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“COSA CERCO IN UNO STRATEGIC PLANNER”. INTERVISTA A MICHAEL ARPINI, CHIEF STRATEGIC OFFICER TBWA\GROUP.

PC Ieri Michael Arpini ha fatto un intervento sulla Disruption durante una mia lezione al Master del Poli.design in Brand Communication. La platea era costituita da trenta potenziali futuri comunicatori, tra i quali negli scorsi anni il gruppo TBWA ha scelto stagisti per il reparto strategic planning, che Michael coordina.

Michael Arpini – Chief Strategic & Digital Officer TBWA Group

Ho quindi approfittato per chiedergli quali sono i criteri che utilizza quando seleziona un giovane planner. Sono emerse delle indicazioni valide in generale per capire se avete l’attitudine giusta per lavorare in un’agenzia di comunicazione.

Trampolinodilancio: “Quali caratteristiche deve avere un planner?”

Michael Arpini: “Si tratta più di un’attitudine che di preparazione tecnica: la preparazione si può imparare, mentre l’attitudine ha a che fare con tratti della personalità che sono difficili da plasmare anche a 23 anni.

Io cerco persone curiose, che come un bambino piccolo studiano, smontano e rimontano il loro giocattolo per capire come funziona.

Questa curiosità va applicata nel day by day. Dopo un po’ di tempo un planner vede insight ovunque. Come un antropologo del mondo moderno studia il modo con cui gli amici, i colleghi, i familiari si comportano. Va al supermercato e guarda cosa fanno le persone quando comprano il prodotto, usa i tool di social listening riuscendo a trarre da tanti dati un insight.

Un buon planner è una persona analitica che ha la capacità razionale di costruire dei percorsi.

Il ruolo dei planner sta cambiando, si apre il mondo della data strategy. Saranno sempre più fondamentali figure di data analysist che sappiano però anche trovare nei big data degli insight.

Un consiglio che posso dare è quello di fare cose anche lontane dal marketing classico: ricercare la varietà di stimoli, la diversità culturale, leggere tanti libri. Tra l’altro un planner dev’essere bravo a scrivere in modo da trasferire insight e copy brief al team creativo in modo ingaggiante e stimolante.

Infine, ricordatevi di non aver paura di sbagliare. Negli Stati Uniti viene addirittura premiato il fallimento, perché dimostra il coraggio di provare tante nuove strade.”

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Professione Strategic Planner. Ce ne parla Giovanni Lanzarotti Head of planning in Ogilvy & Mather Advertising

PC Per descrivere Giovanni Lanzarotti prenderò a prestito le parole con le quali Marco Lombardi, nel suo libro La creatività in pubblicità, introduce il pezzo che Giovanni ha scritto: ne traspare la stima di Marco per lui e si intuisce che persona intelligente e poliedrica è Giovanni, proprio come io penso debba essere uno strategic planner. “Lanzarotti è uno scrittore mancato di romanzi gialli, che ha iniziato in grande quantità durante gli anni delle scuole elementari, cucina ed è chiamato “chef” dalle sue figlie che lo aiutano ai fornelli, fa il portiere perché gli altri sono più bravi di lui con i piedi e hanno paura delle pallonate in faccia, pedala, amando insolitamente le salite, che non sono adatte alle sue caratteristiche, ma quello che vedi quando scollini vale centinaia di chilometri di pianura e quando riesce scrive e gira cortometraggi.” Di giorno è Head of planning in Ogilvy & Mather Advertising.colline-siena-1

Aggiungo che è una delle persone più simpatiche, autoironiche e divertenti che io conosca, ed è con piacere che gli chiedo un consiglio per chi vuole capire se ha le capacità e le attitudini per diventare strategic planner, perché sono sicura che non ci racconterà delle banalità.

Quali caratteristiche deve avere uno strategic planner?

Credo che la prima dote necessaria sia la capacità di ascoltare. Questo mestiere consiste nel fare incontrare le esigenze e le proposte di un’azienda/marca con i bisogni e le sensibilità delle persone. Se non si sta in ascolto, è impossibile avvicinare le due parti. Bisogna imparare a conoscere la storia e la cultura di una marca, bisogna capire come pensa e si comporta la gente. Ascoltando, senza pregiudizi e con la massima apertura possibile. E’ tutto qui, in fondo. Ascoltare e creare un dialogo tra realtà differenti. E ciò si applica anche al “fronte interno” in termini di processo: qui sono gli obiettivi di marketing che devono idealmente incontrare l’immaginazione creativa.

Un’altra caratteristica fondamentale, penso, è la flessibilità e la capacità di adattamento. Chi fa il planner facilmente si trova a lavorare per multinazionali sempre più strutturate dal punto di vista della dotazione di strumenti strategici formalizzati, che è necessario imparare a padroneggiare e applicare e contemporaneamente per piccole realtà, magari a forte impronta imprenditoriale, in cui la cultura di marketing e comunicazione è spesso poco sviluppata, se non addirittura mal vista (e l’aggettivo “pubblicitario” ha invariabilmente un’accezione negativa).

Terzo, la sintesi, intesa come capacità di riunire in un punto di vista semplice ma allo stesso tempo ricco e illuminante realtà multidimensionali e complesse.

Quarto, la disponibilità a cambiare idea. Anzi no.

C’è una particolare formazione che viene considerata indispensabile in fase di selezione di un giovane strategic planner?

L’esperienza mi dice qualsiasi. Oggi esistono molti corsi universitari che formano figure professionali orientate alla comunicazione: possono essere un buon punto di partenza per una formazione tecnica di base; per motivi biografici (io ho una laurea in Lettere Moderne) tendo a pensare che un orientamento umanistico possa costituire un piccolo vantaggio se non altro in termini di approccio generale allo studio e all’apprendimento a valle del percorso universitario, ma il poco che so l’ho imparato da un economista, quindi…

Quale aggiornamento culturale consigli a chi inizia questo mestiere?

Credo che oggi stiamo vivendo un momento di forte cambiamento in questo settore professionale. Il digitale è sempre più diffuso, ma mi pare che allo sviluppo delle tecnologie e delle tecniche di comunicazione non sia corrisposto un parallelo sviluppo dei modelli interpretativi sul funzionamento di questi nuovi mezzi. In altre parole, la TV perde di importanza come mezzo, ma il suo modello di influenza ancora non è stato sostituito da un “modello digitale”. Come faccio a vendere più detersivo con facebook? Mi pare che in verità non lo sappia nessuno, per via del fatto che i cambiamenti sono frenetici e la casistica limitata, per ovvi motivi. Trionfa l’empirismo, ancora. Dunque studiare e approfondire le conoscenze in questo campo può produrre un vantaggio nel medio periodo.

Accanto e connesso a questo tema, vi è quello dell’analisi: sempre più importante diverrà la capacità di padroneggiare ed estrarre valore dalla immane mole di dati che vengono prodotti quotidianamente.

C’è qualche suggerimento che vorresti dare a chi vuole intraprendere questa professione?

Leggi, cucina, viaggia, vai in bici più che puoi, nuota o corri, o gioca a calcio, studia, vai al cinema, fai delle foto ma non usare Instagram, impara a fare almeno tre cose nuove ogni anno, ascolta la musica, non ti stancare mai di scoprire cose nuove. Non scherzo. Dovrebbe distoglierti da questa insana tendenza. Se proprio non passa, manda un CV. Nel frattempo avrai fatto cose molto utili.

Cosa apprezzi di più in un colloquio a un futuro strategic planner?

Mi piace una ricca e variegata lista di hobby e interessi, oltre che di lingue conosciute. Questo è un mestiere in cui essere curiosi e appassionati è fondamentale.

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INTERVISTA A STEFANO DEL FRATE, GENERAL MANAGER ASSOCOM

PC Stefano Del Frate è la persona dalla quale, nella grande bottega di Young &Rubicam, ho imparato il mestiere dell’account. Negli anni siamo riusciti, complice anche una forte empatia, a fare una buona manutenzione della nostra amicizia (vedi post di Patrizia) e del nostro rapporto professionale. Dall’ultima volta che l’ho intervistato è cambiato il suo punto d’osservazione sul mondo dei giovani e del lavoro: Stefano è ora infatti direttore generale dell’Assocom, l’associazione che riunisce i principali attori nell’ambito della comunicazione. Inoltre mantiene un costante rapporto con le nuove generazioni, dato che è docente al Politecnico e in Iulm.

Stefano Del Frate, General Manager Assocom

Stefano Del Frate, General Manager Assocom

Gli ho quindi chiesto di dirci, dal suo osservatorio privilegiato, quali sono le prospettive per i giovani nel settore della comunicazione, e se ha senso entrare in un comparto che, com’è stato recentemente affermato, rischia nei prossimi 5 anni di perdere il 30% della propria forza lavoro.

Stefano Del Frate: Quello della comunicazione è, per definizione, un settore giovane. Uno dei problemi che sta creando grossi problemi al comparto è la gestione dei costi fissi. La comunicazione è radicalmente cambiata e stanno cambiando le professionalità che la compongono. Gli strategic planners devono diventare degli intercettatori di punti di contatto con gli individui, on top della loro capacità di generare dei validi brand concepts. Che poi questa figura venga più facilmente dall’ambito creativo o da quello media, è ancora tutto da vedere.

I creativi non spariscono di certo, ma devono significativamente cambiare i loro modelli di sviluppo per riuscire ad allargare il loro campo d’azione ad un settore digitale che viaggia più veloce della nostra capacità di aggiornamento.

Ho voluto fare due esempi per far capire che se le persone che sono attualmente nelle agenzie non si adeguano al cambiamento, sono destinate ad uscire e a trovare grandi difficoltà di ricollocamento.

La popolazione media delle agenzie è invecchiata con il modello condiviso della pubblicità tradizionale. Questo crea per le agenzie un eccesso di costi e una non adeguatezza rispetto alle esigenze dei clienti, che si aspettano consulenza vera dalle agenzie. Questa situazione probabilmente è alla base delle affermazioni catastrofiche di riduzione di impieghi nel settore. Io rimango convinto che il settore è strategicamente sempre più necessario per le aziende e che le persone che escono saranno sostituite da persone nuove, più giovani, più motivate, più preparate sulle nuove tecnologie, a costi inferiori.

Quali caratteristiche deve per forza possedere un giovane per entrare nel mondo della comunicazione?

SDF Dico sempre ai miei studenti che saranno tanto più interessanti per il mondo delle agenzie, quanto più saranno in grado di diventare portatori di innovazione, creatività ed entusiasmo.

Paradossalmente i giovani sono già abbastanza conservatori nelle loro scelte: tutti sono in Facebook. Ma pochissimi sono in Twitter e non sanno neanche cosa siano LinkedIn e Pinterest. Se il futuro ruoterà interno ai social networks e al mobile, chi meglio di loro potrebbe innovare in questo settore?

Se i modelli più avanzati sono all’estero devono andare a trovarseli e studiarli. Se no li dovranno inventare loro.

Quali qualità o competenze danno una marcia in più in un settore così competitivo?

SDF Il digitale, per sua natura, offre la possibilità di misurare le attività con calcoli precisi sui ritorni degli investimenti. Devono quindi smetterla di avere paura della matematica. Se prima si parlava in Power Point, oggi coi clienti si parla in Excel.

Il mercato è ormai globale e se non si padroneggia bene almeno una lingua, preferibilmente l’inglese – almeno fino a quando il cinese non monopolizzerà il commercio internazionale – non si potrà gestire neanche un bar.

Il talento individuale deve essere messo al servizio della squadra. Ci sarà sempre meno spazio per talenti egotici e solitari. Alla fine la gestione delle relazioni e della leadership diventeranno skills sempre più importanti e richiesti.

La curiosità è la porta da cui passa l’innovazione. Sono perplesso quando incontro dei giovani che mi dichiarano la loro passione per la comunicazione e non sanno rispondermi quando gli chiedo che cosa fanno per nutrire questa loro passione.

Cosa fa e farà Assocom per aiutare i giovani talenti?

SDF Assocom, nel bene e nel male, rappresenta tutto il comparto. Cerchiamo quindi di fornire gli strumenti di aggiornamento per impedire l’uscita del 30% che paventavamo prima. Abbiamo quindi iniziato un serio programma di formazione e aggiornamento, che vede nella digitalizzazione del mercato i suoi ambiti più importanti.

I giovani hanno la possibilità di specializzarsi, prima dell’ingresso nel mondo del lavoro, nei nostri master di secondo livello, quello in Brand Communication con il Politecnico di Milano e il primo Master per la Formazione di Digital Specialist, con Alma, dell’Università Cattolica. Questi giovani dovrebbero trovare opportunità di stage e di lavoro presso le nostre agenzie associate.

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INTERVISTA A LAURA BIAGINI, STRATEGIC PLANNING DIRECTOR IN YOUNG & RUBICAM

PC  Se penso a quelli che ce l’hanno fatta mi viene in mente subito Laura Biagini, che ho conosciuto in Young & Rubicam quando era la giovanissima laureanda e stagista di Marco Lombardi, nel reparto planning e ricerche. E non solo perché ha fatto una bellissima carriera, che l’ha portata in pochi anni a dirigere quel reparto, ma perché ha sempre caparbiamente lottato per fare quello che le piaceva fare. Essendo bella e socievole, a più riprese le è stato proposto di lavorare nel reparto account, quasi che fosse sprecata a studiare marche e trend di mercato in una posizione che è più di back office. Laura ha sempre declinato con diplomazia e gentilezza, anche quando l’implicita minaccia era che così non avrebbe fatto carriera. Non è stato così e sono felice che sia riuscita a coniugare lavoro e passione.

Questa scelta le ha anche permesso di coniugare il lavoro in Young & Rubicam con lo  studio prima e la docenza poi in Iulm; una sinergia di interessi nata dall’incontro con Marco Lombardi, come ci ha raccontato  quando le abbiamo chiesto perché pensa di essere stata scelta al suo primo colloquio e che cosa ha fatto la differenza: “Quando mi sono presentata al mio primo colloquio di lavoro non pensavo che lo fosse. Mi spiego: ero andata a un ricevimento dal professore con cui stavo facendo un corso in università. Era un corso di pubblicità, tenuto da quello che ancora non avevo capito essere una delle maggiori autorità italiane sul planning strategico: la verità è che, nonostante il corso, non mi era proprio chiarissimo che cosa facesse un planner. In quell’occasione ricordo di averlo bombardato di domande. E con il senno di poi temo di averlo preso per sfinimento: a un certo punto credo che gli sia venuto in mente che era più semplice offrirmi uno stage. Di lì a qualche settimana sarebbe diventato, per molti anni a venire, il mio mentore in Young&Rubicam.”

Trampolinodilancio: “Cosa ti è servito di più nel primo anno di lavoro?”

Laura Biagini: “Il fatto di non avere paura di mostrare carattere, l’avere trovato il modo di dire la mia e di potere esprimere un parere anche di fronte a persone con molta più esperienza: soprattutto all’inizio credo che nessuno dall’altra parte si aspetti che una persona sappia trovare tutte le risposte giuste, bensì che sia propositivo nel provare quantomeno a cercarle, a volte addirittura anticipando le domande. Di certo è necessario che l’ambiente in cui ci si trova (quello che io ho sempre trovato in Y&R) favorisca questo atteggiamento. E se così non fosse beh, il mio invito è quello di cominciare subito a cercare altrove.”

Trampolinodilancio: “Cosa ti ha insegnato il tuo primo capo?”

Laura Biagini: “Tre cose:

1)“sbaglia solo chi fa” (riferito al fatto che fare errori è normale quando uno lavora e che trovare soluzioni agli errori fatti da noi o da altri fa parte del gioco)

2)”quando un aereo precipita l’unica persona che non va in panico è il pilota”(potrebbe essere un corollario di quello sopra: nella difficoltà l’importante è non rimanere passivi come farebbe un   “passeggero” bensì prendere il controllo di quello che sta accadendo, sforzandoci di gestire le cose anziché farsi travolgere)

3) “del maiale non si butta via niente” (riferito alla gran mole di lavoro che viene prodotta in un’agenzia pubblicitaria spesso apparentemente destinata ad essere cestinata, archiviata, inutilizzata ma che prima o poi, per qualche gara, per qualche cliente, per qualche richiesta urgente dell’internazionale o del tuo AD torna buona: ergo MAI svuotare completamente il cestino dei file cancellati!)”  

Trampolinodilancio: “Cosa ti ha insegnato il capo che consideri tuo mentore?”

Laura Biagini: “Che in un mestiere dove quello che conta è l’immagine bisogna sforzarsi di non essere superficiali: può sembrare un paradosso ma un’intuizione è valida non tanto quando è spiazzante e originale bensì quanto più è fondata su dati oggettivi.”

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