Archivio mensile:giugno 2012

Edoardo Nesi spiega perchè i giovani sono l’unica via d’uscita dalla crisi

PC La Rivista on line Gli Amanti dei Libri ha recentemente intervistato Edoardo Nesi, e partendo dal suo ultimo libro – Le nostre vite senza ieri (vedi post del 30 marzo)- il giovane intervistatore gli ha chiesto di commentare la situazione dei giovani, che non solo si trovano a vivere le difficoltà odierne che non hanno avuto nemmeno la libertà di favorire, ma se ne sentono pure kafkianamente colpevolizzati! Ne “Le nostre vite senza ieri” lei propone delle strade che loro possono percorrere e che si fondano sull’indebitarsi.”

Edoardo Nesi: “E’ veramente una cosa insopportabile questa e penso che voi giovani dovreste veramente incazzarvi per questa situazione. Io lo sento dir spesso: questi giovani non hanno voglia di far nulla, questi giovani non hanno iniziativa, questi giovani sono deludenti. Chi dice questo compie un atto non solo di miopia, ma di estrema ingenerosità. Chi sa bene le cose, sa che dagli anni ’50 fino all’inizio degli anni ’80 erano tempi in cui era, diciamo, facile fare impresa. Perché c’erano tre cose fondamentali per far prosperare un’impresa: un mercato per i propri prodotti, il più grande possibile; la possibilità di ottenere credito bancario, non per forza a tassi bassi perché da sempre l’industria italiana è riuscita a crescere anche con tassi alti; un clima positivo in Italia verso l’impresa. E’ impensabile pensare che il debito sia un marchio d’infamia. Il debito è una componente irrinunciabile di ogni economia. Non c’è quasi azienda al mondo che non abbia un debito da restituire. Il debito è il modo in cui un’azienda può finanziare le idee dei giovani, coloro che oggi meritano e non hanno. Purtroppo, si è spezzato il meccanismo secondo cui si finanziavano le idee di chi meritava e non aveva. E’ questo il problema. Leggevo stamattina quello che ha detto Draghi (n.d.r.: il giorno prima dell’intervista a Nesi, Draghi ha espresso la convinzione che la crisi ha colpito soprattutto i giovani e la necessità di non sprecare il capitale umano che essi rappresentano se si vuole condurre l’Europa intera a una ripresa economica). Io il libro gliel’ho mandato, ora non so se l’abbia letto! I giovani sono l’unica via d’uscita. Non ne esistono altre. Le aziende che oggi esistono sono guidate da settantenni, così come da settantenni è guidato il nostro paese. Queste aziende probabilmente hanno già dato quello che dovevano dare. Ora, c’è bisogno di aziende completamente nuove. Ma questo è un meccanismo antico. Noi siamo stati fermi per 20 anni e non abbiamo compiuto niente di tutto ciò che serviva e che nella storia dell’economia è sempre avvenuto. E’ sempre stato normale per le aziende il fatto di essere rigenerate dall’arrivo di aziende, prodotti, idee nuove.”

Condivido in pieno questa analisi e credo che solo aiutando i giovani a entrare nel mondo del lavoro possiamo davvero sperare di costruire un futuro migliore per tutti.

L’intervista completa a questo link: http://www.gliamantideilibri.it/archives/8560

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Bernini cerca un Digital Art Director per Bitmama e ci svela come deve essere.

Paulo Bernini, direttore creativo Bitmama

PC Che bello collegarsi a Linkedin e scoprire che un amico scrive: “I’m hiring”. Bello per più motivi: perché in questo periodo qualsiasi accenno di ripresa è confortante e perché sono sicura che chiunque avrà la possibilità di lavorare con Paulo Bernini ne uscirà arricchito, sia professionalmente che umanamente.

Paulo, direttore creativo di Bitmama insieme a Maurizio Sala (che abbiamo già avuto il piacere di intervistare), è infatti un concentrato di vitalità brasiliana e cultura italiana. E in più ama lavorare con i giovani talenti e trasferir loro la sua passione per la comunicazione digitale – non a caso insegna Digital Art Direction alla Scuola Politecnica di Design.

La persona che cerca è proprio un Digital Art Director, che dovrà lavorare nell’ambito fashion/luxury/ design e avere esperienza e spiccata capacità nella produzione grafica di interfacce per il mobile e il mondo web.

Il candidato lavorerà in  un team multidisciplinare, insieme a figure come graphic designers, copywriters, information designers, digital marketing strategists, e risponderà alla direzione creativa in progetti nell’area fashion/luxury/design, lavorando sia con brand italiani che internazionali. Dovrà conoscere le ultime tendenze nel mondo della grafica e delle nuove tecnologie, e ovviamente il mondo dei softwares della grafica: photoshop, illustrator, indesign.

Paulo stesso è un Digital Art Director, abbiamo quindi approfittato per fargli qualche domanda che ci permetta di capire meglio che caratteristiche deve avere questa figura professionale, oggi molto richiesta.

Puoi dirci quali tappe sono state fondamentali per la sua formazione di Digital Art Director?

Paulo Bernini: Soprattutto nel digitale, l’art ha bisogno di due front molto sviluppati, e ha bisogno di saper coniugarli molto bene:

– una è la conoscenza del contesto del canale – sia tecnica, dal punto di vista di quali sono le possibilità che il digitale, che vive in costante cambiamento, permette, e sia culturale, rispetto al ruolo del digitale nel contesto in cui si sta progettando – e il suo impatto nella vita delle persone.

– l’altra è la conoscenza del contesto culturale: indipendentemente dal digitale, sei un art! Devi saper coniugare le tue capacità creative con il contesto spesso complesso che è il canale, la tecnologia, il primo punto.

Da questa dialettica nasce la bravura.

Trampolinodilancio: Cosa ti ha insegnato l’esperienza in Giappone?

Paulo Bernini: Dal punto di vista professionale: avere pazienza e saper gestire il contesto. Imparare a vivere le differenze (compreso il fatto che io sia stato esposto – involontariamente –  a un contesto lussuosissimo, per cui è stato una differenza in più da imparare!), e fare di queste differenze leve per cose nuove.

Dal punto di vista personale: imparare a stare da solo. Ho compiuto 30 anni da solo a Tokyo, in una giornata gelida di gennaio, e per 24 ore non ho detto nessuna parola: sono andato al tempio zen nei Giardini Imperiali e ho attaccato ai rami di un albero un desiderio scritto sul pezzettino di carta, come fanno i giapponesi. Può sembrare triste, ma per me è diventato un ricordo unico, speciale. 

Trampolinodilancio: Quale rapporto deve avere un Digital Art Director con l’arte e la cultura?

Paulo Bernini: Nel ruolo Digital Art Direction c’è la parola Art. C’è la parola Director. Direi che arte e cultura sono la materia prima di questo professionista.

Trampolinodilancio: Infine quali consigli potresti dare a un giovane che voglia iniziare questa carriera?

Paulo Bernini: Se vuole fare il digitale, deve capire che c’è tanto lavoro anche manuale, anche ripetitivo… per far funzionare automaticamente il digitale ci vuole dietro l’artigianato dei pixel.

Una volta digerito questo concetto, bisogna tornare alle idee, che nel digitale possono venire da chiunque… 

Bisogna anche capire che l’art direction digitale non ha nulla a che fare con l’idea di art direction tradizionale pubblicitaria, che esiste da più di 50 anni. Non ci sono ancora canoni stabiliti, è un campo nuovo, molto più fruibile, che richiede un approccio mentale diverso, più cooperativo: sul digitale non ha senso il ruolo dell’autore, ma sì dell’attore: sono tanti, insieme. Perciò bisogna rispettare la tecnologia, che ti permette di esprimerti.

Per ulteriori dettagli sulla ricerca di personale e per inviare il cv: http://www.linkedin.com/jobs?viewJob=&jobId=3183018

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Aiutati che Dio ti aiuta.

PC Di questi tempi cercare un lavoro può sembrare ai giovani una battaglia alla Don Chisciotte, come afferma Marco  Croci nell’articolo della Prealpina che ha scritto ieri su Trampolinodilancio, ma il fatto che la situazione sia molto difficile non deve giustificare comportamenti irrazionali e battaglie inutili, come quelli del celebre cavaliere errante.

Mai come in questo momento i giovani devono far percepire il loro talento ed emergere dalla massa, dimostrandosi propositivi, concentrati, efficaci. Non sempre è così.

Il professore al quale chiedete una tesi di laurea può essere uno dei  vostri  primi paladini: eppure, quando faccio delle semplici domande in seguito a una mail di richiesta di tesi, generalmente passano dei giorni prima che io riceva una risposta. Capisco che la posta elettronica per un giovane abituato a comunicare con facebook non sia un’abitudine quotidiana, ma l’impressione che io ne traggo è di scarso interesse.

Mi è anche successo che – alla seconda mail che ci scambiavamo – una studentessa (mai vista di persona) mi abbia scritto “grazie della dritta” in risposta a un’indicazione di testi per la bibliografia. Non sono una persona particolarmente formale, ma secondo voi mi sentirei di raccomandare a un mio cliente una stagista che magari lo apostroferà con questa disinvoltura?

Qualche giorno fa (tra l’altro dopo aver scritto il pezzo sulla lettera di presentazione) ho ricevuto una mail che negli allegati aveva:

  • Una lettera di presentazione intestata a “Gentile responsabile del personale”. Ci voleva molto a informarsi se la p. del mio indirizzo mail stava per Paolo, Pietro o Piersilvio? O a sapere che una piccola agenzia difficilmente ha un ufficio del personale?
  • Un cv che inspiegabilmente pesava 1 mb (il che può creare grossi problemi a chi ha già la casella della posta ingorgata da allegati mastonditici e magari si trova in viaggio per lavoro)
  • Una foto denominata “fotorossa”, perché il candidato indossava una camicia rossa, che non riportava quindi il nome del candidato (da archiviare nelle foto pantone?)

Un altro candidato mi ha scritto se poteva mandarmi il cv, avendolo già inviato a più di 1000 altre strutture senza successo, gli ho risposto di farlo sicuramente, perché spesso mi capitano richieste di stagisti da parte dei miei clienti. Non me lo ha mai inviato. Avrà finalmente trovato un lavoro? O forse c’è un motivo per cui in nessuna delle altre mille strutture l’hanno mai assunto?

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Quelli del marketing se la tirano. E fanno bene

Cynar and Cynar Original

Cynar and Cynar Original (Photo credit: Wikipedia)

PB  Ultimamente,  parlando con il responsabile delle risorse umane di una nota azienda di moda italiana, si argomentava  di quanto in questo periodo di contrazione dei consumi, le ricerche del personale si siano focalizzate su figure commerciali piuttosto che di marketing.

Le aziende puntano su azioni di tattica per aumentare (o mantenere) i loro ricavi, piuttosto che spendere in fumosi – e costosi –  strateghi da collocare all’ultimo piano.

E un po’ non hanno torto se pensiamo che a creare lo stereotipo del fighetto del marketing che se la tira hanno contribuito molti personaggi più o meno inutili che assomigliano agli “stilisti milanesi”  parodiati da Elio nella pubblicità del Cynar. Simpatici a volte, ma sempre personaggi di contorno, che fanno colore e contribuiscono all’arredamento della show room quando tutto va bene e i budget paiono infiniti. Ma davvero non è più tempo (quando mai lo è stato?) di un marketing che si esaurisce in un Power Point e nella produzione di gadget originalissimi e carinissimi.

Eppure mi sento di difendere la professione. Quella vera e piena di contenuti. Che è vitale e non deve stare al terzo piano ma in ogni ingranaggio della macchina aziendale.

Se gli imprenditori italiani credono che essere strategici sia un lusso che oggi non possono permettersi sbagliano, e la sorte delle loro aziende  è la prova vivente dei loro errori.

Scegliere se puntare sul livello di servizio, sulla facilità di accesso (un negozio Intimissimi in ogni centro storico o commerciale d’Italia) o sull’esclusività, l’aspirazione a fare parte di un mondo ideale (Abercrombie, solo a Milano, solo con la coda), conoscere il valore del proprio marchio o del proprio prodotto, individuare quello che vuole un consumatore (un uomo può volere un parcheggio comodo fuori dal Brico, una ragazza una gamma infinita di smalti turchesi in piccolo formato da Kiko), intuire una opportunità e saperla cogliere, avere il naso per capirla quando non ci sono i dati e i tempi per saperla, non è un valore accessorio, non sono solo cavoli del brand manager. Sono quello che fa vivere e pulsare un’azienda.

Quindi se il marketing è solo di facciata e ignora il mercato, i fatturati, le idee e la intelligenza, non ha ragione di essere, non più di un centrino di pizzo in fondo alla madia. Ma se è quello vero, se si occupa dei prezzi sapendo che sta costruendo un posizionamento di brand (ma non ignora le esigenze di cassa), se si occupa di stile (ma sa che non tutti hanno 20 anni e pesano 48 kg) , se stampa un catalogo (ma non desidera abbattere una foresta per realizzarlo), allora è quel lavoro per cui vale la pena avere studiato, letto , viaggiato, chiacchierato, capito.

Quando questo tipo di markettaro incontra uno delle vendite, uno di quei draghi “che saprebbero vendere un frigo al polo nord” con il nodo grosso alla cravatta, allora dentro il suo cuore un po’ se la tira. Per me fa bene.

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DUE PROGETTI DI FORMAZIONE DAL TAGLIO INNOVATIVO

PC Il vulcanico Maurizio Goetz, che mi parlava già di digitale quando io pensavo si riferisse all’orologio senza lancette, ha creato due nuovi progetti per giovani e meno giovani che sono insieme interessanti e rivendibili sull’asfittico mercato del lavoro.

Maurizio affianca infatti all’attività di partner di innovActing, divisione della società CSE-CRESCENDO, l’impegno come docente all’Università di Milano Bicocca e all’Università IULM. Proprio in Iulm è nato l’anno scorso il Social Media Marketing Master, che si pone come obiettivo quello di formare figure professionali di alto livello specializzate nella progettazione, pianificazione e verifica di attività di comunicazione, di PR e di marketing per i media digitali e gli ambienti del Web 2.0.

Altrettanto innovativo è il neonato MTM EXECUTIVE, un progetto di Alta Formazione per il Turismo dell’Università IULM, che offre corsi Executive per gli operatori del turismo con l’obiettivo, ci dice Goetz, “di insegnare come progettare il turismo come esperienza. In particolare vengono indagate le connessioni tra immaginario, esperienza e ricordo.”

 L’industria del turismo subisce, come tante altre, grandi trasformazioni come la disintermediazione, relazioni commerciali più flessibili, l’emergere di nuovi soggetti competitivi, la moltiplicazione delle offerte e la contrazione della domanda di viaggi. Si impongono quindi l’apertura al cambiamento e l’impiego di strumenti manageriali innovativi.

Maggiori dettagli su scuolacomunicazioneiulm.it. Per chi volesse approfondire l’argomento,  Maurizio ha scritto insieme ad Andrea Rossi anche un libro – Creare offerte turistiche vincenti con Tourist Experience Design, edito da Hoepli –  che scompiglia con una ventata di novità il panorama un po’ statico dei libri sul turismo.

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Digital trends e Wikibrands in un convegno allo Iulm

PC Il simbolo dell’incontro che si terrà in Iulm il 13 giugno, dalle 17.00 alle 18.30, è un omino che toglie la striscia bianca dal cartello rosso di senso vietato. Un gesto che invita ad abbandonare una convenzione, non aver paura della follia e aprirsi a soluzione creative inaspettate, proprio come fa la comunicazione digitale.

L’opera dello street artist Clet Abraham aiuta anche a sottolineare che ormai c’è un doppio senso di marcia: se McLuhan scrivesse oggi, probabilmente sosterrebbe che The people are the message.

Nell’incontro verranno ripresi i contenuti del saggio Wikibrands, recentemente pubblicato in Italia a cura di M. Lombardi con Franco Angeli, che attraverso una vasta analisi di casi di successo ci invita alla normalizzazione post digitale.

In questa direzione è andato anche l’ultimo festival SXSW del marzo 2012. La sezione interactive del festival è il punto di incontro più avanzato in ambito web. L’elemento più rilevante che è emerso è l’invito a realizzare progetti caratterizzati da:

  •  semplicità,
  •  bellezza,
  •  responsabilità.

Tre parole chiave, dopo anni di caos nel quale molti marchi hanno rischiato di perdere la loro identità,  che ricordano i classici principi dell’advertising.  

Sarà molto interessante per i giovani talenti, ma anche per i professionisti del settore, ascoltare gli interventi di Guido Di Fraia (coordinatore indirizzo laurea magistrale in Digital Marketing Management), Matteo Sarzana (direttore generale VML, Y&R Brands), Marco Lombardi (presidente Y&R) e capire le opportunità che offre il digitale per liberare il nostro lavoro da eccessive convenzioni senza ritrovarsi però nel caos.

Il convegno “Identità nel caos: Wikibrands e digital trends” è organizzato dalla Iulm – laurea magistrale in marketing, comunicazione e consumi, indirizzo in Digital Marketing Management – con la collaborazione di WPP, Y&R Brands.

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Gli spunti di ispirazione di un mitico copy writer anglosassone

PC Marco Lombardi mi ha segnalato, su un bollettino della IPA UK, una sezione dedicata a Dave Trott, mitico copy writer, nel quale il creativo indica programmi, siti e blog dai quali trae ispirazione. Alcuni spunti sono interessanti ma relativamente prevedibili – come il fatto che Trott segua le conferenze di TED (http://www.ted.com/)e legga il New Yorker. Più sorprendente il fatto che legga tutte le mattine i titoli del Sun, che sono tuttavia degli impattanti esempi di sintesi (come il titolo di un articolo relativo al leader di una rock band diventato donna: “Never mind the bollocks”) dai quali un copy writer può imparare molto.

Non perdetevi la storia della prima guerra mondiale raccontata come una rissa in un bar e quella della seconda guerra mondiale raccontata come uno scambio su facebook, splendidi esempi di storytelling.

 http://www.ipa.co.uk/page/dave-trottcst-the-gate-on-top-fodder-for-pub-type-conversations

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In medio stat virtus

English: THE KREMLIN, MOSCOW. President Putin ...

English: THE KREMLIN, MOSCOW. President Putin being interviewed by the Italian newspaper Corriere della Sera. Русский: МОСКВА, КРЕМЛЬ. Интервью итальянской газете «Коррьере делла сера». (Photo credit: Wikipedia)

PB  Leggo sul Corriere della Sera del 18 maggio un articolo che riprende un pezzo di Sue Shellenbarger (editorialista del Wall Street Journal) sulle cinque tipologie di impiegati ammazza- riunioni: il Dominatore, il Complottista, il Divagatore, il Burlone, lo Scettico.

Articolo divertente e estremamente realista come ben sanno coloro a cui spesso è toccato partecipare a interminabili e inconcludenti riunioni di lavoro.

Nello stesso tempo però, come per i farmaci che sotto dosati sono inutili, sovra dosati avvelenano e nella giusta dose guariscono, anche queste tipologie umane infestanti hanno in nuce gli elementi che, nella giusta dose, fanno funzionare le riunioni e le aziende.

Il Dominatore, velenoso quando è prepotente e non lascia spazio alla espressione degli altri, è salubre quando tira le fila, ha la ledership e l’autorevolezza per trascinare la squadra. Non c’è nulla di peggio di riunioni che cominciamo quando si vuole, finiscono per stanchezza o perché è ora di pranzo, hanno un ordine del giorno disatteso e prendono direzioni variabili secondo il tempo o gli umori dei convitati.

Il Complottista, che a fine riunione vaticina la catastrofe alla macchinetta del caffè e lo Scettico che lancia dubbi epocali quando la soluzione pare ormai trovata, in piccole dosi sono quelli che mettono in luce i rischi e i punti di debolezza dei progetti, promuovendo lo sviluppo di piani di sostegno e messa in sicurezza nella previsione di possibili contrarietà (pioggia in caso di party all’aperto, brufolo sulla punta del naso la mattina del colloquio , sciopero dei mezzi pubblici il giorno degli esami)

Il Burlone e il Divagatore, non lasciati a ruota libera come se fossero sul palcoscenico di Zelig, possono allentare la tensione, cortocircuitare discussioni improduttive e consentire una visione periferica che può arricchire lo scenario con la percezione anche dei segnali deboli. Una battuta divertente è in grado di arrestare una sterile polemica da cui pare non si riesca a uscire. Un intervento che pare fuori tema può cambiare la prospettiva e far intravvedere un orizzonte migliore.

Io dovrei accompagnarmi con Scettico perché sono stucchevolmente ottimista (e anche piuttosto pigra), quindi non porto il cerotto in borsa anche se ho le scarpe nuove, non ho mai l’acqua in automobile perché tanto ci sono gli autogrill e non ho i contanti tanto c’è la carta di credito (una volta a Parigi ho perso il volo di rientro a Milano perché non avevo denaro per pagare il taxi, ero in ritardo perché non avevo previsto il traffico del venerdì sera in uscita dalla città, non avevo verificato che la macchina che avevo prenotato fosse dotata del POS: quanto ho desiderato in quel momento avere dentro di me almeno un piccolo pezzo di  Complottista!)

E voi siete in grado di dosare ciò che avete in abbondanza (per non essere indigesti) e di cercare nei colleghi e nei compagni di viaggio ciò che vi manca (per non essere insipidi)?

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