Archivi categoria: Come fare carriera

Boomers contro Millennials: non ci sto

PB ieri mi chiama Paola (amica del cuore e co blogger) e mi fredda: i nostri consigli sono inutili, fuor tempo, una sequenza di bugie. Vale la pena tenere in vita TRAMPOLINO?

Aveva appena letto su Io donna l’articolo scritto da Ilaria Bellantoni sul libro di Beniamino Pagliaro Boomers contro Millennials.

I ragazzi di 30 anni, incappati nella crisi del 2007, vittime di contratti precari, azzoppati dalla pandemia, troppo poveri per accendere un mutuo, troppo colti e troppo poco occupati, sono vittime delle bugie impartite loro dai genitori o mentori ultraottimisti che li hanno spinti a studiare, impegnarsi, laurearsi, imparare le lingue, fare un’esperienza all’estero, come se tutta questa fatica fosse premessa e garanzia di una vita professionale felice.

Vita felice che poi non è arrivata. Sostituita da contratti miserabili, lavori sottopagati, affitti stellari, aspettative deluse.

Certo, il vento in poppa del dopoguerra, il boom degli anni ’60, la leggerezza degli anni ‘80 codesti disgraziati non li hanno goduti. Ma possiamo condannare il maestro che ti fa prendere la patente solo perché forse non potrai permetterti un’automobile?

Vero che sono condannati ai sandwich con l’avocado e all’apericena. Ma i boomers sono stati vittime di gamberetti in salsa rosa e scorpacciate di rucola. Tutti i panini al bar sapevano di piastra ed era vietato consumare la schiscetta in ufficio.

Vero che i ragazzi condividono appartamenti con gli amici perché non possono permettersi 50 metri quadri in affitto a Milano. Ma i loro genitori sono passati dalla convivenza con la mamma a quella con il coniuge, quasi sempre senza passare dal godimento free style di un frigo compartecipato con coetanei inquieti e vibranti come loro.

I neo adulti sono più poveri dei loro genitori (l’ascensore sociale si è fermato) ma godono della loro seconda casa e la prima un giorno la erediteranno.

Mi rileggo alcuni dei consigli che questo blog ha impartito nel corso degli anni a oltre 400.000 visitatori. Sarò cocciuta ma molti li ritengo ancora validi.

Sarebbero più felici e occupati questi trentenni se non avessero studiato? Se non sapessero l’inglese? Se non sapessero scrivere un meeting report o se non sapessero affrontare un colloquio di lavoro? Se non sapessero impostare una e mail professionale o postassero sul loro account IG l’ultima sbornia taggando il direttore del personale?

O natura, o natura, / perché non rendi poi / quel che prometti allor? perché di tanto / inganni i figli tuoi?» scriveva Giacomo Leopardi a trent’anni. Al tempo si trattava di Natura contro Millennials. Ma sempre di illusioni perdute si trattava.

In ogni modo avranno la loro chance i Gen Z, nutriti a Pangasio (aimè, roba da rimpianger la polpa di granchio) alla mensa delle elementari, eruditi a distanza durante la pandemia, con fratelli maggiori tanto scornati da avere depresso anche i genitori boomers (Pagliaro, perché hai fatto questo a Paola?)

Trampolino è qui anche per loro. Con consigli che vanno al di là delle generazioni. La patente serve anche se usi il car sharing e non hai l’auto aziendale.

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Carriera: come gestire alti e bassi senza buttarsi giù

Al Poldi Pezzoli (la mia casa museo preferita a Milano) al lunedì in pausa pranzo si parla di arte.

Questa settimana era la volta di Botticelli.

Al di là dei dettagli sui dipinti (il Botticelli lo abbiamo studiato al liceo, visto a Firenze, masticato in vacanza, ripassato con i nostri figli per l’interrogazione di storia dell’arte) mi ha molto incuriosita la storia della sua committenza: papi e corte Medicea nel suo periodo di gloria (tempi in cui ha dipinto la Primavera o la Venere tanto per capirci) con lapislazzuli e foglia d’oro on top al suo cachet.

Poi sono arrivati i giovani: Raffaello, Michelangelo, Leonardo.

Il Botticelli mi è passato di moda, ha vissuto un periodo di cupezza, il lapislazzulo non se lo poteva più permettere. I suoi committenti sono diventati ricchi artigiani come il miniatore Donato Cioni, altro che Lorenzo il Magnifico.

Come passare da Gucci al private label di Coin.

Via macchina aziendale e stock option. Down sizing dal golf club alla piscina comunale. Dal ristorante gourmet al ticket restaurant.

Botticelli è passato dalla pagana eleganza della Venere che sorge dalle acque alla fase piagnona del Savonarola.

Cupo deve esserlo stato davvero (non solo nei colori dei dipinti). Con il frate che gli ricordava la morte ad ogni piè sospinto e le nuove generazioni di pittori a prendere gli applausi.

Poi però (ci è voluto qualche secolo) sono arrivati i preraffaelliti nell’800 a farne una icona di stile. E poi anche Andy Warhol,

Lady Gaga e La Chapelle a fare di lui un mito contemporaneo.

Ergo, in ogni carriera ci sono momenti di gloria e trionfo. Che possono essere seguiti da periodi più cupi e grigi (mica si può essere sempre nell’air du temp). Ma poi le mode tornano e il valore, come l’araba fenice, risorge dalle sue ceneri.

Se è successo a Botticelli e a Gianni Morandi, a Steve Jobs e agli anni ’80 non è il caso di scoraggiarsi.

Talento e pazienza pagano. Per fare carriera ci vogliono tutti e due.

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Cosa non fare se vuoi lavorare nella Moda

PB Non si tratta di imparare a camminare sui tacchi (in ogni caso bisogna saperlo fare), ma è necessario sapere che ci sono cose che sembrano normali altrove, ma nella moda sono proibite.

Se vieni da una multinazionale e sei abituato , con il tuo ruolo, a comunicare con la stampa o sui social (come Product manager o come Direttore operativo o come Avvocato) getta via la rubrica e cambia numero di telefono: da ora in avanti il tuo ruolo si svolgerà sotto copertura. Gli addetti ai lavori conosceranno il tuo valore, ti capiterà di fare il Ghostwriter ma la tua visibilità esterna sarà annullata.

Ricordo un Direttore Operativo che fece una foto nel flagship store della griffe a cui era appena approdato. Lo sventurato veniva forse dalla consulenza. Uscì un piccolo articolo su una rivista specializzata (non la copertina di Vogue): quella paginetta provocò un terremoto interno inenarrabile e diede il via a una serie di regolamentazioni di impegno alla segretezza per i dipendenti, che neanche ai servizi segreti.

Altro terreno scivoloso è il sesso. E’ pericoloso dappertutto, ma nella moda di più. Ti può portare a vette elevatissime in un nanosecondo (passi dal circolo delle bocce a un palco della Scala senza neanche avere il tempo di cambiarti), ma la caduta da lassù può essere piuttosto dolorosa. Ne conosco pochi che hanno fatto tutta la stagione all’Opera e i colleghi che pagano il biglietto per il teatro sono di solito poco simpatici con quelli che cadono dalla magnolia. Però se ti piace il toboga (molto su, molto giù) e riesci a essere riservato può essere divertente.

Vestirsi con un marchio diverso da quello d’ordinanza. Non solo davanti ai clienti (il che è normale, ti danno anche la divisa per garantirti corporate) , ma anche alla sera con gli amici se poi posti tutto su Instagram e magari lavori in ufficio stampa. I neo assunti che non hanno ancora fatto la clothing (rito pagano di immersione nel brand) meglio si vestano da Uniqlo (basic, nero, unbranded) fino a quando non avranno rinnovato il guardaroba.

Andare al matrimonio della Ferragni se il tuo capo ha litigato con la Ferragni. La regola vale anche per le feste di compleanno/party/anniversari e per tutti quelli con cui il tuo capo ha litigato. I suoi nemici (se sono social) sono anche i tuoi nemici.

Essere alla macchinetta del caffè proprio mentre lo stilista/imprenditore entra in ufficio. Poi, puoi inventare anche la ruota, ma Lui penserà per sempre che sei un cazzeggiatore.

Devi arrivare presto, amare il cibo e il calcio se lavori in Dolce&Gabbana, devi amare il vino e la compagnia se lavori da Diesel, devi parlare il dialetto veneto se lavori da Geox, devi avere sangue verde se lavori da Benetton, non devi avere fame e devi amare il basket se lavori da Armani.

Ma tutti i trucchi e le mille regole non scritte si imparano sul campo di battaglia. In generale stare schisci (si capisce cosa vuol dire, anche se non siete di Milano?) paga. La luce è solo per il sole (che normalmente è il nome sull’etichetta dell’abito che state indossando) . Ma l’ombra può essere molto appagante se è operosa e abitata da colleghi talentuosi e divertenti .

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A pranzo con Alfredo Mattiroli

Reduce da due giorni a Pitti, da due pranzi in sala stampa e da due incontri che mi hanno fatto venire voglia di un post, eccomi con la penna in mano.

Alfredo Mattiroli presenta il suo libro a Pitti il 12 gennaio 2022

Premetto che dopo mesi in cui è socialmente accettabile mangiare solo con i congiunti, viaggiare solo con i congiunti, sedersi accanto solo ai congiunti, la fuga con uno sconosciuto (anche un brutto ceffo intendo, un disgraziato) mi pare un rischio da correre. Magari muoio di qualche cosa, ma non di noia.

Al netto della mia vertigine da astinenza sociale, io e Marilena (collega incantevole che ho scoperto velista e non solo) ci siamo trovate a pranzare per caso di fianco a un signore ottantatreenne vispo come un ragazzino e interessante come un libro giallo.

Alfredo Mattiroli (è lui lo sconosciuto commensale, ma lo avremmo scoperto solo al dessert) è la prova vivente che la giovinezza non è una questione anagrafica. In verità lo avevo già intuito con Elio Fiorucci e Patti Smith. Con Mattiroli (terzo indizio) ora ho le prove.

Nessun rimpianto, nessuna atmosfera vintage nei suoi racconti, nei suoi aneddoti, ma solo continui spunti per il futuro, letture in prospettiva e sguardo capace di vedere opportunità.

Sono andata alla presentazione del suo libro “Cacciatore di sogni”, edito da Rubattino.

Poi ho dato il tormento a Marilena e Giulia (pazienti compagne di viaggio) finché non sono andate a prenotarlo su Amazon.

Ho distillato il suo intervento in pillole: conoscere le lingue, vedere i mercati direttamente, darsi il tempo di visitare i clienti e sentire i loro feed back in presa diretta. Essere internazionali e curiosi. Essere umili. Rifuggire i luoghi comuni (tipo “in quel quel mercato non vado perché i clienti non pagano”), avere un buon network per verificare le referenze di chi si propone con cariche altisonanti.

E ho aggiunto qualche cosa di mio che lui non ha elencato in presentazione, ma che ho capito dal pranzo e che credo sia parte della ricetta per essere un buon cacciatore di sogni: avere una moglie incantevole, suonare il pianoforte, giocare a golf, andare in vela, avere amici che ti stimano e che tu stimi, non cercare lo scandalo anche se hai le info per scatenarlo, avere un paio di figlie che hanno preso in mano il tuo lavoro e lo portano avanti come si deve, tacere quando è opportuno farlo, avere rispetto del prossimo.

Ad un certo punto ho pensato di essermi così ingarellata per reazione al troppo isolamento (voi lettori fedeli sapete che il blog nasce dalla cattività covid), entusiasta di chiunque non avesse il mio stesso cognome o non abitasse al mio civico.

Tranquilli, non si è trattato dell’entusiasmo dell’ergastolano appena evaso: il giorno dopo a pranzo siamo incappate in un tris di tre sciure di straordinaria antipatia, noiosi residui anni ’80 di privilegi demodé, talmente autoreferenziali da non scambiarsi neanche il buongiorno.

A chi interessa capire come l’Italia sia passata dai sarti all’alta moda, passando per il pret a porter , consiglio di dare un’occhiata al libro. E a tutti auguro gioiosi pranzi con sconosciuti.

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Buoni propositi

PB

Buoni propositi
  • Salire a piedi. Sempre.
  • Cucinare cibi nuovi, più gustosi, meno carne.
  • Pilates almeno due volte alla settimana. E sabato piscina, ora che ha riaperto.
  • Leggere il Vecchio Testamento. E Proust. E i libri consigliati dai figli delle amiche.
  • Leggere in lingua originale (non il Vecchio Testamento)

Si torna dalle vacanze pieni di buoni propositi. Io ne potrei riempire due pagine (alcuni riguardano Sarajevo, altri Diocleziano, passando dal non essere pigra, fare lo spid, andare a Teatro, imparare a farmi la piega). Dicono sui Magazine che al 15 settembre li avremo già tutti dimenticati, i buoni propositi dell’estate.

Ma uno riguarda il lavoro. Di questo si parla in questo blog, vero? E voglio vedere se resiste all’autunno.

Cavoli settembre è proprio il nostro capodanno, come a scuola.

Io ho deciso di approfondire, buttarmi a pesce, diventare pure brava se possibile, in quello che fino ad ora ho evitato come il morbillo.

Ho passato gli ultimi 15 mesi a dribblare quello che non mi piaceva. Come quando non si studia matematica perché la prof è una carogna e non spiega bene e ti mette in difficoltà su tutto.

Ogni scusa buona per bigiare, glissare, passare inosservata, per sopravvivere fino al suono della campanella.

Un sacco di energie a evitare il peggio, a sfuggire il pericolo vettori, l’angoscia dei prodotti notevoli, la trappola delle equazioni di secondo grado.

Avessi messo le stesse energie a fare matematica anziché a cercare di evitarla, oggi sarei Archimede anziché il mago Silvan.

Ognuno di noi ha la sua matematica al lavoro.

Io quest’anno mi ci butto in questa acqua tempestosa. Ci dedicherò più energia, più studio, più tempo. Quando avrò voglia di scappare, cercherò la prima linea. Che per i timidi non è cosa semplice.

Ma se la preparazione è la metà del successo, metterò il lato secchione dove ho poco talento. Per poi magari scoprire che la matematica non è così male. Ha funzionato con lo sci (peso a valle per non cadere, quando l’istinto ti faceva aggrappare a monte). Ha funzionato con i contratti di licenza (l’ Avvocato Sartori sa di che parlo: alla fine era quasi divertente negoziare con lei al fianco con fantasiosissimi e levantini licenziatari). Al liceo dal terzo anno ha funzionato con la matematica, perché non dovrebbe andare bene anche al lavoro questa volta?

Noiosi contratti commerciali, microscopiche condizioni generali di vendita, infinite conferme d’ordine, agognate lettere di credito, severi pagamenti anticipati, gesuitiche certificazioni doganali: à nous deux maintenant! (beh si, Balzac è sempre meglio della matematica…)

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Lavoro: specialisti o generalisti? Nello scenario liquido differenziamo il rischio

PB Non so se avete notato che molte cose che erano opportune 5 settimane fa sono diventate disdicevoli.Kipling If (Doubleday 1910).jpg

Prendere i mezzi pubblici e usare il car sharing, da atto di moderna eco sostenibilità è diventata un’azione suicida.

Sorridere e stringersi la mano, roba da untori (oggi sorridono solo i sociopatici senza mascherina)

Viaggiare, incontrarsi, accalcarsi a un concerto erano ben meglio delle succedanee dirette su Instagram o degli aperitivi via zoom.

L’Atalanta da fenomeno esaltante è diventata la causa dei contagi nel bergamasco.

Gli autisti dei tir si sono trasformati da killer dell’asfalto a staffette per la salvezza alimentare.

Se fai jogging al mattino presto sei un irresponsabile: stare tappato in casa è più salubre di una bella passeggiata.

Medici e infermieri sono più popolari di calciatori e cantanti. Il virologo ha soppiantato la criminologa.

Al di là delle considerazioni sulla volatilità di gloria e sconfitta (qui i poeti ci vengono in aiuto: If you can meet with Triumph and Disaster
And treat those two impostors just the same
scriveva Kipling ) ,come possiamo programmare la nostra carriera, in uno scenario che può essere molto variabile e spesso imprevedibile?

Cosa devo studiare? Su cosa devo specializzarmi? Se gioco tutte le mie carte sulla comunicazione e gli editori della carta stampata sono in crisi? Se punto tutto sulle olimpiadi di Tokio e poi le rimandano? Se sistemo un agriturismo e poi dicono a tutti di restare a casa?

Nessun piano ha la garanzia di non essere cambiato (Certo Bill Gates aveva registrato un TED nel 2015 che oggi fa impressione, come Laocoonte aveva detto di non far entrare il cavallo a Troia, ma appunto, ciò dimostra che da sempre l’inatteso può cambiare i nostri piani, al netto dei profeti), ma allora che fare della nostra vita lavorativa? Come costruire la nostra carriera? Come avere un po’ di serenità guardando al futuro e non perdersi nell’angoscia della incertezza?

La mia esperienza di recrutata e recrutatrice (brutto neologismo. Insomma di una che è stata selezionata qualche volta dalle aziende e che ha selezionato parecchi collaboratori per le aziende medesime) mi suggerisce che una specializzazione in cui essere particolarmente bravi è vincente (una brava sarta, una modellista finita, un PR dall’agenda con i fiocchi, un analista che annusa dalle pieghe dei numeri il trend dei consumi, un cuoco colto e dai sensi raffinati sono risorse preziose per chi assume).

Quindi se iniziate un percorso (possibilmente nel campo in cui avete talento e che non sia troppo inflazionato) approfondite, diventate i più bravi dell’ufficio, dell’azienda, della regione, del mondo. Il miglior merchandiser, il più bravo a fare i casting, la migliore a piazzare i consumi, a ricamare le cifre, a scrivere un comunicato stampa, a raccontare una collezione, a vendere ai russi.

Ma se chiudono le produzioni, chiudono i negozi, chiudono le frontiere, chiudono le sartorie e lo scenario cambia repentinamente e quello in cui siamo diventati bravissimi pare, pro tempore per lo meno, inutile? La mono specializzazione sembra diventare un limite.

Dunque, che fare? Non essere pigri di alimentare, anche a basso voltaggio, una seconda passione o attività, che in caso di pandemia/meteoriti/terremoti/fallimenti, potrà diventare temporaneamente l’attività principale, e poi, chissà, una risorsa per il futuro.

Suonate uno strumento? La band degli amici non va abbandonata neanche all’apice della carriera.

Adorate scrivere? Un post ogni due mesi per il blog fondato con la vostra amica del cuore, è un imperativo categorico anche durante il lancio delle collezioni

Vi piace cucinare? Non stancatevi di farlo per i vostri amici e per voi stessi in serate speciali in cui sperimentare e annotare ricette inedite, curiosando le vostre tradizioni e l’opera dei grandi cuochi.

Avete il pollice verde? Trasformate il terrazzo in giardino babilonese e intrattenete una relazione avvincente con il vivaista

Amate il francese? Rileggete Camus in lingua originale e frequentate il Centre Culturel Francais.

Non sto parlando di chi si è scocciato del traffico e fa lo skipper nelle Antille francesi o sogna un chiringuito in riva al mare. Per la fuga dalla civiltà siamo sempre in tempo.

Parlo della curiosità che ti consente di avere attenzione speciale anche per gli impegni minori.

Oggi ho un’amica, Silvie, che ha riesumato una abilitazione all’insegnamento della danza che giaceva in fondo a un cassetto da millenni, la campionessa di pallanuoto Giulia Viacava ha rispolverato la sua laurea in scienze infermieristiche e gode di maggior popolarità oggi in corsia che l’anno scorso in piscina. Un mio vicino di casa con il pollice verde sistema il giardino condominiale, il prof del Conservatorio appassionato di tecnologia ha messo in grado tutti i colleghi analogici di fare lezione on line agli allievi connessi da casa, Lorenza, manager della moda ha aperto un salone favoloso di toilette per cani a Stresa, un direttore generale introverso e intelligente fa il trader dalla taverna, il mio prof dell’università fa il regista teatrale e l’attore in TV.

Tutti avevano una passione (l’opera, la danza, la fotografia, gli animali, la cucina, le statistiche) che hanno coltivato e perfezionato nel corso degli anni, a volte certo trascurato, ma tenuto in vita nonostante tutto. Magari sarebbe rimasta lì come un nutrimento dell’anima, come una sfaccettatura della personalità. Ma a volte i terremoti – oltre ai molti danni –  fanno emergere le vene d’oro.

Quindi proprio come chi faccia investimenti in borsa, mentre puntate molto su una lucrativa operazione, non metteteci il 100% delle vostre risorse ma conservate una piccola scorta di energia e differenziate il rischio su titoli diversi. Nel caso l’operazione A non andasse come ci siamo immaginati, avremo sottomano il piano B, che non si improvvisa e non si pianifica: ce lo troviamo tra le mani grazie alla curiosità, alla passione, al tempo e alla costanza che gli avremo dedicato.

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Piccoli comunicatori crescono

PC In questo periodo in cui molto spesso i giovani passano da una formazione universitaria prevalentemente teorica a una serie eterogenea di stage mal pagati, nel corso Creative Lab di Iulm- di cui è titolare Marco Lombardi – cerchiamo di aiutare  i nostri studenti a capire se hanno la passione e le skills necessarie per lavorare nella comunicazione, facendoli lavorare su un progetto reale.

Quest’anno nel mio laboratorio abbiamo avuto un cliente vero (Sky), un brief reale (grazie a Massimo Manenti di Sky per il supporto), dei creativi in carne e ossa a dare utili consigli e incoraggiamento (grazie a Manuel, Rossana e Elisa di Integer!) e moltissimo impegno da parte degli studenti. Tanto che il più grande complimento che mi è stato fatto dai ragazzi  è che non avevano mai lavorato così tanto in tre anni di Università.

Il progetto si è concluso la scorsa settimana. I cinquanta studenti del laboratorio Sky si sono cimentati nella definizione di un piano di comunicazione, dedicato interamente ad un pubblico di millennials, con l’obiettivo di pensare ad un’evoluzione della campagna di Sky Q, l’ecosistema che permette la migliore esperienza di visione di Sky.

Delle otto proposte presentate all’azienda, la direzione marketing di Sky, che ha sponsorizzato il progetto, ha selezionato la proposta “Con Sky Q decidi tu” del team composto da Ana Maria Chisilita, Claudia Cavazzi, Gian-Luca Hvam Campana, Fabio Pinna, Mattia Mauro, Michele Triolo. Gli studenti sono stati premiati nella sede di Sky a Milano da Francesco Calosso, Chief Marketing Officer di Sky Italia.

Il percorso, durato sei mesi, si è articolato in varie fasi: dopo il brief di Sky, seguito dalla prova di Sky Q e dalla visita agli studi di Milano Rogoredo, gli studenti hanno svolto una ricerca sul campo tra i loro coetanei e sviluppato varie proposte nell’ambito pubblicità, eventi, digital e retail.

I millennials sono alla ricerca di esperienze immersive e desiderano il pieno controllo di una visione completa e interattiva. Per questo il team vincente, dopo aver effettuato un’analisi situazionale di percezione del brand Sky da parte del pubblico, ha proposto un piano di comunicazione che prevede uno spot con i protagonisti di “Gomorra”, serie tv che ha riscosso grande successo tra i millennial, e la creazione di eventi sul territorio con un talent di X Factor. Fondamentale il supporto digital con i social network per generare engagement, rafforzando il flusso di comunicazione tra Sky Q e l’audience, incrementando l’awareness del pubblico e creando viralità attraverso i contenuti editoriali.

Il capo gruppo del team vincitore, Michele Triolo, è già in stage in Integer, e lavora con me nel gruppo contact che segue Sky.

 

 

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CERCO UN ACCOUNT EXECUTIVE

PC In Integer, gruppo TBWA, ricerchiamo una figura di account executive. Verra inserita/o all’interno di un team che lavorerà su clienti nazionali e internazionali per attività di retail/trade marketing e campagne integrate. Si richiedono buone conoscenze delle logiche di comunicazione, atteggiamento propositivo, capacità di lavorare in team e almeno un anno di esperienza. Chi fosse interessato può mandarmi il curriculum (per come scrivere il curriculum e la lettera di accompagnamento consiglio di consulatare i post precedenti!).

“COSA CERCO IN UNO STRATEGIC PLANNER”. INTERVISTA A MICHAEL ARPINI, CHIEF STRATEGIC OFFICER TBWA\GROUP.

PC Ieri Michael Arpini ha fatto un intervento sulla Disruption durante una mia lezione al Master del Poli.design in Brand Communication. La platea era costituita da trenta potenziali futuri comunicatori, tra i quali negli scorsi anni il gruppo TBWA ha scelto stagisti per il reparto strategic planning, che Michael coordina.

Michael Arpini – Chief Strategic & Digital Officer TBWA Group

Ho quindi approfittato per chiedergli quali sono i criteri che utilizza quando seleziona un giovane planner. Sono emerse delle indicazioni valide in generale per capire se avete l’attitudine giusta per lavorare in un’agenzia di comunicazione.

Trampolinodilancio: “Quali caratteristiche deve avere un planner?”

Michael Arpini: “Si tratta più di un’attitudine che di preparazione tecnica: la preparazione si può imparare, mentre l’attitudine ha a che fare con tratti della personalità che sono difficili da plasmare anche a 23 anni.

Io cerco persone curiose, che come un bambino piccolo studiano, smontano e rimontano il loro giocattolo per capire come funziona.

Questa curiosità va applicata nel day by day. Dopo un po’ di tempo un planner vede insight ovunque. Come un antropologo del mondo moderno studia il modo con cui gli amici, i colleghi, i familiari si comportano. Va al supermercato e guarda cosa fanno le persone quando comprano il prodotto, usa i tool di social listening riuscendo a trarre da tanti dati un insight.

Un buon planner è una persona analitica che ha la capacità razionale di costruire dei percorsi.

Il ruolo dei planner sta cambiando, si apre il mondo della data strategy. Saranno sempre più fondamentali figure di data analysist che sappiano però anche trovare nei big data degli insight.

Un consiglio che posso dare è quello di fare cose anche lontane dal marketing classico: ricercare la varietà di stimoli, la diversità culturale, leggere tanti libri. Tra l’altro un planner dev’essere bravo a scrivere in modo da trasferire insight e copy brief al team creativo in modo ingaggiante e stimolante.

Infine, ricordatevi di non aver paura di sbagliare. Negli Stati Uniti viene addirittura premiato il fallimento, perché dimostra il coraggio di provare tante nuove strade.”

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Amore sulla scrivania: di come il flirt faccia volare il business e il sesso lo affondi

PB Hai presente quando arriva il collega nuovo (figo) al Controllo di Gestione e anche 10 modi per fare l’amore in ufficio senza farsi sgamarela Peppina delle PR (che di solito sfora il budget per principio) mette anche il centro di costo sulle fatture?

Quando in riunione fai il brillante e dici cose intelligentissime (ma come ti è venuta quella genialata?) per fare colpo sulla nuova area manager della Francia?

Quando il tuo capo ti dice che hai una spiccata intelligenza emotiva, ma lo dice con l’occhio birichino, come se l’intelligenza emotiva avesse il pizzo? E allora tu spari una strategia che neanche Finzi+Doxa+Pambianco esaminando big data e fattori socioeconomici avrebbero prodotto?

O quando la più carina della classe è anche un cervello fino e tu studi per fare bella figura all’interrogazione di latino? Chiudi YouTube sulle demo di Assassin’s creed e attacchi con Rosa, rosae?

Bene: qui si tratta di flirt produttivo. Si mescola la lusinga, il divertimento, la seduzione, la battuta sagace. Si sparge quel frizzantino in riunione che fa essere tutti un po’ brillanti e competitivi, ma altruisti (chi si innamorerebbe di uno stronzo che vuole fare carriera a tutti i costi o vuol farti le scarpe?), si pensa – alla domenica sera – come ci si vestirà lunedì, si portano i marron glacé in ufficio quando iniziano le prime nebbie, si saluta sorridendo entrando in ufficio.

Ci si mostra coraggiosi di fronte al pericolo (essendo che nessuno si innamorerebbe di un paraculo o di un vile e che – per dirla con Platone –  non esiste uomo tanto codardo che l’amore non renda coraggioso e trasformi in un eroe), galanti al proiettore (lei finge di non trovare la connessione, lui si inchina a infilare la presa della corrente: le slide partono in tempo, la riunione è un successo) , oratori brevi e efficaci (fino a quando, brontoloni, abuserete della nostra pazienza?).

Insomma, il flirt in Ufficio aumenta il tasso di eleganza, il sorriso, il margine operativo, il buon umore.

Codesto flirt, mai e poi mai si trasformerà in amore, se non a costi pesantissimi per la vostra carriera e per il bilancio aziendale.

Andare a letto con il vostro capo/collega/collaboratore vi metterà sulla bocca di tutti i colleghi. Da quel momento nessun successo sarà per merito vostro: se anche inventate la ruota ormai siete considerate delle shampiste. Quando il tipo si stancherà di voi, o voi di lui, andare in ufficio sarà una pena. Non potrete neanche buttarvi nella carriera per superare le pene d’amore, perché entrambe le pene saranno nello stesso luogo.

L’unica cosa peggiore di fare sesso in ufficio è innamorarsi e sposarsi. Il tutone che fa tanto tenero sul divano di casa, lo porterete in ufficio, trasformando l’eccitante arena di caccia (momento flirt: capello in piega, idee geniali) in un rilassato tinello (capello con la coda, pensiero alle vacanze).

Produttività in discesa, uscita alle diciottozerozero in tandem con il vostro amore per ottimizzare l’uso di un’unica auto. Il vostro capo vi odierà perché prima vi spiava sui tacchi e adesso vi vede con le Birkenstock andare a bere il caffè al piano di sotto, in amministrazione (bleah).

Anche se prima uscivate alle 17 per andare dal parrucchiere o a giocare a squash, oggi sembrerà a tutti che lavoriate meno. I colleghi vi odiano perché volete fare le vacanze con quel Gino (ma non era figo prima di sposarvi?) del Controllo di Gestione e non si riesce mai a turnare le ferie democraticamente.

Il lunedì sarà uno schifo andare in ufficio: si stava così bene a casa a pomiciare. Il vostro capo sarà costretto a trattenersi dal parlare male del Controllo di Gestione (o del Commerciale, o dei Sistemi Informativi, a seconda di chi avrete avuto la malaugurata idea di sposare) e voi sarete passata da stratega emotiva a spia bolscevica.

E questo finché l’amore dura. Perché quando poi quel figo del controllo di gestione si rivelerà da vicino come tutti gli esseri umani (un po’ Gino, hanno ragione i colleghi…), allora sarete una spia bolscevica con i Birkenstock e pure di cattivo umore, mentre tutti intorno a voi stanno filtrando allegramente e fanno una carriera spaziale.

Unica possibilità di fare carriera se in ufficio credete di avere trovato l’Amore Vero: Vi licenziate un nanosecondo dopo essere finiti tra le sue lenzuola. Trovate un altro lavoro brillante (dove filtrare allegramente con i vostri nuovi colleghi) e vivete per sempre felici e contenti.

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