziare a costruire le basi del proprio futuro e per iniziare a farsi strada nel mondo del lavoro.”

Giovanna Landi

Contrassegnato da tag , , , , , , ,

Professione pr. Ce ne parla Gianna Paciello founder e vice president di Aida Partners Ogilvy Pr

PC Lunedì sono rimasta molto colpita dall’appassionato appello che Gianna Paciello, founder e vice president di  Aida Partners Ogilvy Pr ha scritto a Youmark, che infatti non a caso ha suscitato un vivo dibattito.adv-vs-pr

“Dove abbiamo sbagliato?’ è il titolo della lettera che ha inviato alla redazione, in cui si chiede come mai le pr siano percepite come una categoria poco qualificata, poco professionale, improvvisata e salottiera, salvo qualche rara eccezione“e attribuisce la principale colpa proprio a chi fa pr ma non ha saputo qualificare la propria professione agli occhi del mercato in questi anni (vi ricordate l’adagio milanese Ofelè va strascià del sò mestè?).

Gianna Paciello prosegue sottolineando che persino le nuove leve che vengono assunte in agenzia a volte hanno la stessa percezione. “Colpa delle scuole che sfornano migliaia di futuri comunicatori all’anno?” si chiede Paciello, “No, è ancora e sempre colpa nostra, perché in quelle scuole insegniamo anche noi.”

Mi è sembrata la persona più giusta a cui chiedere quali caratteristiche deve avere un giovane talento per fare con entusiasmo e competenza un lavoro che può e deve avere un ruolo strategico nella comunicazione contemporanea. Ecco cosa mi ha risposto.

Gianna Paciello: “Sembrerà strano ma quando scelgo una persona, a seguito di un colloquio, quello che colpisce di più la mia attenzione non sono tanto i titoli di studio e i corsi frequentati quanto la passione, la curiosità, la sensibilità e la determinazione.

Ho visto negli anni fallire miseramente persone con una cultura elevatissima, solo perché non avevano il carattere giusto per fare questo lavoro. E ho visto invece crescere persone dotate di una grande sensibilità e forza di volontà che hanno sopperito ad una mancanza di cultura di base con lo studio, l’aggiornamento e la costanza.

Chi fa il comunicatore deve amare guardarsi intorno, interpretare i segnali, avere delle visioni. Deve amare leggere, scrivere, confrontarsi, mettersi nei panni degli altri. Questo ritengo sia un punto fondamentale. Il sapersi mettere nei panni degli altri, che non è altro che l’ essere sensibili, ti permette di ascoltare il cliente, comprenderne i bisogni, adeguarsi al suo modo di relazionarsi con la sua azienda, indirizzarlo verso il cambiamento o il potenziamento delle sue attitudini. Avere una laurea e non avere questa predisposizione, non basta a fare di te un buon comunicatore.

Quindi la formazione è secondaria. Che sia una laurea in cultura umanistica o meno, valgono la voglia di imparare sempre cose nuove, di leggere intorno a sé cosa sta accadendo e perché.

A chi vuole iniziare questo mestiere consiglio di rimboccarsi le maniche e darsi da fare, senza orgoglio e arroganza. Se si impara dal basso, si potrà insegnare. Questo è un lavoro fatto anche di grande operatività e non solo di strategia. Conoscerne tutti gli aspetti aiuta poi tantissimo nella gestione delle risorse che prima o poi dipenderanno da noi.”

Quali aggiornamenti deve prevedere un giovane che inizi oggi questa carriera?

Per quanto riguarda gli aggiornamenti, dipende molto dalla propria specializzazione. Chi si occupa di digital è costretto ad aggiornarsi quotidianamente perché quello che oggi è nuovo, domani è obsoleto. Chi si occupa di media relation deve conoscere un panorama di media che è in costante evoluzione e quindi dovrà aggiornarsi frequentissimamente, parlando con i giornalisti, comprendendone le necessità e le evoluzioni.”

La tecnologia a volte non aiuta questo lavoro. Non si puo’ rendere impersonale un lavoro che è fatto di relazioni. Quindi il suggerimento più forte che posso dare è : usate la tecnologia ma non fate mai sì che questa sostituisca il rapporto umano.

Cosa valuti durante il colloquio d’assunzione in un giovane?

Cosa apprezzo di più in un colloquio? Sicuramente la passione che l’intervistato riesce a trasmettermi. Passione per questo lavoro ma anche per la vita. Altrimenti questo non è il lavoro giusto.”

Ci auguriamo che queste appassionate parole consentano a molti giovani di capire meglio se le pr sono la professione giusta per loro e ringraziamo Gianna per il tempo che ci ha così gentilmente dedicato.

(Prometto che a giorni pubblicheremo anche l’approfondimento sulla professione strategic planner, come preannunciato. Stay tuned).

Contrassegnato da tag , , , , , ,

“Nutriti di curiosità, alleva il tuo talento e aggiorna la tecnica”. Intervista a Alessandro Modestino Fondatore e CEO Meloria Comunicazione.

PC  “Durante la lunghissima battaglia, i genovesi muniti di armature più ridotte e leggere ne furono chiaramente avvantaggiati…” con questa frase si riassume il perché di un nome,

Alessandro Modestino Fondatore di Meloria Comunicazione

Alessandro Modestino Fondatore di Meloria Comunicazione

Meloria, che potrebbe risultare criptico per chi non è nato a Genova . Un nome che esprime invece molto bene la filosofia di un’agenzia che fa della sua agilità e flessibilità un punto di forza rispetto a realtà più strutturate (anche se conoscendo i tagli di personale che tutte le grandi agenzie stanno realizzando mi chiedo se ha ancora senso questa contrapposizione).

Quello che più convince del suo fondatore, Alessandro Modestino, è l’enorme passione che riversa nel lavoro. Non è difficile comprendere come questa passione avesse bisogno di trovare uno sbocco imprenditoriale, dopo la necessaria esperienza in un’agenzia storica, come Leo Burnett.

Dopo due ore passate con Alessandro mi rendo conto che per la prima volta, da molti mesi, ho incontrato un professionista del settore che non si lamenta e non parla di crisi: che ventata d’aria fresca! Con l’augurio che il periodo d’oro che vive l’agenzia continui a lungo (il sovraffollamento delle due sedi di Genova e Milano è una conseguenza sicuramente accettabile!) e ci sia spazio per l’inserimento di nuovi talenti,  abbiamo quindi chiesto ad Alessandro di dirci quali caratteristiche deve avere un giovane per entrare in Meloria.

Alessandro Modestino: Dev’essere creativo e curioso. Il nostro settore corre veloce e chi non è curioso resta indietro. Il lavoro si può imparare ma l’attitudine spesso è innata. Per come abbiamo concepito l’agenzia, una giovane famiglia dove esprimere il proprio talento, saper lavorare in gruppo è fondamentale: ogni cliente può catalizzare cinque o sei risorse diverse ma il risultato finale deve essere omogeneo e definito. Per fare questo ci vuole molto coordinamento e grande apertura mentale.

C’è una persona che hai assunto che ti è rimasta impressa perché rappresenta le qualità che deve avere un candidato?

Due anni fa è entrato in Meloria un ragazzo che veniva da tutt’altra esperienza. Ma aveva un’incredibile passione per questo lavoro. Non era più giovanissimo ma decisi di dargli fiducia su un progetto abbastanza semplice in termini di brief. Non mi convinse. Quando condivisi con il resto del team la decisione di non confermarlo ricevetti una skype call con tutti i suoi colleghi schierati che mi chiedevano di dargli un’altra opportunità. Oggi è una colonna portante della nostra agenzia. Non ha mai smesso di crescere ed è stato il primo “man of the year” Meloria.

Un consiglio su come affrontare un colloquio di lavoro?

Essere se stessi perché il colloquio di lavoro non è solo un’occasione per il candidato per farsi conoscere ma anche per scegliere l’azienda e il clima che fa per lui e dove poter esprimersi al meglio. In questo senso essere proattivi, studiare l’azienda e dare il proprio punto di vista sui lavori fatti… andate a fare il colloquio per fare il colloquio all’azienda.

In quale settore del marketing ci sono maggiori prospettive di sviluppo per i giovani al momento?

Sarebbe banale dire tutto ciò che è social e digital. Ma quello che conta e che davvero sta cambiando è l’atteggiamento “digital”: trasversalità, multicanalità, la capacità di mettersi in discussione e cambiare per comprendere al meglio il target. Ascoltare.

Quale consiglio potresti dare a un giovane che voglia entrare nel mondo del marketing e della comunicazione?

Se sei preparato al peggio non è poi un lavoro così brutto. Scherzi a parte ci vuole più preparazione di quello che sembra. Nutriti di curiosità, alleva il tuo talento e aggiorna la tecnica.

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , ,

Quale canzone descrive meglio la tua etica nel lavoro?

PC Per quanto strana possa sembrare questa domanda, viene davvero posta durante i colloqui di lavoro per entrare in Dell, la nota azienda di computer. Il consiglio del sito glassdoor.com, che ha raccolto le domande più bizzarre poste dai selezionatori durante i colloqui, è di prendere tempo per formulare una risposta creativa e possibilmente intelligente. O ancora meglio prepararsi in anticipo.9eef163dae0162918c1bd59c11d0ae46

Patrizia e io abbiamo voluto essere pronte a questa evenienza e abbiamo provato a pensare a cosa risponderemmo.

Nella rubrica di D’Orrico su Sette, che un paio di settimane fa commentava la notizia, ho trovato due suggerimenti altrettanto interessanti (molto Baby boomers, quindi i giovani Millenials sono pregati di non copiare e formulare una risposta più originale e contemporanea).

La prima canzone è My Way di Frank Sinatra, che rivendica “di avere amato, riso, pianto e vissuto sempre alla mia maniera”, un modo di vivere che D’Orrico definisce la migliore etica che si possa seguire. Chissà se la risposta piacerebbe a un selezionatore o non darebbe l’impressione di non essere disposti ad adattarsi a nuove regole e a nuovi contesti.

La seconda si adatta di più a una persona che, come me, ha fatto scelte diverse nel corso di un lungo percorso lavorativo (nel mio caso la più trasgressiva è stata sicuramente quella di fare principalmente la mamma per tre anni, quando non era affatto di moda e nessuno parlava di Home working): è Non, je ne regrette rien di Edith Piaf (No, non rimpiango niente). Anche se D’Orrico dubita che possa piacere a un manager americano, ho deciso che sarebbe questa la mia risposta. Le decisioni che ho preso durante la mia carriera sono sempre state, infatti, guidate dal desiderio di essere fedele alla mia etica personale. Sono state tutte prese in buona fede e con entusiasmo, senza scendere a compromessi, e quindi non mi pento di nessuna di esse.

Patrizia invece ha scelto Ti lascio una canzone di Gino Paoli. Mi spiega che è perché “e’ bella e malinconica, ma rappresenta fasi della vita (carriera) che si susseguono, passate certo, ma solo dopo avere lasciato la loro traccia positiva, di esperienza e competenza, necessaria per i nuovi passi. Impossibile salire una scala se non si abbandona un gradino per salirne un altro.

Tutto deve svolgersi, maturare e finire, per dare nuovi stimoli e nuovi frutti inediti. Io nella storia sono quella che se ne va con la canzone, che prosegue la sua strada. Credo che da ogni lavoro mi sono portata via una canzone che ho usato e cantato quando ho avuto fame.

Il mio anno parigino, quando ero studente, ancora canta per me. E così l’esperienza del teatro, che ha segnato il mio amore per il palcoscenico (e il fashion show). I reggiseni di Chantelle sono ancora oggi il prodotto che conosco meglio tecnicamente, in Dolce&Gabbana ho imparato la moda, in Armani i mercati esteri, in Tacchini la gestione delle licenze e il mondo delle sponsorizzazioni sportive. Le canzoni che ho imparato mi sono servite sempre a fare nuove canzoni per andare oltre. Anche questo blog è una nuova canzone, che sarebbe stata impossibile senza le altre!”

La canzone di Patrizia è piena di note che vengono dall’esperienza di tanti anni di lavoro.

Più adatta a un giovane che vuole apparire dinamico e focalizzato sull’obiettivo è sicuramente quella suggerita in un articolo di Grazia: Born tu run di Bruce Springsteen. Intelligente la scelta  di una giovane communication manager intervistata da Glassroom, che spiega che la sua canzone è Under Pression dei Queen, perchè lavora molto bene sotto pressione.

In un articolo di Business Week  un esperto del settore suggerisce comunque di usare sempre molta ironia nella risposta. Se per esempio la propria scelta è Harder, Better, Faster, Stronger (canzone che sinceramente non conoscevo), è ovvio che si vuole sottolinare  forza di volontà e  perfezionismo, ma quello che vuole davvero scoprire chi pone questa domanda è se siete creativi e amate mettervi in gioco, per cui conterà molto il tono divertito e autoironico con cui spiegate qual è la vostra canzone.

E voi? Avete già preparato la risposta: qual è la canzone che meglio esprime la vostra etica sul lavoro?

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Profilo Linkedin: ecco cosa pensa un cacciatore di teste

PB  Ho recentemente incontrato un Head Hunter con cui avevo avuto a che fare diversi anni fa. Allora ero giovane, bionda (?!) e all’inizio della mia carriera.

Monica Boselli (questo il nome della “cacciatrice di teste”) mi aveva portato da un’Azienda di Lingerie a una Maison di Moda.

Come quando si parla di primo amore e di esperienze indimenticabili  (entravo grazie a lei nel luminoso mondo del fashion show) avevo conservato un ricordo affettuoso di MB Research (che nel frattempo ha cambiato il suo indirizzo ma non il suo stile elegante e riservato).

In coda alla nostra chiacchierata, le ho chiesto, per Trampolinodilancio, un parere da professionista a proposito della redazione del profilo di Linkedin.

Mi ha dato un paio di dritte molto preziose che vorrei girarvi.

  • L’obiettivo del profilo è di ottenere un colloquio.
  • Per ottenere un colloquio bisogna entrare nelle selezioni dei ricercatori (che siano Società dedicate alla ricerca del personale o l’Ufficio Risorse Umane di un’Azienda)
  • Per entrare nelle selezioni ed essere inseriti nella rosa dei candidati, bisogna inserire le parole chiave con cui supponiamo un ricercatore conduca la sua indagine (per esempio Marketing Apparel o Media Planner o Shoes Designer)

Insomma l’esperto ci dice che, sul profilo di Linkedin, è meglio scrivere “MODA” che fare un profilo di moda e scrivere “CREATIVO” piuttosto che essere creativi

Dobbiamo farci rintracciare facilmente in quello straordinario ma infinito database che è Linkedin.

Un profilo troppo lungo, troppo complesso, rischia di non essere letto: cerchiamo di essere facili e semplici per chi ci deve cercare (una giornata su Linkedin può essere di una noia mortale: rendiamo la vita facile a chi ci deve trovare e seminiamo espliciti indizi per la sua indagine).

Poi siamo unici, speciali e irrinunciabili durante il colloquio: è lì infatti che si faranno i giochi e dove dovrà emergere carattere, professionalità, competenza, creatività.

Grazie a Monica Boselli per i suoi consigli (uno di questi giorni vado nel mio profilo e faccio un paio di modifiche)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , ,
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: