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E’ l’anno della scimmia… mettiamola sulla spalla di qualcun altro

PB Pochi giorni fa si è celebrato il capodanno cinese. Ci lasciamo alle spalle l’anno del Maiale (dai, onestamente una bruttura) e ci buttiamo in quello della Scimmia.

Premetto una discreta incompetenza nella decodifica dell’oroscopo cinese, coinvolta dal capodanno soprattutto per problemi industriali (tre settimane di stop per tutte le nostre produzioni in poliestere che arrivano dall’Asia) e uso la metafora della scimmia a scopo puramente strumentale.

Spesso quando siamo su un progetto, tendiamo a procrastinare il momento in cui mollare la palla perché qualcuno possa giocarla. Ci pare di doverla tenere ancora tra i nostri piedi, a volte la dimentichiamo perché siamo pieni di altre cose da fare. Cosicché alla fine , quando ci decidiamo (obbligati dal calendario) a lanciare la palla, realizziamo che il tempo per giocarla fino al successo è corto. E che parecchio ne abbiamo sprecato tenendo sulle nostre spalle una scimmia che era già pronta a saltare su quella di un altro (un collaboratore, un fornitore, un façonista, un impaginatore, un modellista…).

La tendenza a procrastinare (nel Medioevo era un peccato rappresentato simbolicamente dalla Cornacchia, chi di voi ha studiato filologia romanza dovrebbe saperlo) alcune azioni che in qualche modo ci mettono a disagio, ci dà breve sollievo nell’immediato, ma riempie di scimmiette le nostre spalle appesantendoci il cammino. Soprattutto in un mondo dai ritmi circadiano / contadini come la moda, scandita inesorabilmente dalle stagioni.

Quando sentiamo di avere sul tavolo un sospeso da cui dipendono le azioni di molti altri , dobbiamo dargli la priorità anche rispetto a progetti più importanti ma che possiamo gestire da soli. Questione di rispetto, ma anche di efficienza.

E’ più opportuno in alcune situazioni correggere una bozza e dare il via alla stampa che rivedere i numeri di budget. Il lavoro è più noioso e miserabile. Ma senza il catalogo stampato non venderemo le collezioni e non faremo il budget. E la stampa non la possiamo fare nei ritagli di tempo: una stamperia, i suoi tecnici, le sue macchine , stanno aspettando il nostro nulla osta per partire.

Io tendo a procrastinare regolarmente la revisione dei contratti (che odio visceralmente superate le tre pagine delle condizioni commerciali, perduta nelle fidejussioni bancarie, nei periodi di sell off, nelle cause di risoluzione espressa) con il risultato di tenermi sulle spalle un gorilla, ingombrante nel retro pensiero.

Gestire la nostra agenda non solo valutando le nostre disponibilità di tempo, ma considerando quelle di chi lavora intorno a noi, ha un potenziale straordinario nell’efficacia del nostro lavoro.

D’altra parte lo facciamo scientificamente ogni mattina, quando mettiamo il bollitore dell’acqua sul fuoco prima di apparecchiare la tavola. Quando mettiamo la bustina del the nella teiera prima di fare la doccia, in modo che l’infusione sia pronta quando infiliamo l’accappatoio e i biscotti sono già sulla tavola.

I 50 minuti tra la sveglia e l’uscita di casa, diventerebbero un’ora e trenta se non avessimo inanellato azioni dalla calcolatissima consecutio temporum (tra il the e la doccia immaginate il primo amorevole richiamo per svegliare il Fede e l’ultimo abominevole ruggito per fargli lavare i denti prima di uscire).

Dunque quest’anno cinese il buon proposito è quello di tenere sulle mie spalle solo le scimmie che dovrò gestirmi direttamente dall’inizio alla fine. Spostare le altre prima che diventino primati mi farà guadagnare tempo e stima da chi si troverà impegnato con il corretto anticipo.

Spostare tutte le scimmie sulle spalle degli altri, aimè, non è possibile: è roba da milionari inoccupati (pochi), poveri disoccupati (tanti) politici in altro affaccendati e manager inutili (QB).

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Trampolinodilancio oggi compie tre anni: un Diario, un Manuale, una Psicoterapia per sopravvivere felici negli anni più difficili del lavoro giovanile.

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PB  Gli anniversari, si sa, sono una occasione per tirare le fila. Le date simboliche una scusa per fare un bilancio, una scadenza che ci impone di fermare un momento la macchina e leggere i dati sul cruscotto. Sono un punto convenzionale nel flusso del tempo che permette di dare forma alla realtà e immaginarne la sua evoluzione.

Nel lavoro le scadenze paiono spesso una terribile seccatura, ma sono una opportunità per raggiungere gli obiettivi parziali in vista di una grande riuscita, per segnare le tappe intermedie e concludere piccoli passi in vista di più ambiziosi risultati che sarebbero irraggiungibili in una unica falcata.

Io e Paola, amiche da sempre, ci siamo trovate in questa avventura grazie alle nostre diversità e alle nostre affinità.

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Nono compleanno di Paola

Paola è una programmatrice, una che pianifica il micro tempo, una che calcola il ROI (ritorno sull’investimento) inconsapevolmente anche quando deve decidere in quale sera andare a Teatro, una iperattiva.

Paola si muove portando con sé tutto il necessario, caso mai una guerra nucleare la bloccasse in tangenziale: acqua (se c’è la coda e le viene sete?), le barrette di cereali (se le viene un attacco di fame?), le scarpe di ricambio senza tacco per guidare, un trolley di documenti che pare la scrivania della campagna di Russia di Napoleone. Sarebbe il perfetto testimonial per la Samsonite.

Io normalmente esco di casa al mattino pensando evangelicamente che la provvidenza mi aiuterà. Io non pianifico il quotidiano, sogno l’eterno. Senza contanti, senza benzina, con i sandali se nevica (non avevo guardato dalla finestra, ma stavano benissimo con la gonna di lana), con i tacchi se devo fare store check (era oggi che facevamo store check?) , dimenticando il caricabatteria e l’indirizzo dell’Hotel di Parigi.

Paola pensa di potere fare tutto se qualcuno ha scritto un manuale: se qualcuno può insegnare, lei può imparare. E normalmente impara.

Io quasi partorisco in ascensore perché Paola mi ha prestato un manuale allucinante su come scodellare un figlio (roba anni ‘70 da figli dei fiori, avrei dovuto capirlo dalle foto) di cui sicuramente mi è sfuggito qualche capitolo fondamentale e sono arrivata in ospedale all’ultimo minuto. Ho bisogno di un valletto, di una badante.

Paola sceglie. Io mi faccio scegliere.

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In Jugoslavia (c’era ancora)

In vacanza da ragazze, in una spiaggia di nudisti eravamo entrambe in imbarazzo: io perché non avevo il reggiseno, lei perché aveva gli slip.

Entrambe abbiamo una patologica incapacità di ricordare visi e nomi (l’incontro con gli ex compagni del liceo è normalmente una tragedia delle pubbliche relazioni, à la limite de l’impolitesse ) e una vivace memoria delle sensazioni, una capacità di sentire e ricordare l’odore della felicità e quello del disagio (Mantova: bellissimo! Carnevale all’oratorio: oddio! Matematica alle medie: che paura! Sauna: che noia!  Sciare: che favola! Il Teatro: batticuore!).

Paola legge molto, ma normalmente trova molto noiosi i libri che io ho adorato (Oblomov –titolo- da ragazzine, Moehringer – autore – oggi)

Paola è multitasking e digitale, io amo la carta e faccio una cosa per volta.

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Tornando dalla Grecia l’aria salina ci regala un indimenticabile look

La vita di Paola è una cucina fushion, la mia procede per microecosistemi.

Paola gioca a tennis tra gli ingegneri internazionali dell’Euratom, io adoro che in Val di Fassa si parli Ladino.

Entrambe abbiamo un unico figlio maschio. Tutti e due questi adorati pargoli vivono in un cloud che hanno inventato molto prima che lo pensasse la Apple. Come ha fatto anche Luca (onirico figlio di Paola) a prendere da me? È uno spunto per lo studio della transazione misteriosa del genoma per via affettiva.

Per Trampolino, Paola ha deciso di farlo e mi ha inseguita. Paola programma di produrre almeno un post a settimana e quando io latito da troppo tempo, batte un colpo.

Io normalmente mi dimentico di pagare la mia quota su Word Press di cui lei salda regolarmente, e in tempo, anche la mia parte.

Paola ha fatto quasi tutte le interviste del blog (inseguendo manager impegnatissimi, facendo editing, sbobinando registrazioni), io non sono neanche riuscita a intervistare un mio PM (Bonfi, se sei tra i miei lettori, sto parlando di te).

Paola ha tra i suoi studenti o collaboratori alcuni tra i nostri più divertenti contributori (Landi, Selmi, sto parlando di voi), ma io ho tra gli ex colleghi la più attiva commentatrice (la caustica e intelligente Giulia, donna di produzione con talento per la parola) e le mie amiche (Lidia, Simona, Susi) sono state un allegro pretesto per disegnare archetipiche figure di eroi del terzo millennio.

Entrambe abbiamo a piene mano usato i consigli dei nostri mentori (Marco Lombardi, Stefano del Frate, la Ghisla, Bosisio, Crespi, Fantò,  Domenico Dolce, Giorgio Armani…)

Da quando siamo partite il blog ha avuto 150.000 visualizzazioni, abbiamo scritto 266 post, abbiamo (mmm, ha fatto…) fatto 20 interviste , abbiamo un pubblico internazionale (Italia, Stati Uniti, UK, Germania, Svizzera, Francia…), ci seguono oltre 150 blogger.

Abbiamo forse, in anni che rimarranno negli annali come i più difficili dal dopoguerra per l’occupazione giovanile, contribuito a dare consigli, sorrisi, fiducia a ragazzi che amano il marketing e la comunicazione. A tenere il diario di tre anni di resistenza.

A me e a Paola rimane la sorpresa di avere creato uno strumento che, nato in un momento difficile, è diventato un blog di successo. Almeno un successo per noi che abbiamo la scusa per telefonarci ogni mattina.

A Trampolino gli auguri per il suo terzo compleanno.

A tutti i lettori il nostro affetto e i nostri consigli per riuscire nella vita professionale, forti di felici contaminazioni tra amicizia, cultura, lavoro, amore, differenze, ricicli, novità, empatia e felicità:  la ricetta non esiste, ma cercare la ricetta spesso porta al successo.

 

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Come e perché scrivere una to do list quotidiana

cropped-whats-on-my-to-do-list-todayPC Avendo un’irrefrenabile tendenza al multitasking, una bassissima soglia di noia, impegni lavorativi diversi che si sovrappongono e poca memoria sono da sempre costretta a redigere delle to do list, se voglio essere sicura di ricordarmi di fare tutto quello che devo (il tutto funziona ovviamente se poi mi ricordo di guardare la to do list, ma con il tempo ho imparato a metterla in posti molto visibili!).

Alcune liste assomigliano a pizzini che vengono scritti o completati sul divano alla sera prima di addormentarmi,  altre un po’ più raffinate sono segnate sulle note dello smartphone.  Entrambe riguardano solo quello che devo fare il giorno dopo. Ci sono invece delle versioni più strutturate che sono scritte e salvate sul pc e riguardano compiti più strategici e a lungo termine. Hanno compiti e ruoli differenti e sono per me altrettanto importanti.

Ecco alcuni consigli per la to do list quotidiana:

  • Segnatela su un supporto che siete sicuri vi possa seguire negli eventuali spostamenti del giorno dopo: i bordi del quotidiano che state leggendo o il retro di uno scontrino sono ad alto rischio di finire in pattumiera. Tenete quindi nei luoghi dove possono venirvi in mente le cose da fare il giorno seguente un blocchetto e una penna.
  • Al mattino unite i diversi appunti (quello che riporta la to do list del giorno prima, se non siete riusciti a svolgere tutto quanto previsto, quello scritto alla sera, quello appuntato sul cellulare) e decidete l’ordine di priorità. Tenete presente il fondamentale criterio che impone di fare non solo quanto è urgente ma anche quanto è importante. Se avete l’abitudine di iniziare a lavorare prima che comincino a suonare i telefoni, o arrivino i vostri capi, dedicate questi minuti di tranquillità ai lavori che richiedono maggiore concentrazione.
  • Cercate di organizzarla per assecondare il vostro modo di lavorare: se siete metodici, mettete tutte di seguito le mail che dovete scrivere o le telefonate che dovete fare; se amate variare, alternate compiti molto diversi. Ad esempio inserite dopo una lunga ricerca su internet una telefonata che vi permetta di alzarvi e sgranchirvi le gambe.
  • Per alcuni compiti potrà essere importante segnare l’orario: il cliente che fa il part time ed è disponibile solo al mattino, il corrispondente dall’altra parte del mondo che è contattabile solo quando è orario lavorativo anche sul suo fuso, il creativo che arriva dopo le 10 e va sentito o visto prima che si immerga in un altro progetto. Se quanto dovete fare è davvero urgente puntatevi una sveglia sul cellulare.
  • Preoccupatevi quando uno stesso compito viene ricopiato su una nuova to do list più di due volte, perché non siete ancora riusciti a svolgerlo: o state pretendendo troppo dalla vostra giornata, o state sottovalutando l’importanza di questo lavoro (magari perché non vi piace e quindi finisce sempre in fondo alla lista)
  • Concedetevi la soddisfazione di depennare man mano quanto avete fatto, ma ricordatevi che conta più la qualità che la quantità, quindi se avete cancellato molte cose dalla vostra to do list non significa necessariamente che abbiate fatto un buon lavoro.
  • Non stendete masochisticamente lunghissime liste per poi sentirvi depressi perché non siete riusciti a fare tutto. Siate realistici: se è improbabile che il giorno dopo riusciate davvero a finire tutti quei lavori, tralasciate quelli meno prioritari e meno urgenti, ma ricordatevi di inserirli nella lista a lungo termine (altrimenti rischierete di dimenticarvene!)

Nel prossimo post un’indicazione su come io mi organizzo per la lista delle cose da fare nel lungo termine, se avete qualche consiglio o best practice anticipatemeli, che le inserisco ben volentieri!

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Se nelle nubi vedi un dinosauro puoi fare il marketing

PB Quando gioco al Mercante in fiera (capita anche a voi il Natale pomeriggio? in concorrenza con la Tombola?) io non colleziono carte a caso: mi invento connessioni più o meno evidenti tra diversi disegni (compro carte vegetali o personaggi femminili o animali cornuti…)  immaginando tra loro legami non visibili a tutti. Gli altri giocatori non capiscono la mia determinazione nel lottare per alcune figure e la mia indifferenza per le altre. Niente acquisti compulsivi. Solo un disegno che io traccio con matita leggera. Di solito funziona. Memorabile (i miei nipotini sono ancora sgomenti) una vittoria con IL CANE (“le chien”, era un dalmata, testa di serie numero uno del mio gruppo di “animali maculati” in cui avevo raccolto anche la zebra e la tigre) nel match di Natale 2012.

Quando affronto un progetto (di qualsiasi tipo) mi piace sapere disegnare una via, una strategia che guidi le mie azioni.

Dopo avere lavorato (e ancora aimè dandomi da fare parecchio) in importanti aziende e per moltissimi progetti, ho scoperto che non è così importante il tipo di strategia che si sceglie per perseguire un obiettivo, ma il fatto di averne una, di non brancolare nel buio, di non confondersi in azioni incoerenti.

L’inizio di un lavoro (soprattutto nuovo) ci pone di fronte a molti elementi, a volte disordinati, senza gerarchia (i commenti di un agente aspirante stilista, i dati di mercato, i venduti della contro stagione, il fatto che quest’anno vi piaccia tutto quello che è verde e siate annoiati dall’animal print, l’aumento dei costi di produzione, la mancanza di risorse dedicate…), con messaggi spesso contraddittori tra loro.

Il rischio di non sapere dove andare a parare è alto (da dove comincio? chi ascolto?). La paura di sbagliare può paralizzare (abbasso i prezzi per rispondere a un minore potere di acquisto? O alzo a manetta i prezzi per vendere ai soliti ricchi – tanto quelli non mancano mai? Ottimizzo le sku producendo solo le taglie più vendute? O faccio solo le taglie marginali per essere leader della nicchia degli extra large?).

Sapete cosa funziona? Scegliere. Non scegliere la cosa giusta (in generale non esiste mai assolutamente una cosa giusta) ma semplicemente scegliere. E per scegliere bisogna saper vedere almeno una strada. Come quando si guardano le nuvole e si vede chiaramente un dinosauro o un’ anatra seguita dai cuccioli.

Non abbiate la fretta assoluta di agire, di dimostrare il vostro dinamismo (beh neanche sonnecchiate per settimane se il vostro periodo di prova è di 2 mesi…) se non avete ancora sentito un clic nel cervello che vi dice da che parte andare. Rimanete sdraiati sul prato a guardare le nubi, fino a che non vedete qualcosa.

Siete tagliati per il marketing se, di fronte all’entropia del mondo, riuscite a vedere concrezioni organizzate, riuscite a mettere ordine critico, a individuare il fil rouge che lega oggetti apparentemente estranei tra loro, ad avere una intuizione che vi trasporta quasi come una inevitabile corrente. Se nel cielo vedete solo nuvole forse nel futuro avrete più meteorologia che marketing.

Essere capaci dare la direzione, di segnare una rotta ha numerosi positivi effetti collaterali :

– si riducono i tempi decisionali

– si motivano i collaboratori

– si riduce l’ansia

– si tratta il paesaggio professionale come un campo di gioco

– si acquista fantomatico mistero (Franco Battiato docet)

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Meno mail, più qualità del lavoro

PC In questi giorni di Agosto sto lavorando, avendo fatto due settimane di ferie in luglio. La mia capacità di concentrazione, malgrado il caldo soffocante, mi sembra ferrariinsperabilmente alta. Credo che uno dei motivi sia che ricevo pochissime mail, perché la maggior parte dei colleghi e clienti è già in ferie, fisicamente o con lo spirito.

Non posso che condividere la scelta della Ferrari di porre un limite alle mail in ufficio. In particolare l’azienda di Maranello ha imposto di non avere mai più di tre destinatari per mail, una scelta dettata dal desiderio di evitare le mail mandate in CC solo per mettere a posto la coscienza con una prova dell’avvenuta comunicazione. In realtà molto spesso queste mail non vengono neppure lette da chi ne è letteralmente sommerso.

Un’altra abitudine negativa è quella di usare la mail per la pigrizia di alzarsi e andare a parlare con il destinatario che magari è nell’ufficio di fianco, oppure per evitare gli inevitabili convenevoli legati a una telefonata.

Anche skype spesso viene usato per evitare il rapporto umano, essendone un buon surrogato. Ieri parlavo con un’amica che si deve sobbarcare ogni giorno un lungo tragitto in auto per raggiungere il posto di lavoro: mi diceva che potrebbe benissimo lavorare in remoto da casa, visto che ha accesso dal suo pc al server aziendale e che la maggior parte delle comunicazioni con i colleghi avviene già adesso via skype, anche se sono tutti fisicamente nella stessa struttura!

Ovviamente si potrebbe, con un minimo di autocontrollo, evitare le  continue interruzioni per leggere le mail o comunicare via skype, ma se appartenete alla categoria
COMPULSIVO:chi legge le mail a tutte le ore del giorno e della notte, ovunque si trovi

e i vostri interlocutori appartengono in gran parte alle categorie

CORTESE: risponde a qualsiasi email, ingorgandovi la posta, con mail di risposta che contengono un semplice “grazie”, “grazie ancora”, “piacere mio”

RISPONDITORE: risponde immediatamente a qualsiasi mail e si aspetta che facciate lo stesso

Farete fatica a trovare la concentrazione di un agosto italiano nel resto dell’anno.

(per chi se lo fosse perso o lo volesse rileggere, trovate il post sui diversi modus operandi legati alle email a questo link).

 

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VERBA VOLANT

Giovanni Pico della Mirandola; portrait by an ...

Giovanni Pico della Mirandola; portrait by an unknown artist, in the Uffizi, Florence (Photo credit: Wikipedia)

PC Dopo anni di appunti forzati presi  sui banchi di scuola, sembra che i giovani maturino un rifiuto profondo per la necessità di segnare nero su bianco (a volte basterebbe anche nero su giallino post it) quanto gli si chiede di fare.

Con Marco Lombardi, con il quale insegno in Iulm, vediamo ogni 3 o 4 mesi i candidati interessati a svolgere una tesi con noi. Sono ragazzi che hanno eroicamente superato tutti i paletti messi sul loro cammino per selezionare solo i più convinti (la lettura di tutti i libri scritti da Lombardi, l’individuazione di un argomento interessante e innovativo ma al contempo sviluppabile, la dimostrazione di avere capacità di reperimento e analisi delle fonti). Questi tenaci finalisti espongono a Lombardi le loro idee, in parte già discusse con me:  lo scopo della riunione è avere la conferma che gli è stata assegnata la tesi. Ma ovviamente durante l’incontro Marco e io non ci limitiamo a dire: “Sì, mi sei piaciuto, per noi è sì”, come a un X Factor accademico, ma indichiamo tempistiche e testi da consultare, segnaliamo l’indirizzo mail del tutor che li seguirà, suggeriamo idee, spunti, collegamenti.

Il problema è che praticamente nessuno degli aspiranti tesisti si presenta  con un foglio e una penna (ma neppure con un tablet o un labtop). Quindi, sapendo che la probabilità che siano tutti dei Pico della Mirandola è limitata, finisco per prestare io una penna e fornire a tutti un foglio di carta.

In Young & Rubicam succedeva qualcosa di molto simile: soprattutto i più giovani entravano per espormi un problema senza niente su cui appuntare la risposta. Per questo avevo preparato sul tavolo riunioni una risma di fogli bianchi e un portapenne riempito di Bic a disposizione di tutti. In mancanza del già citato quaderno, mi guadagnavo almeno la sicurezza di non dover ripetere a breve quanto appena detto.

Il mio suggerimento è quindi di presentarvi sempre da una persona più senior di voi, che potrebbe avere qualcosa di utile da dirvi, almeno con foglio e penna. A livello inconscio gli trasmetterete la sensazione che siete interessati a quello che vi dirà – che in sé è già un ottimo risultato –  e in più non rischierete di fargli perdere tempo successivamente nel ripetervi quanto già detto.

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Le 8 qualità che deve avere un impiegato di successo

PC Trovo questo pezzo di Jeff Haden, apparso nella selezione di articoli che Linkedin mi ha mandato oggi, davvero interessante e adatto anche a chi lavori nell’ambito della comunicazione e del marketing. Haden riassume le 8 qualità che deve possedere un impiegato per emergere. Secondo lui gli impiegati che avranno successo sono quelli che:

  • vanno oltre alla job description con l’obiettivo di svolgere al meglio il compito che è stato assegnato;
  • sono un po’ eccentrici, diversi;
  • sanno quando lasciare da parte la loro eccentricità;
  • riconoscono il valore degli altri pubblicamente;
  • si lamentano invece in privato con il loro capo;
  • parlano quando gli altri sono in imbarazzo a farlo;
  • sono ambiziosi, ci tengono a dimostrare che gli altri hanno sbagliato sottositmandoli;
  • cercano sempre di migliorare quanto stanno facendo.

 http://www.inc.com/jeff-haden/the-8-qualities-of-remarkable-employees.html?utm_source=linkedin&utm_medium=socialmedia&utm_campaign=button

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Scripta manent

PB Appena assunta in un grande teatro milanese (ero al mio primo impiego) il Direttore di sala mi disse che avrei dovuto guardarmi dai foglietti volanti.

Pensando che – comunista e magro – potesse avercela con il prodotto delle multinazionali – liberiste e grasse – archiviai il consiglio come una faziosa chiusura all’uso del post it.

La stagione andava alla grande, soprattutto per lo spettacolo del trio Marchesini- Lopez –Solenghi che faceva esaurito tutte le sere. Io avevo il compito di “promuovere il pubblico” cioè vendere, con diversi mesi di anticipo, lo spettacolo alle associazioni culturali, alle scuole, ai Cral aziendali.

Essendo ancora il digitale cosa per iniziati, le sorti del Teatro erano legate a una matita rosso/blu (forse ne esistono ancora alcuni esemplari al Museo della Scienza e della Tecnica) e a una Smemoranda (agenda cartacea di sinistra) sulla quale io segnavo le prenotazioni.

I miei interlocutori erano variegati: una signora minuta e operosa organizzava le serate per tutto il suo condominio: uno di quei casermoni di periferia dove, tra le brutture dei parcheggi bui, era nata la passione per il teatro , meraviglioso sogno raggiungibile con un biglietto della metropolitana. Oppure i Cral delle assicurazioni , assidui frequentatori del venerdì sera, forse perché, facendo mezza giornata, avevano il tempo di passare da casa e cambiarsi prima di uscire.

In una serata da tutto esaurito, piantina della sala barrata di rosso e blu come un campo di battaglia, rinvengo sul mio tavolo un foglietto con la prenotazione della Biblioteca di xxx, presa probabilmente al volo, diverse settimane prima, mentre non ero al mio tavolo.

54 persone (pulmann sold out) di cui il 70% sciure uscite dal parrucchiere, con la pelliccia di visone a canne, la spilla d’oro a fermare il foulard, dopo almeno un’ora di viaggio (e settimane di attesa) stavano per arrivare in Piazza San Babila e io non avevo i loro posti.

Impossibile rimandare: il teatro era prenotato fino alla fine delle rappresentazioni. Impossibile rimborsare: le signore erano in viaggio, avrei dovuto pagare loro almeno tre sedute dall’analista, oltre a biglietto, viaggio e manicure.

Le sistemai sugli strapuntini senza schienale del corridoio centrale della sala, occupai i posti dei pompieri e del medico. Sistemai nelle barcacce a fianco del palco le sedie del bar.

Mi prostrai ai loro piedi confessando il mio errore e facendo un mea culpa che neanche  al ritiro spirituale della Prima Comunione.

Alla fine me la cavai (le sciure perdonarono, il capo apprezzò contrizione e reperimento posti dal cilindro, il Trio fu molto divertente) , ma da quel giorno sulla mia scrivania campeggia un quaderno a copertina rigida,  fogli a righe, rilegati con cucitura. Nessun blocco, nessun quaderno ad anelli, nessun foglietto volante.

Il quaderno è di dimensione media, non troppo pesante, sta in borsa quando viaggio, ha un elastico di chiusura. Mi segue nei piccoli viaggi (dal mio ufficio alla Sala riunioni) e in quelli più lunghi (ha più volte sorvolato l’oceano, ha girato per tutta l’Europa, conosce treni, aerei, automobili).

Il quaderno non è organizzato per argomenti (i fogli non si staccano, e per la classificazione ad argomenti esistono file, cartelle, faldoni, raccoglitori) ma segue il calendario come un Diario. Arrivata in Riunione (o nel punto dove vale la pena di registrare qualcosa) segno la data, il luogo, i partecipanti. E poi prendo appunti su cosa viene detto. A distanza di mesi posso ricostruire la genesi di un progetto, le intenzioni del capo, le obiezioni della produzione (la produzione obietta per definizione).

So dalle pagine del mio quaderno quante corone danesi costa un boxer di Bjorn Borg a Copenhagen, quante cravatte tinto in filo ha in vetrina Ferragamo in via Montenapoleone, quanti faretti si sono fulminati nei camerini dell’outlet di Vicolungo. Il che mi servirà poi per fare un listino prezzi per il nord Europa, per diminuire le cravatte stampate in collezione e per prevedere una illuminazione a basso consumo per i negozi.

 Naturalmente “il “ mio quaderno sono ormai moltissimi quaderni in fila su uno scaffale. Sono pieni di idee, pensieri, parole, incontri della vita professionale (da lì sono esclusi gli amici, le vacanze, gli affetti, la famiglia, il teatro, la musica, la bici, le ricette della nonna). Ma si capisce che è tanta roba. La vita insomma. O quel pezzo che viviamo per cinque giorni alla settimana, dieci ore di luce ogni giorno, undici mesi all’anno. Vale la pena di prendere appunti.

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