Archivio mensile:gennaio 2013

Come scrivere una email di lavoro efficace

sasha-yawnPC Ho appena letto un invito ai politici in campagna elettorale a non utilizzare frasi fatte, ma sforzarsi di essere precisi e originali in quello che propongono, senza ricorrere alla scorciatoia del luogo comune. Il rischio è di essere poco incisivi e annoiare chi legge o ascolta.
Lo stesso invito si può estendere a chi scrive di marketing e comunicazione, con la necessità – spesso – di condensare in una email una proposta importante, indirizzata al proprio capo o a un cliente. E sicuramente vale per chi, attraverso una lettera d’accompagnamento, cerca di ottenere un colloquio o anche una tesi di laurea.
Ho trovato azzeccato il recente intervento di Bryan Garner che titola “Non anestetizzate i vostri colleghi con una brutta scrittura” e invita a usare nella comunicazione scritta la stessa verve che si impiegherebbe in una presentazione orale. Non a caso, i migliori comunicatori evitano le frasi fatte e usano parole forti e semplici (“Ich bin ein Berliner”, io sono un Berlinese, esprime memorabilmente, in quattro parole, il sentimento di empatia che gli Stati Uniti volevano comunicare alla Germania divisa.)
Garner fornisce alcuni trucchi per mantenere viva l’attenzione del lettore, quando si scrive una email, un report o un qualsiasi documento. Trovo alcuni di questi pertinenti e adattabili anche alla nostra lingua.
Innanzitutto usate i pronomi vostro, voi o al limite nostro, in modo da trascinare in quanto scrivete chi vi sta leggendo. È un’accortezza che ho sempre utilizzato ed esprime, come minimo, coinvolgimento nei confronti del cliente al quale scrivete.
Evitate i passivi: invece che scrivere Il documento in allegato è stato preparato dall’agenzia/da Giovanni, meglio dire L’agenzia/Giovanni ha preparato il documento. Questo vi aiuta a evitare frasi involute e complicate (un mio ex capo sosteneva che non si dovesse mai usare neanche il gerundio, per costringerci ad utilizzare frasi assertive e dirette, come in inglese. Sinceramente trovo questa pretesa, se assoluta, un po’ estrema, e difficile da mettere in pratica).
Variate la lunghezza e la struttura delle frasi. Una regola aurea per chi scrive romanzi o body copy, che vale anche nella scrittura business, se non volete essere noiosi.
Evitate gli acronimi, soprattutto se non siete sicuri che verranno compresi dall’interlocutore (questo è particolarmente vero se siete un consulente o un fornitore, mentre un cliente può permettersi di usare il gergo del proprio mercato e pretendere che il consulente si attrezzi velocemente per comprenderlo!). Ricordate che chi vi legge ha poco tempo, sicuramente perderà interesse di fronte a una sigla che non conosce.
A questi suggerimenti aggiungerei che le regole su come scrivere in una pagina web possono essere ormai applicate anche alla scrittura di una mail: infatti, a causa del sovraccarico di informazioni, il lettore è ormai abituato a scansionare velocemente la pagina per coglierne velocemente il contenuto, anche, e forse soprattutto, se si tratta di una mail. Per questo trovo ancora valide le regole di Jakob Nielsen, riportate sul sempre interessante Nuovo e utile di Annamaria Testa. Nielsen infatti ci ricorda che difficilmente i lettori leggono parola per parola, piuttosto scansionano il contenuto estrandone singole parole o frasi.
Ecco quindi alcuni utili suggerimenti per aiutare lettura :
• usare liste di punti
• inserire una sola idea per ciascun paragrafo
• usare la piramide invertita: cominciare dalle conclusioni
• usare la metà delle parole che usereste scrivendo normalmente
Se scansionando velocemente il post siete arrivati a questa conclusione, e avete qualche suggerimento utile su cosa fare e non fare quando si scrive una mail, aggiungetelo!

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La manutenzione: dai muscoli, passando per gli affetti, finendo nelle relazioni professionali

PB  Da qualche tempo in ufficio, abbiamo deciso che a pranzo si va in trattoria (il bar ci ha stufato) e soprattutto che ci si va a piedi. 20 minuti per andare. 20 minuti per tornare.

Esigenza partita dal desiderio di sgranchirsi le articolazioni stanche di troppa scrivania e di rientrare nella taglia di campionario dopo le intemperanze natalizie.

Gli effetti collaterali sono stati un approfondimento delle relazioni (40 minuti a piedi tutti i giorni ti fanno scoprire che la fidanzata dello stilista si occupa di food design, che la responsabile della comunicazione fa nordic walking, che il direttore amministrativo ha il sogno segreto di aprire un vivaio).

Così, tra ginnastica e conversazione, abbiamo fatto alcune riflessioni sul concetto di manutenzione.

Manutenzione degli oggetti (come lavare a mano il proprio pullover preferito o riparare in garage una Ducati Scrambler) o degli affetti (come avvisare se si arriva tardi, chiedere scusa se serve, fare una telefonata o un sorriso al di là dal superminimo a chi si ama).

Il principio è lo stesso per le proprie relazioni e le proprie competenze professionali

La manutenzione delle relazioni professionali

Non perdiamo di vista i professori che abbiamo stimato o i professionisti che ci hanno aiutato: teniamoli informati dei nostri progressi, teniamoci informati delle loro pubblicazioni e della loro carriera (per me il prof Bosisio dell’università, la Colavito di Manager Italia).

Teniamo d’occhio i colleghi o i collaboratori con i quali abbiamo costruito progetti, raggiunto risultati, che ci hanno insegnato un lavoro (per me la Marabini del commerciale di Armani, la Cicero dell’ufficio stile, la Carpaneto che è già comparsa sul Blog, l’infaticabile Simoni, la Robi Milan che mi ha iniziato alle pv…)

Sentiamo i capi che abbiamo stimato, che ci hanno stimato (per me la rossa  Ghisla in Chantelle, l’anglosassone Crespi in Dolce&Gabbana, il mitico Ing. Fantò in Armani)

Teniamo i contatti dei fornitori migliori, delle agenzie più interessanti, della aziende più vivaci con le quali siamo entrati in contatto.

La manutenzione delle competenze

Se abbiamo un talento o la sorte ci porta a dedicarci a un argomento che riteniamo di buon potenziale e che sentiamo nelle nostre corde, non accontentiamoci della sufficienza. Diventare un esperto, un punto di riferimento per un settore specifico, può diventare una carta preziosa da giocare per essere preferiti ad altri candidati nel momento del confronto. Quindi teniamoci aggiornati e allenati, facciamo manutenzione delle nostre competenze (linguistiche, tecniche o relazionali che siano).

Paola, la mia co blogger, sa bene che (per diventare esperti di bambini) si può cominciare come ricercatrice in università (il suo lavoro si trova ne  “Il dolce tuono” di Marco Lombardi), passare per una azienda di giocattoli, continuare facendo un bambino, poi la rappresentante di classe del bambino medesimo ed infine essere scelti da una agenzia che tra Arte e Comunicazione fa progetti per le scuole.

In ogni modo,  non multa sed multum (non molte cose, ma molto bene): tenete da conto e fate lavoro di manutenzione  solo per  gli argomenti (e le persone) più preziose. Come per gli affetti: la manutenzione non è per tutti quelli che conosciamo ma solo per gli amici del cuore.

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Profilo Linkedin: ecco cosa pensa un cacciatore di teste

PB  Ho recentemente incontrato un Head Hunter con cui avevo avuto a che fare diversi anni fa. Allora ero giovane, bionda (?!) e all’inizio della mia carriera.

Monica Boselli (questo il nome della “cacciatrice di teste”) mi aveva portato da un’Azienda di Lingerie a una Maison di Moda.

Come quando si parla di primo amore e di esperienze indimenticabili  (entravo grazie a lei nel luminoso mondo del fashion show) avevo conservato un ricordo affettuoso di MB Research (che nel frattempo ha cambiato il suo indirizzo ma non il suo stile elegante e riservato).

In coda alla nostra chiacchierata, le ho chiesto, per Trampolinodilancio, un parere da professionista a proposito della redazione del profilo di Linkedin.

Mi ha dato un paio di dritte molto preziose che vorrei girarvi.

  • L’obiettivo del profilo è di ottenere un colloquio.
  • Per ottenere un colloquio bisogna entrare nelle selezioni dei ricercatori (che siano Società dedicate alla ricerca del personale o l’Ufficio Risorse Umane di un’Azienda)
  • Per entrare nelle selezioni ed essere inseriti nella rosa dei candidati, bisogna inserire le parole chiave con cui supponiamo un ricercatore conduca la sua indagine (per esempio Marketing Apparel o Media Planner o Shoes Designer)

Insomma l’esperto ci dice che, sul profilo di Linkedin, è meglio scrivere “MODA” che fare un profilo di moda e scrivere “CREATIVO” piuttosto che essere creativi

Dobbiamo farci rintracciare facilmente in quello straordinario ma infinito database che è Linkedin.

Un profilo troppo lungo, troppo complesso, rischia di non essere letto: cerchiamo di essere facili e semplici per chi ci deve cercare (una giornata su Linkedin può essere di una noia mortale: rendiamo la vita facile a chi ci deve trovare e seminiamo espliciti indizi per la sua indagine).

Poi siamo unici, speciali e irrinunciabili durante il colloquio: è lì infatti che si faranno i giochi e dove dovrà emergere carattere, professionalità, competenza, creatività.

Grazie a Monica Boselli per i suoi consigli (uno di questi giorni vado nel mio profilo e faccio un paio di modifiche)

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Linkedin: (controverse) istruzioni per l’uso

PB  Caspita, il post di Paola a proposito dell’uso di Linkedin ha creato, intorno al blog, un vero vespaio.

Io e Paola abbiamo passato diverse mezz’ore al telefono, nei nostri viaggi da pendolari con auricolare, o su Skype per scambiarci sensazioni e pareri a proposito dei commenti al post.

Ne abbiamo avuti un paio piuttosto severi, molto critici nei confronti del profilo di Catalina che Trampolino ha giudicato fresco e diretto e che  Matteo e Fabio (due contatti di Paola che lavorano nel Marketing) hanno trovato poco professionale e poco orientato al business.

La critica a mio parere non è del tutto fuori luogo: il profilo di Linkedin è un curriculum vitae, non il palcoscenico per un provino.

Ma è pur vero che per valutare un candidato non tutti i mezzi sono uguali: per uno stilista io guardo il book dei disegni, per una modella il composit, per un Marketing Manager le aziende dove si è formato e i prodotti di cui si è occupato.

Per chi ha un curriculum molto snello alle spalle, cioè per i ragazzi che iniziano a lavorare, è difficile descrivere una carriera (a parte quella scolastica) che sostanzialmente non esiste. Molto meglio allora, tentare di trasmettere in modo efficace la propria personalità.

Il profilo di Catalina, che ama i gatti con il naso rosa, non avrà più senso tra cinque anni, quando potrà mettere nel suo profilo il suo curriculum professionale. La sua creatività e la sua unicità non saranno più solo intuibili dal suo stile, ma dai progetti di comunicazione ai quali avrà lavorato.

Per essere più chiari: è irrilevante che le piaccia il calcio (se avesse amato il tennis non sarebbe stato molto diverso) o i gatti. Si capisce qualche cosa di lei da come lo ha scritto.

Ha parlato direttamente a chi leggeva di lei ( If you are here, that means you want to know about me…so let me sum it up”), creando immediatamente una relazione senza intermediari. E’ stata elegante e musicale nella scelta degli argomenti. Ha trasmesso la sua internazionalità (“I was born in Colombia and lived in Bogotá, Miami, New Jersey, Milan and now Lisbon. I’m 24 years old”) , è stata seduttiva.

Insomma, una buona comunicatrice, non una buona cuoca (nonostante dica di amare il cibo speziato): per una che vuole lavorare nella comunicazione non mi pare male.

Alla fine, quello che salverei della vicenda per rendere più efficace il vostro profilo Linkedin è:

–          siate  sinceri (se in realtà Catalina avesse paura di viaggiare e fosse una introversa che si è fatta scrivere il profilo da un copy, sarebbe un guaio)

–          siate  originali, ma non fate “gli originali” (nessuno ha voglia di stravaganza gratuita, né della stonata sensazione che il vostro stile non sia farina del vostro sacco)

–          ponete l’accento sulla vostra personalità solo fino a che non potrete ancora porre l’accento sui vostri trascorsi professionali: questo profilo sarebbe inadeguato  per un professionista di 35 anni

–          pensate sempre empaticamente a chi volete sedurre professionalmente: uno spiccato senso della comunicazione piacerà a un Direttore Creativo più che a un Primario di Chirurgia: se volete fare la ferrista in sala operatoria puntate su sangue freddo e manualità dato che l’oggetto del vostro lavoro nella maggior parte dei casi starà dormendo e non sarà interessato alla vostra conversazione.

Grazie a Matteo e Fabio per i loro commenti, severi e costruttivi. Approfondiremo l’argomento e verificheremo le nostre opinioni con un paio di addetti ai lavori a cui abbiamo chiesto un parere. Ma voi che ne pensate?

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