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Shooting fuori porta

In show room non c’è spazio per scattare. Tutti i piani sono full per la campagna vendite. Clienti, modelle, venditrici, visual, area manager. Uomo e Donna in contemporanea. Collezioni sontuose che non finiscono più.

Ho visto una vestierista fare una breve call dal bagno del back office, per l’occasione trasformato in piccolo privé compreso di grucce, codici, struttura di collezione. Mancava solo la scrivania di Napoleone, quella portatile, che montava nel campo di battaglia.

Non c’è un centimetro disponibile per il lavoro sporco. E gli scatti per la CV di gennaio dove li facciamo?

Si va in campagna: allestiremo un set fotografico in Industria.

La partenza da Goldoni fa già un po’ gita: ci si trova alle 8 in ufficio e il fotografo fa anche da driver. Si caricano i fondali, le macchine fotografiche, i computer, l’assistente, la vestierista.

Quando arriviamo lo spazio è pronto. Tutto bianco e tranquillo. La statura media dei lavoratori in fabbrica è standard. Non sali in ascensore con bronzi di Riace in canottiera, diretti al terzo piano per trucco e parrucco. Né con modelle infinite che ondeggiano su tacchi vertiginosi.

Ci parte un attacco di autostima poderoso: sono tutti alti come me, indossano scarpe da ginnastica, felpe morbide e pure il camice bianco se si dirigono in sartoria.

Mi sento anche belloccia va là. Sensazione quanto mai improbabile in Goldoni, dove lo standard va da Monica Bellucci in su.

Dove sono le foto dello storico? Dobbiamo recuperare la cesta delle scarpe da fotografare, che sono ancora in Ufficio Prodotto! Lo troviamo un pannello in polistirolo? E gli spilli per fissare il nastro di un marsupio? Serve un foglio bianco per schermare il riflesso di una fibbia! E un pennarello rosso per segnare i capi scattati!

Mettiamo un segno sulla base del limbo per posizionare le sneackers sempre nella stessa posizione (è come a teatro! Con il segno sul palcoscenico per gli attori!)

Tutto molto pratico, operativo, manuale.

Il fotografo (tennista, per altro) è gentile, esperto, sorridente, problem solver.

La vestierista (giovane e carina, lei sta bene anche in Goldoni) è veloce, curiosa, capace.

Mi sento un po’ in uno di quei film americani in cui il cinico manager eredita per caso un podere in Provenza e poi pigia il vino e buca con l’Apecar e si innamora della barista del borgo (che in realtà è la castellana ma hippy e bella come Brigitte Bardot) e diventa buono e gentile.

Nel film non si vede se dopo tre settimane sull’Apecar scassata il manager rimpiange la Tesla . Io lunedì torno in Show Room. Ma lo shooting fuori porta mi ha messo di buon umore. La mensa è così esotica rispetto alla Sissi o al Pandenus. Mi è mancato solo il barista/hippy/aristocratico perché il caffè lo abbiamo preso alla macchinetta. Vabbè Lonate Pozzolo non è la Provenza.

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A pranzo con Alfredo Mattiroli

Reduce da due giorni a Pitti, da due pranzi in sala stampa e da due incontri che mi hanno fatto venire voglia di un post, eccomi con la penna in mano.

Alfredo Mattiroli presenta il suo libro a Pitti il 12 gennaio 2022

Premetto che dopo mesi in cui è socialmente accettabile mangiare solo con i congiunti, viaggiare solo con i congiunti, sedersi accanto solo ai congiunti, la fuga con uno sconosciuto (anche un brutto ceffo intendo, un disgraziato) mi pare un rischio da correre. Magari muoio di qualche cosa, ma non di noia.

Al netto della mia vertigine da astinenza sociale, io e Marilena (collega incantevole che ho scoperto velista e non solo) ci siamo trovate a pranzare per caso di fianco a un signore ottantatreenne vispo come un ragazzino e interessante come un libro giallo.

Alfredo Mattiroli (è lui lo sconosciuto commensale, ma lo avremmo scoperto solo al dessert) è la prova vivente che la giovinezza non è una questione anagrafica. In verità lo avevo già intuito con Elio Fiorucci e Patti Smith. Con Mattiroli (terzo indizio) ora ho le prove.

Nessun rimpianto, nessuna atmosfera vintage nei suoi racconti, nei suoi aneddoti, ma solo continui spunti per il futuro, letture in prospettiva e sguardo capace di vedere opportunità.

Sono andata alla presentazione del suo libro “Cacciatore di sogni”, edito da Rubattino.

Poi ho dato il tormento a Marilena e Giulia (pazienti compagne di viaggio) finché non sono andate a prenotarlo su Amazon.

Ho distillato il suo intervento in pillole: conoscere le lingue, vedere i mercati direttamente, darsi il tempo di visitare i clienti e sentire i loro feed back in presa diretta. Essere internazionali e curiosi. Essere umili. Rifuggire i luoghi comuni (tipo “in quel quel mercato non vado perché i clienti non pagano”), avere un buon network per verificare le referenze di chi si propone con cariche altisonanti.

E ho aggiunto qualche cosa di mio che lui non ha elencato in presentazione, ma che ho capito dal pranzo e che credo sia parte della ricetta per essere un buon cacciatore di sogni: avere una moglie incantevole, suonare il pianoforte, giocare a golf, andare in vela, avere amici che ti stimano e che tu stimi, non cercare lo scandalo anche se hai le info per scatenarlo, avere un paio di figlie che hanno preso in mano il tuo lavoro e lo portano avanti come si deve, tacere quando è opportuno farlo, avere rispetto del prossimo.

Ad un certo punto ho pensato di essermi così ingarellata per reazione al troppo isolamento (voi lettori fedeli sapete che il blog nasce dalla cattività covid), entusiasta di chiunque non avesse il mio stesso cognome o non abitasse al mio civico.

Tranquilli, non si è trattato dell’entusiasmo dell’ergastolano appena evaso: il giorno dopo a pranzo siamo incappate in un tris di tre sciure di straordinaria antipatia, noiosi residui anni ’80 di privilegi demodé, talmente autoreferenziali da non scambiarsi neanche il buongiorno.

A chi interessa capire come l’Italia sia passata dai sarti all’alta moda, passando per il pret a porter , consiglio di dare un’occhiata al libro. E a tutti auguro gioiosi pranzi con sconosciuti.

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A proposito di stile e di estate

PB Avrei voluto fare un commento al post di Paola. Ma non resisto a prendermi un po’ più di spazio.
Il sig Armani ritiene che in estate non sia possibile muoversi senza un golfino di cachemire. Non occupa spazio (certe pashmine si tengono in un pugno), è confortevole e protegge da tutti i capricci della temperatura (aria condizionata, venticello in terrazza, brezza marina).

E anche quando gli inconvenienti del clima purtroppo trascendono party in barca e viaggi intercontinentali, ma si concentrano su trasbordi in metropolitana, riunioni con il cliente, convivenza con colleghi allergici alla doccia o che regolano l’aria condizionata a simulare il circolo polare artico, le regole di base non cambiano.

D’estate bisogna vestirsi a cipolla, essere (e sembrare) freschi e puliti.
Confermo che va bandita la tenuta da spiaggia con reggiseno a vista e pelle traslucida.
Il trucco va mantenuto leggero perché l’effetto Moira degli elefanti (o Cleopatra come era chiamata una celebre commessa della Rinascente, reparto lingerie) con matita che cola a mezzogiorno è inqualificabile.

Tutti quei magnifici tessuti stretch che ci fasciano come sirene durante l’inverno, vanno banditi d’estate: gli elastomeri sono pesanti e sintetici. Meglio i tessuti naturali. E se si amano le forme che seguono il corpo, senza strizzarlo in estate, scegliere capi in costina. A mio avviso la costina nel pullover da donna è confortevole come la maglia rasata ma ti rende molto più bella. Per i colori: preferire quelli chiari, luminosi, freschi.

Il nostro abbigliamento da lavoro deve ispirare ordine, stile, affidabilità.

Avete mai notato in riunione quelli che si vestono come le coriste del Festivalbar? Con tutto quel nero, quel lucido, quel tacco?

E sul lavoro certi eccessi di stravaganza vanno banditi: zeppe che paiono coturni, orecchini grandi come salvagente, corpetti da tigre del materasso saranno perfetti dopo le 21.

Perché bisogna ammetterlo: esistono brutti vestiti che non bisogna mettere MAI, ma esistono anche bei vestiti che non bisogna mettere nel posto sbagliato.

Il magnifico prendisole in ufficio diventa un orrore. E il tailleur pantalone in spiaggia lo mettono solo i camerieri.

Quindi d’estate in ufficio, se vedete allo specchio troppa pelle vuol dire che avete sbagliato: copritevi. La gambetta pelosa di quello dei sistemi informativi in bermuda tra PC e scrivania non si può guardare.

Per le donne occhio ai volumi: se siete senza maniche, no scollature, no minigonne.

Ma vi abbiamo mai parlato della efficacia di una certa camicia bianca? In voile, garza, popeline, piquet, jersey… ne esistono fantastiche versioni anche per l’estate!

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Benvenuti al sud

PB Lunedì scorso, per lavoro, sono andata in Puglia.File:Cattedrale di Trani.JPG

Per una volta non a vedere negozi e ipotizzare sbocchi di mercato, ma a vedere la produzione, laddove i capi che poi si vedono in scintillanti vetrine , si immaginano come astratti grafismi (disegnati sul cartamodello) , si tagliano ( in materassi di tessuto stesi su un tavolo lunghissimo) , si confezionano.

Poco palcoscenico e molti camici azzurri per chi è addetto alla produzione.

Io adoro il dietro le quinte. Mi piace vedere il disegno che esce dal CAD. Per la prima volta ho visto come si tagliano i tessuti tubolari (quelli senza cuciture) e ho capito perché è necessario per questi capi che la produzione sia numericamente importante: qui le fustelle sono sculture in metallo, che cambiano per ogni modello e ogni taglia!

Ho trovato una azienda piuttosto orgogliosa della propria qualità, con molte persone giovani al lavoro. La scelta infatti dell’imprenditore, non essendoci grandi aziende simili nella zona a cui “rubare competenze”, è di scegliere collaboratori giovani da formare e poi tenere in azienda

Pranzo a Trani (cittadina bellissima che non avevo mai visitato). Al tavolo di fianco al nostro sedeva un viso noto: un mio ex stagista in Dolce&Gabbana , evidentemente soddisfatto manager dell’Agroalimentare (ricordate il post di Paola sulle prospettive nell’agroalimentare? Rileggetevi il post del 22 novembre sui giovani poco choosy e molto interessati all’agricoltura)

Riporto dal mio lunedì pugliese (oltre a una certa dose di stanchezza derivata dal decollare da Malpensa alle 7,25 del mattino e riatterrarvi la sera stessa alle 22,40) le seguenti considerazioni:

–          se riuscite a scegliere andate a lavorare in una azienda che abbia voglia, energia per formarvi.

–          puntate su quello che è maggiormente valido in Italia e non trascurate il settore agroalimentare: l’eccellenza italiana è nella moda, nel design, nella cultura, nel turismo e, appunto, nell’agroalimentare

–          Il lavoro consente di vedere , fare cose che altrimenti non si farebbero. E non si tratta solo di disponibilità economica: chi penserebbe mai di fare una vacanza nella sala taglio di una azienda di underwear?  Eppure a me è piaciuta più degli ipogei di Canosa di Puglia!

–          Il lavoro, anche se faticoso, offre spesso, oltre che un salutare salario, la possibilità di vedere il nostro paese con occhi diversi e di scoprire realtà operose e bellissime tra gli ulivi e il mare.

Io ho poi scoperto che se un mio stagista è già un affermato manager devo immediatamente acquistare una buona crema antirughe. Ma questo per il momento non è un vostro problema.

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E’ nato Iknowmonki, il webmagazine che cattura i nuovi trend

PC È nato il 30 marzo Iknowmonki, un webmagazine creato all’interno di IED Centro Ricerche per fare coolhunting nel design, moda, comunicazione, visual art e lifestyle.

Nei miei corsi sottolineo sempre il valore della curiosità e l’importanza di tenersi costantemente aggiornati su quanto avviene in tutti i settori vicini al mondo della comunicazione. Indubbiamente questo bellissimo giornale offre molti spunti. “Su Iknowmonki ogni post, articolo, foto o video che pubblicheremo riguarderà una tendenza” si legge nella presentazione, e ancora: “uno spazio di conversazione e incontro in cui innovazione, sperimentazione, cultura, multidisciplinarietà e protagonismo delle nuove generazioni non sono termini vaghi ma valori fondanti.”

Per noi che crediamo che le nuove generazioni meritino di avere a disposizione tutti gli strumenti per costruirsi un futuro migliore, questo giornale è sicuramente una lettura da raccomandare.

http://www.iknowmonki.it

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