Archivio mensile:agosto 2016

Ordine mentale vs ordine fisico: la versione di Giulia

PB   Ho incontrato Giulia Spada (nostra fedele lettrice oltre che acuta commentatrice) per la prima volta come collega in Dolce&Gabbana: lavorava al Customer Service e divenne celebre in azienda perché, assunta da poco, chiese mezza giornata di permesso alla vigilia delle sue nozze (erano tempi in cui ancora ci si sposava, inizio millennio, e si ambiva almeno alla ceretta il giorno del sì). Permesso non concesso dall’allora poco empatico capo.

Quindi me la ricordo piuttosto seccata.

Anni dopo l’ho ritrovata in Giorgio Armani, reparto Operations, con una espressione sostanzialmente invariata, anche se il capo era cambiato ed era più umano del precedente. Era ancora seccata.

Giulia è di Torino (si sente ancora da certe vocali), è sicuramente priva di melanina (la sua carnagione passa dal bianco al trasparente a seconda delle stagioni), è priva di adipe (maledizione), è dotata di acuta intelligenza, direttamente proporzionale al suo pessimismo cosmico.

I suoi amori (due che io sappia, uno con le mani infarinate, l’altro ancora cucciolo), la sua ironia e i libri, la salvano da una fottutissima ansia di vivere.

La sua scrivania è kafkiana. Ma anche per questo Giulia ha una spiegazione e una teoria. Eccola:

“Finalmente stavano per iniziare le ferie estive… In un impeto di autolesionismo, Risultati immagini per jengaquest’anno mi sono ripromessa di non andare in ferie se non prima di aver messo un po’ in ordine la scrivania.

Che poi, volendo vedere, la mia scrivania non è proprio così disordinata, come potrebbe sembrare a un osservatore distratto…

È molto più simile a un Jenga, con un sottofondo filosofico, con tutte le mie belle pratiche incrociate una sull’altra con perizia certosina e logica machiavellica (e la mia bravura sta proprio nello sfilarne una dal mucchio senza farle cadere tutte, come nel gioco).

Sono fermamente convinta che la teoria del caos (=stato di disordine) sia venuta in mente a un fisico o a un matematico con una scrivania simile alla mia.

Ho accumulato talmente tanta carta da avere le cuffie dei rotatori che gridano pietà, costretta come sono a digitare sulla tastiera con i gomiti a livello delle spalle… Il mio fisioterapista si è costruito una villa con piscina grazie alle sedute necessarie per curarmi cervicale & co., quindi forse mi prende in giro quando mi dice << non preoccuparti, l’ordine è una questione mentale>>.

(N.d.R.: Se per caso aveste dei sospetti, casa mia è esattamente nella stessa situazione…. Carta ovunque).

Ovviamente, come tutti i disordinati, vivo nella negazione e sono campionessa olimpica di creazione di alibi verosimili per non mettere in ordine:

  1. se adesso metto a posto, poi non trovo più niente;
  2. se inizio a mettere a posto, devo per forza finire, non posso lasciare a metà;
  3. non ho tempo, ho cose più importanti da fare (postulato del punto precedente);
  4. se butto via un carteggio che mi sembra inutile, domani sicuramente mi servirà cercare quell’argomento e perderò un sacco di tempo – tempo che non ho (revisione del postulato del punto precedente);
  5. so esattamente dove sono posizionate le pratiche importanti, in questo modo le ho sempre sotto mano (in ogni senso) quando le cerco con urgenza (dimostrazione del punto 4);

… ma soprattutto (e per questa mi auto-assegno la medaglia d’oro):

  1. quelli che hanno poco o nulla sulla scrivania è perché fanno solo finta di lavorare o, peggio, perché hanno pochissime cose da fare, prima o poi l’azienda li sposterà ad altra mansione.

Prima di andare in ferie ho circa una settimana e quindi vengo presa dal sacro fuoco del riordino: mi prende un raptus di archiviazione compulsiva; comincio a cestinare e a strappare le vecchie pratiche… più strappo e più mi sento libera, è meglio di una seduta di psicoterapia! Man mano che vedo ricomparire il piano della scrivania mi sento un po’ più leggera; mi aspetto che quando avrò terminato la pulizia, la sensazione sarà quella di essere l’omino Michelino gonfiato d’elio!

Malgrado tutto questo, ho un ordine mentale davvero invidiabile (vi assicuro che a detta di quelli che mi conoscono sono decisamente talebana in fatto di autocritica; quindi se dico che il mio ordine mentale è invidiabile, credeteci!).

Raramente dimentico una scadenza; il mio PC è organizzato in superstrutturate cartelle multilivello sia per la posta che per i documenti; ricordo la storia di quasi tutti gli argomenti che mi vengono sottoposti.

Qualcuno mi ha recentemente soprannominato “Wiki”, perché chi viene da me trova quasi sempre quello che cerca, che sia una risposta a un argomento astruso e sconosciuto o una vecchia pratica che nessuno ricorda più chi abbia iniziato a gestire (ma della quale sicuramente c’è traccia sulla mia scrivania…).

Si stupiscono sempre tutti quando si rendono conto che quello che c’è sulla mia scrivania e quanto c’è nella mia testa non sono organizzati allo stesso modo, eppure sono conviventi (anche se separati in casa) e entrambi profondamente parte di me.

Ovviamente c’è un “però”.

Se il disordine mi fa arrabbiare perché solitamente dà di me un’errata prima impressione, “però” il troppo ordine mi mette ansia. Ma un’ansia con la “A” maiuscola.

Un po’ come se raddrizzassero tutte le scale di Escher in modo che si capisca subito se salgono o scendono. O come se scoprissi che Patrizia mette in valigia a settembre un cappotto di cachemire al posto della pashmina e un cache-coeur fuxia al posto della camicia bianca d’ordinanza.

Brrrrr, roba da tenerti sveglia la notte…

Quindi, siccome secondo me la teoria del caos in realtà è una teoria nata per mettere ordine e che una cosa senza l’altra non può coesistere (pieno e vuoto, ricco e povero, felice e triste, ordine e disordine, cosa sarebbero senza la loro antitesi?), per mantenere il mio ordine mentale ho deciso che (anche) quest’anno sono autorizzata a lasciare la scrivania un po’ incasinata…

A questo punto mi raggiunge un senso di pace. Ma soprattutto la consapevolezza che (di nuovo) sono stata così brava da inventarmi l’alibi perfetto per evitare di mettere a posto la scrivania!

Buon rientro a tutti and take your time (…che per riordinare c’è sempre tempo)!

Giulia”

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Coraggio! Si ricomincia!

PC Devo confessare che, con scarso spirito aziendale, ho visto solo pochi giorni fa il film di Natale di Sky: Cenerentola. Un ritardo dovuto al fatto che divido la casa e la tv con adulti appartenenti al sesso maschile, ma soprattutto alla tendenza, fin da molto piccola, ad apprezzare maggiormente le avventure di intrepidi pirati e coraggiosi moschettieri, rispetto alla resilienza di una sfortunata orfana.aede862454d940898ab5aceeb5cae56a29d96c78-750x417

Malgrado queste premesse il film mi è piaciuto, e non solo perché la magia di Disney riesce sempre a rinnovare l’incanto della favola.

Mi ha colpito soprattutto la frase “Abbi coraggio e sii gentile”, che rappresenta in questa versione cinematografica il mantra della vituperata protagonista. Ho pensato che forse anche sul lavoro può fornirci alcuni suggerimenti su come comportarci per piacere a noi stessi, innanzitutto, ma anche per essere apprezzati dagli altri e risultare più efficaci nella propria carriera.

Cominciamo dal coraggio:

  • è utile perché vi permette di far conoscere le vostre opinioni e distinguervi (attenti a non esagerare e risultare sfrontati);
  • è importante quando dovete ammettere che le vostre opinioni possono essere sbagliate (a questo punto per compensare vi aiuterà molto avere un buon livello di autostima ) o quando dovete riconoscere che una buona idea non è venuta direttamente a voi;
  • è fondamentale quando vi trovate in un contesto dove tutti si schierano contro una persona e voi non siete d’accordo. A volte proprio quella persona fa rapidamente carriera e si ricorda di chi l’ha difesa (vabbé, questo forse succede più spesso nelle fiabe che nella realtà, ma non si sa mai);
  • è necessario per superare situazioni poco piacevoli in ambito lavorativo, quelle che prima o poi capitano a tutti;
  • a volte è indispensabile anche solo per ricominciare un nuovo “anno” lavorativo dopo le vacanze estive senza deprimersi troppo!

Arriviamo alla gentilezza:

  • di solito chi viene trattato gentilmente risponde allo stesso modo – anche se il mondo è pieno di sorellastre e matrigne, lo so – o per lo meno lo fa in vostra presenza! Renderà la giornata lavorativa più piacevole;
  • chi comunica con gentilezza viene capito più facilmente. Soprattutto se siete in una posizione nella quale gestite delle persone, avrete già verificato che quello che chiedete e spiegate con gentilezza viene generalmente eseguito prima e meglio;
  • essere gentile infine vi aiuta a star bene con voi stessi mentre la rabbia e l’aggressività consumano moltissime energie che potrete usare per qualcosa di più divertente!

Coraggio! Buon rientro!

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Impara l’arte e mettila da parte

PC Era l’estate scorsa quando ho incontrato, dopo anni che non ci vedevamo, Elda, che tra una fermata e l’altra del metrò mi ha raccontato di come sia riuscita ad uscire da un impasse lavorativo grazie alla sua passione per le lingue straniere e alla voglia di rimettersi in gioco, investendo tempo ed energie. Dato che si era subito dichiarata una fan di trampolinodilancio le ho chiesto di condividere con i nostri lettori come fosse riuscita a realizzare il suo piano B. Ecco il suo racconto: c’è voluto un anno per scriverlo ma in pochi minuti di lettura trasferisce, proprio come fa Elda di persona, una grande carica di ottimismo! Grazie Elda!

Ragazza alla finestra di Salvador Dalì (1925)

Ragazza alla finestra di Salvador Dalì (1925)

Elda Alesani: “Conosco Paola e Patrizia da tempo quasi immemorabile, ma, come spesso accade, ci siamo un po’ perse di vista negli anni. Quando hanno aperto questo blog, sono rimasta entusiasta per il doppio vantaggio di riuscire a rimanere in contatto e di approfittare dei loro impagabili suggerimenti: le dritte sull’abbigliamento di Patrizia mi hanno salvato più di una volta, io non ho nessun talento in tal senso, il mio orizzonte stilistico finisce ai jeans e maglietta.

In ogni caso, Paola un anno fa mi chiese di raccontare come sono riuscita a cavarmela… ed eccomi qui.

Per capire il contesto, debbo raccontare qualcosa di me; non temete, sarò breve.

Ho fatto il liceo linguistico, perché ho cominciato a studiare lingue da piccola (ero un’eccezione, una volta non si usava) e non volevo perderle per strada. Ma durante il liceo mi sono accorta che non era proprio quello il mio campo d’interesse, quindi mi sono presa un anno sabbatico dopo la maturità per consolidare le lingue che mi interessavano lavorando all’estero e poi ho cambiato registro e mi sono laureata in matematica, per finire poi ad occuparmi di informatica una volta arrivata nel mondo del lavoro.

All’inizio ho avuto modo di utilizzare anche le lingue straniere, ma dopo un po’ il mio orizzonte lavorativo si è ristretto all’Italia e per più di 15 anni non ho avuto a che fare con l’estero. Perlomeno sul lavoro; però non ho mai smesso di usare le lingue che conoscevo tra libri, film ed amicizie.

Quando i miei figli erano piccoli ho avuto l’occasione di poter passare ad un contratto part-time a tempo indeterminato: ottima cosa sul fronte familiare, pessima su quello lavorativo. Sono finita in un angolino, a fare più o meno le stesse cose, per anni e anni, senza avere modo di uscire dall’oblio.

Il giro di boa è arrivato quando l’azienda ha cominciato a sponsorizzare corsi di lingue straniere per tutti i dipendenti: ho preso la palla al balzo, e sono riuscita a guadagnarmi una prima certificazione di tedesco, che non avevo avuto modo di fare quando lavoravo in Germania. E non vi sto a raccontare i numeri da circo per riuscire a frequentare i corsi intensivi di sabato mattina, soprattutto perché nel frattempo ero tornata a lavorare full time.

Un giorno, ormai quasi 2 anni fa, mi chiama la mia manager, e mi dice “ti vogliono subito per un colloquio”. Non faccio a tempo a ripigliarmi dalla sorpresa, che sto già parlando con il gran capo di un’altra azienda del gruppo, discutendo della mia disponibilità a partire per l’Austria dopo 2 giorni. Nel giro di mezz’ora ho cambiato azienda, ruolo e prospettive.

“Caspita, mamma, che fortuna!” ha detto mia figlia Eleonora quando ho raccontato ai miei ragazzi come e perché sarei partita. Beh, certo, la coincidenza fortuita che ha fatto in modo che il “capo nuovo” chiedesse, tra tutte le persone possibili, proprio al mio “capo vecchio” se aveva qualcuno che parlava il tedesco, sì, quella è stata fortuna. Ma non è stata fortuna che io fossi la persona giusta in quel momento. Ci sono voluti anni di impegno e di passione, per crearmi quelle competenze.

Negli anni, ho visto storie analoghe alla mia. Un ex collega ha sorpreso tutti, perché all’improvviso si è licenziato e si è costruito una nuova carriera come skipper: un ingegnere insospettabile, che aveva passato ogni momento libero degli ultimi anni a studiare e prendere patenti nautiche di vario genere e tipo. L’ultima volta che l’ho incontrato, era in partenza per la Nuova Zelanda.

Un altro amico, sempre informatico, si è ritrovato in mobilità più o meno da un giorno all’altro: la sua conoscenza delle arti marziali e di insegnamento dello sport hanno fatto una parte; l’altra parte l’ha costruita mettendosi a studiare shiatsu. Adesso ha uno studio in cui abbina la medicina cinese e l’insegnamento di ginnastiche specifiche a scopo terapeutico, con ottimi risultati.

Quindi… il piano B può arrivare da un sacco di punti diversi, spesso imprevisti. Coltivare le proprie passioni, seguire i propri interessi, può avere risultati sorprendenti.”

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