Archivio mensile:novembre 2013

Robin Good: le regole per rimettersi in gioco e costruire una reputazione 2.0

PC Robin Good è uno dei più citati casi di personal branding italiani e uno dei primi editori online italiani ad aver raggiunto la totale indipendenza economica solo scrivendo e condividendo sulla rete ciò che lo appassiona. Il progetto principale di Robin Good è MasterNewMedia (nato nel 1999), una rivista su Internet dedicata alle notizie, le competenze e le risorse utili necessarie per comunicare efficacemente con i nuovi media e le nuove tecnologie. Dal 2009, Robin ha anche avviato un suo personale progetto di università online, la Robin Good University, dedicata a coloro che vogliono imparare sul campo a costruire un business di successo online.

Il suo webinar che Giovanna Landi, la mia tesista che sta scrivendo una tesi proprio sul personal branding, ha seguito per noi era dedicato a Mamme info, il nuovo progetto online a carattere nazionale dell’Associazione non profit Mamme e Donne di Milano, che attraverso il web site e il social network consente alle mamme e donne di usufruire gratuitamente di un supporto per affrontare con consapevolezza e maggiore serenità il difficile riaccesso al lavoro a seguito della maternità.

Ecco nel racconto di Giovanna la strategia di Robin Good per costruire la propria reputazione on line e farla diventare una fonte di profitto, con le storie reali di alcuni che ce l’hanno fatta (se ve lo state chiedendo Patrizia e io non siamo tra queste, come dimostra l’assenza di pubblicità sul blog!)

Giovanna Landi: “La filosofia sulla quale si fonda il pensiero e la strategia di business che conduce Robin Good, non si chiama a caso formula di Sharewood. Robin Good è un nipote di Robin Hood ma la famosa foresta di Sherwood diventa Sharewood, da Share, condividere tutto quello che si fa anche con i concorrenti.  Se ci copiano vuol dire che facciamo le cose bene, la copia è un premio ed è un buon risparmio in costi di marketing perché chi ha l’occhio attento se ne accorge e comunque risale a noi che siamo gli ideatori. Le fasi della strategia sono illustrate nella grafica.

Schermata 2013-11-16 alle 22.06.42Il trucco sta nell’intercettare un problema e un’esigenza specifica. Se vogliamo essere trovati sul Web dobbiamo costruire il sito intorno a una nicchia specifica, in questo modo  anche se siamo presenti solo da un mese saremo già ben visibili senza usare scorciatoie con le SEO ma semplicemente occupandoci di un settore in cui non ci sono molti concorrenti. Chiedersi “c’è una frase di 5/6 parole che identifica chiaramente la nicchia in cui siamo posizionati e che se scritta su Google mi dà come risultato il mio problema? Paradossalmente più persone intercettiamo peggio è, perché non stiamo cercando traffico.

Il vecchio imprenditore avrebbe pensato “mi invento questa cosa, la sparo sul mercato e vediamo come va”, oggi non è più così, spontaneamente la gente dice cosa vuole , per questo “creare i prodotti” è il quinto step e non il primo.

In tutte le storie che passeremo in rassegna si può notare come ci sia un percorso virtuoso. Quando qualcuno sia nella vita reale che in quella online ci offre informazioni senza chiedere nulla in cambio, entra nei nostri preferiti, ci segniamo il nome e se ci chiedono se conosciamo qualcuno che si occupa di una determinata cosa, faremo il suo nome. Prima dobbiamo costruirci una reputazione e soltanto dopo, come conseguenza, possiamo avere persone che ci seguono, fanno domande e, leggendo i problemi che hanno, possiamo creare servizi e prodotti su misura. “…Guarda quante cose ci offre gratis prima di preoccuparsi di chiederci qualcosa!“: questo è l’approccio che porta a buoni risultati!

Come capire qual è il momento nel quale abbiamo reputazione sufficiente per iniziare a offrire servizi a pagamento? Il momento giusto è quando iniziano ad arrivare domande tipo “Ma come faccio a?”, “Chi vende questo?”, “Come si fa a costruire quest’altro?”. È il momento in cui tra quelle persone possiamo vedere le cose che possiamo offrire realmente.

Questa, secondo Good, è la strada giusta per realizzare progetti, nel futuro del pianeta condivisione e aiuto reciproco saranno al centro della nostra vita, smetteremo di delegare ad esperti la risoluzione dei nostri problemi ma ci informeremo e, soprattutto, faremo comunità.

Ecco una carrellata di esempi di chi ce l’ha fatta:

  • Valeria Toti con il suo sito http://www.ebookpro.it, fornisce un template (modello che facilita il lavoro in quanto la parte più difficile è già fatta) per creare una guida professionale in formato PDF. Lo scopo è quello di far vedere a chi visita la pagina, che lei non è qui per “fregare” qualcuno o vendergli subito qualcosa, ma per dimostrare che nel tempo ha sviluppato queste competenze, ha studiato decine e decine di e-book e ha cominciato a crearne anche per gli altri. La strategia è quella di sviluppare prima le proprie credenziali e farsi apprezzare dando valore agli utenti e, poi, ascoltando le loro richieste specifiche, di passare a creare servizi e prodotto su misura per loro.
  • Carlo Gatto e il suo http://www.vivereamalta.com. Carlo, grafico di Roma, insoddisfatto di come funzionano le cose in Italia, decide di trasferirsi a Malta e di creare un mini sito nel quale condividere informazioni che già aveva dovuto cercare per sé prima di trasferirsi: come si trova casa a Malta, aspetti legali e fiscali, come si può trovare lavoro lì, dove si può studiare l’inglese, ecc. Il sito è nato da meno di un mese ma è stato in gestazione per più di un anno perché Carlo ha creato una pagina Facebook ascoltando per 9 mesi le persone che come lui dovevano trasferirsi cercando di capire quali fossero i problemi e le domande più frequenti, li ha raccolti, e ha individuato categorie precise di contenuto. Contenuti che gli danno l’opportunità di costruirsi una reputazione e farsi apprezzare dalle persona prima di offrirgli qualcosa a un prezzo o in cambio di qualcosa.
  • Alberto Mattei con http://www.nomadidigitali.it. I Nomadi Digitali, nati nel POP Campus, sono quelli che inseguono il sogno di girare il mondo lavorando ovunque grazie a Internet. I Nomadi, nel sito, dicono chi sono, che sogni inseguono, e dopo questa identificazione offrono esempi di storie reali di persone che sono già riuscite a crearsi questo tipo di vita fornendo consigli su come organizzare vita e lavoro in viaggio. Nel sito vengono consigliati dei libri disponibili su Amazon e da questo Alberto riesce a guadagnare una piccola percentuale.
  • Laura Norese, piemontese, di Torino esperta d’informatica e appassionata sommelier. Decide di rendersi utile agli altri creando http://www.viniepercorsipiemontesi.com, imparando a fare guide serie e professionali e offrendole gratuitamente. Lo scopo è far sì che chi vuole promuovere la sua cantina si rivolga a lei. Vi è un’etica di condivisione di cose utili. Nel sito vi sono schede specifiche di ogni vino, contenuti di valore, non le solite cose che si trovano sul web, l’obiettivo è stato raggiunto: il sito si distingue dagli altri.
  • Patrizia Pappalardo vive a Milano, segue mille progetti, appassionata di comunicazione, web, turismo, ha esperienze e contatti nel mondo delle guide turistiche. Secondo lei questi ultimi “dormivano” e sottovalutavano le opportunità fornite da internet. I turisti stranieri, oggi, vogliono costruirsi una vacanza personalizzata e farsi guidare da qualcuno fidato, in gamba e simpatico, non si affidano più a pacchetti preconfezionati da qualcun altro dove tutto è una sorpresa. Allora decide di creare http://www.guidaturisticafreelance.it, rivolgendosi a tutte le guide, facendole “svegliare” sull’opportunità di avere clienti diretti senza intermediari, dando indicazioni a chi, avendo le caratteristiche di una guida indipendente, voglia imparare e capire come poterlo fare. Patrizia offre anche piccole consulenze private a chi volesse essere seguito e guidato nell’apprendimento.
  • Graziella Tortorelli, una donna che ha deciso di coltivare la sua passione di mamma creando naturalmentemamma.it, dove affronta i temi della fertilità, maternità e benessere secondo natura. Come mangiare in maniera naturale? Come vivere in un ambiente naturale? Tra le diverse sezioni del sito troviamo: approcci naturali alla gravidanza, Casa Bio, giochi costruiti con materiali adatti.
  • Fabio Ghibellini e la sua compagna Annalisa Tampellini, hanno un negozio di scarpe in provincia di Bologna e un negozio sul web TentazioneShop.it.Per la “politica della nicchia”, però, un conto è avere un negozio di scarpe online, un conto è avere un negozio di scarpe in una nicchia specifica cioè che si occupa solo di un certo tipo di scarpe per una certa tribù specifica, nel loro caso scarpe con il tacco decoltè (chetacco.it). Ciò che funziona, è ancora una volta indirizzarsi in un settore molto specifico rivolgendosi a una tribù e non ad un target come per i mass media. La tribù è fatta di persone che hanno interessi ed esigenze comuni, poco importa se hanno età e portafogli diversi, quello che ci deve interessare è intercettare il loro problema.
  • SiamoAlCompleto.it è il sito di Marcello Cosa. Insieme alla sua partner ha fatto un passo molto coraggioso perché nonostante avesse una laurea e un dottorato prestigioso, non voleva rimanere al sud dove non poteva esprimere le sue capacità e allora fa 2 mosse : si trasferisce in Nicaragua e realizza un servizio dedicato a tutti i proprietari di bed and breakfast su come avere più clienti utilizzando internet. Nella sezione “Chiedilo a Marcello”, raccoglie le domande più frequenti per poi pubblicare i relativi consigli direttamente sul sito.”

Grazie ancora a Giovanna per questi consigli che speriamo possano essere utili. Fateci sapere se l’argomento vi interessa.

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Professione pr. Ce ne parla Gianna Paciello founder e vice president di Aida Partners Ogilvy Pr

PC Lunedì sono rimasta molto colpita dall’appassionato appello che Gianna Paciello, founder e vice president di  Aida Partners Ogilvy Pr ha scritto a Youmark, che infatti non a caso ha suscitato un vivo dibattito.adv-vs-pr

“Dove abbiamo sbagliato?’ è il titolo della lettera che ha inviato alla redazione, in cui si chiede come mai le pr siano percepite come una categoria poco qualificata, poco professionale, improvvisata e salottiera, salvo qualche rara eccezione“e attribuisce la principale colpa proprio a chi fa pr ma non ha saputo qualificare la propria professione agli occhi del mercato in questi anni (vi ricordate l’adagio milanese Ofelè va strascià del sò mestè?).

Gianna Paciello prosegue sottolineando che persino le nuove leve che vengono assunte in agenzia a volte hanno la stessa percezione. “Colpa delle scuole che sfornano migliaia di futuri comunicatori all’anno?” si chiede Paciello, “No, è ancora e sempre colpa nostra, perché in quelle scuole insegniamo anche noi.”

Mi è sembrata la persona più giusta a cui chiedere quali caratteristiche deve avere un giovane talento per fare con entusiasmo e competenza un lavoro che può e deve avere un ruolo strategico nella comunicazione contemporanea. Ecco cosa mi ha risposto.

Gianna Paciello: “Sembrerà strano ma quando scelgo una persona, a seguito di un colloquio, quello che colpisce di più la mia attenzione non sono tanto i titoli di studio e i corsi frequentati quanto la passione, la curiosità, la sensibilità e la determinazione.

Ho visto negli anni fallire miseramente persone con una cultura elevatissima, solo perché non avevano il carattere giusto per fare questo lavoro. E ho visto invece crescere persone dotate di una grande sensibilità e forza di volontà che hanno sopperito ad una mancanza di cultura di base con lo studio, l’aggiornamento e la costanza.

Chi fa il comunicatore deve amare guardarsi intorno, interpretare i segnali, avere delle visioni. Deve amare leggere, scrivere, confrontarsi, mettersi nei panni degli altri. Questo ritengo sia un punto fondamentale. Il sapersi mettere nei panni degli altri, che non è altro che l’ essere sensibili, ti permette di ascoltare il cliente, comprenderne i bisogni, adeguarsi al suo modo di relazionarsi con la sua azienda, indirizzarlo verso il cambiamento o il potenziamento delle sue attitudini. Avere una laurea e non avere questa predisposizione, non basta a fare di te un buon comunicatore.

Quindi la formazione è secondaria. Che sia una laurea in cultura umanistica o meno, valgono la voglia di imparare sempre cose nuove, di leggere intorno a sé cosa sta accadendo e perché.

A chi vuole iniziare questo mestiere consiglio di rimboccarsi le maniche e darsi da fare, senza orgoglio e arroganza. Se si impara dal basso, si potrà insegnare. Questo è un lavoro fatto anche di grande operatività e non solo di strategia. Conoscerne tutti gli aspetti aiuta poi tantissimo nella gestione delle risorse che prima o poi dipenderanno da noi.”

Quali aggiornamenti deve prevedere un giovane che inizi oggi questa carriera?

Per quanto riguarda gli aggiornamenti, dipende molto dalla propria specializzazione. Chi si occupa di digital è costretto ad aggiornarsi quotidianamente perché quello che oggi è nuovo, domani è obsoleto. Chi si occupa di media relation deve conoscere un panorama di media che è in costante evoluzione e quindi dovrà aggiornarsi frequentissimamente, parlando con i giornalisti, comprendendone le necessità e le evoluzioni.”

La tecnologia a volte non aiuta questo lavoro. Non si puo’ rendere impersonale un lavoro che è fatto di relazioni. Quindi il suggerimento più forte che posso dare è : usate la tecnologia ma non fate mai sì che questa sostituisca il rapporto umano.

Cosa valuti durante il colloquio d’assunzione in un giovane?

Cosa apprezzo di più in un colloquio? Sicuramente la passione che l’intervistato riesce a trasmettermi. Passione per questo lavoro ma anche per la vita. Altrimenti questo non è il lavoro giusto.”

Ci auguriamo che queste appassionate parole consentano a molti giovani di capire meglio se le pr sono la professione giusta per loro e ringraziamo Gianna per il tempo che ci ha così gentilmente dedicato.

(Prometto che a giorni pubblicheremo anche l’approfondimento sulla professione strategic planner, come preannunciato. Stay tuned).

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Gli scivoloni della reputazione on line

PC Procede la ricerca della mia tesista sull’utilità del web come strumento per trovare lavoro in Italia e stiamo scoprendo che c’è un prevedibile scarto generazionale tra gli appartenenti alla x generation, che usano ampliamente Linkedin e Facebook per valutare i futuri candidati, e i baby boomers, che si affidano maggiormente alle raccomandazioni personali che ottengono grazie a un’ampia ed efficace  rete di contatti costruita negli anni.abercrombie

Ne discutevo con Patrizia, che, malgrado scriva insieme a me di personal branding e reputazione on line,  appartiene sicuramente al gruppo di quelli che non pensano di controllare il comportamento sul web di un aspirante collaboratore, se questi è stato consigliato da qualcuno che lo conosce bene e ci ha già lavorato insieme.

Ma proprio Patrizia mi faceva notare che anche se si ha un capo over fifty (e ci tengo a dire che lei non lo è!) che ignora quanto postate su facebook, rimane comunque importantissima la reputazione nei confronti di colleghi, collaboratori, fornitori o peggio ancora clienti, che invece hanno la vostra stessa età e grandissima dimestichezza sui social network.

Per questo è davvero importante rendere visibili solo ai più intimi quelle foto o informazioni che non sareste felici di condividere davanti alla macchinetta del caffè il giorno dopo: per capirci va benissimo la foto che vi ritrae in viaggio a New York (magari meglio se a una mostra che abbracciate a un butta-dentro di Abercrombie), un po’ meno quella in cui cantate discinte e in evidente stato di ebbrezza. Perfetto il commento intelligente su  un blog di marketing, da evitare il post su quanto odiate il lavoro e il vostro capo.

Ce lo spiega in modo efficace e divertente questo video di Adecco.

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Italiani penultimi in Europa nella conoscenza dell’inglese

PC Peggio di noi fanno solo i francesi.EF-EPI_2013Rank_Map_512x384px

Nella classifica che l’EPI (English Proficiency Index) ha realizzato con test effettuati su 750.000 adulti provenienti da 60 Paesi nell’arco di tempo di sei anni (2007-2012) l’Italia si posiziona infatti al 32esimo posto dopo Uruguay, Sri Lanka e Russia, penultima tra gli Stati europei (dopo l’Italia c’è solo la Francia).

L’inglese è sicuramente la lingua del marketing e della comunicazione, e, come ha recentemente sottolineato Beppe Severgnini, non serve sapere l’inglese, bisogna saperlo benissimo. Lo hanno sottolineato praticamente tutti i manager che abbiamo intervistato.

Peccato che la scuola italiana ignori in grande misura (per quella che è la mia personale esperienza con mio figlio) questa esigenza, che è comunque strettamente legata  alla crescita economica del paese.
L’indagine completa è disponibile a questo link http://www.englishtown.it/blog/le-prime-60-nazioni-nella-graduatoria-basata-sullindice-di-conoscenza-della-lingua-inglese-di-ef.

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