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Auguri a Trampolinodilancio e a tutte le donne

PC Oggi Trampolinodilancio compie due anni! L’anno scorso Patrizia faceva gli auguri a Trampolino e a tutti quelli che ci sono saliti, perché volassero lontano. Spero siano stati  di buon auspicio per i lettori come lo sono stati per Patrizia e me, che, con grande entusiasmo ma anche con molta fatica, abbiamo tenuto in volo Trampolinodilancio, gratificate dai tanti blogger che ci seguono, dai fan su facebook, dai follower su Twitter, da tutti quelli che evidentemente trovano utile e interessante quello che scriviamo. Oggi voglio fare gli auguri in particolare alle donne che come Patrizia e me usano il web per esprimere una parte della loro personalità e capacità che nel lavoro o nella vita quotidiana sarebbero sacrificate.

Social_Network PROFILI DONNE

Vi invito a leggere la divertente ricerca che ha commissionato l’amico ed ex collega  Roberto Fuso Nerini di  The Vortex sulle Donne sul Web e scoprire in quale profilo vi riconoscete 

maggiormente: siete una Donna Twitter o una Donna Linkedin? Patrizia e io siamo sicuramente delle Donne Blogger, proponiamo di aggiungere la categoria alla ricerca!

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Creativo sì, animale da cavia NO!

PC In questi giorni si parla molto dell’ingiusta pratica che spesso riguarda i freelance creativi, ai quali sembra essere più facile (con la scusa di un’ipotetica visibilità) negare quel  giusto compenso  che nessuno si sognerebbe di non dare a un giardiniere, un antennista o un idraulico,. Molto efficaci i video che hanno generato in poco tempo una maggiore sensibilità al tema (Creativo sì, coglione NO!).brain-mostra-milano_1228353

Un problema molto simile lo vivono gli stagisti, che frequentemente non vengono pagati con la promessa di una full immersion formativa nel mondo del lavoro, che spesso si limita invece a mera manovalanza dalla quale, anche con le migliori intenzioni, è difficile trarre un reale beneficio.
Ciò nonostante il numero di stagisti per qualsiasi posizione all’interno di un’agenzia di comunicazione è sempre molto superiore alla domanda. Per questo si affinano le modalità di selezione del personale, che diventano addirittura un modo di ottenere visibilità mediatica per l’agenzia.
Mi ha colpito il metodo usato da TBWA Istanbul, segnalato da Fabiana sul gruppo facebook creato dagli studenti di Communication Strategy e Media Planning dello Iulm. Si tratta dell’applicazione delle tecniche del neuromarketing alla selezione del personale: tutti i candidati sono stati sottoposti alla visione di alcuni spot iconici della storia della pubblicità mentre un apparecchio misurava la reazione delle diverse aree del loro cervello. I 5 (su 503!) Che hanno avuto la più elevata reazione di attrazione e amore per le pubblicità sono stati selezionati.
Dal punto di vista del selezionatore trovo che questa tecnica scientifica (molto di moda adesso anche nel testare le pubblicità) non sia da sola sufficiente a capire le vere attitudini creative di un giovane, e andrebbe integrata con un indispensabile colloquio vis à vis. Ma ho voluto sentire il parere di chi si trova dalla parte del candidato.
C’è chi è favorevole e lo ritiene un metodo comunque migliore che “ andare a guardare il voto di laurea o le risposte alle domande del colloquio, spesso calcolate e imparate come una filastrocca, solo per fare bella figura! “ (Fabiana)
Chi vorrebbe essere selezionato  in questo modo “perché trovo che spesso il curriculum venga pompato da esperienze che solo alcuni possono permettersi, come ad esempio esperienze all’estero di stage, lavoro o per apprendere una lingua. Temo che in questo modo vadano avanti soprattutto le persone che hanno buone disponibilità economiche. Il tipo di selezione “strambo” proposto da queste aziende/agenzie è basato sulle inclinazioni naturali della persona e sulle sue passioni. “ (Marissa). Chi è intrigato dalla novità dell’approccio, ma dubita della sua reale scientificità (Francesco).
Altri invece sono contrari all’approccio e ritengono che sia più che altro un’azione mediatica. “Mi sembra difficile pensare come possano valutare dei candidati sulla base di quali parti del cervello si accendono in seguito ad uno stimolo. Non è ancora una scienza esatta e come si sa, i risultati sono frutto di vaghe interpretazioni. Figuriamoci fare un confronto fra più candidati sulla base di informazioni che ancora gli scienziati non sono del tutto capaci di interpretare. Comunque, se mi proponessero una cosa del genere domani credo che dubiterei molto sull’intenzione dell’azienda di assumermi.” (Matteo) “Trovo umiliante la supervisione delle tue connessioni cerebrali conseguenti a certi stimoli perché è fuori dal controllo dell’individuo e credo sia perciò sia mortificante fidarsi più di automatismi che del contributo attivo di una persona, mentre per i test logici se non sei portato puoi allenarti, dimostrando oltretutto determinazione, propensione al duro lavoro e orientamento al risultato.” (Lysbeth).
Sono d’accordo che in qualunque situazione vada apprezzata la volontà di migliorarsi tanto quanto il talento innato, ma uno degli assunti sul quale poggia questo tipo di selezione è che il cervello di un creativo funzioni in modo differente rispetto agli altri, come illustra, attraverso una serie di metafore, questo efficace video (segnalato da Sara) intitolato “Process”.

Su questo argomento ha scritto molto e bene Annamaria Testa nel suo blog nuovoeutile.it. Voi cosa ne pensate?

p.s. per la redazione di questo post non avevo budget, ma ho taggato gli studenti che hanno contribuito.

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Intervista a un famoso direttore creativo inglese che racconta anche i suoi primi passi

PC Trampolinodilancio sta acquisendo una sorta di redazione, formata da persone affezionate che ci segnalano articoli interessanti (come quello di cui sto per darvi il link), ci scrivono contributi o addirittura si propongono come collaboratori dall’estero.

blog creative brief

blog creative brief

Comincio con il ringraziare Marco Lombardi per avermi segnalato questa intervista a un guru della pubblicità apparsa su un blog con l’intrigante nome di “creative brief”, dal quale i giovani ,creativi e non solo, potranno sicuramente trarre anche altri utili spunti per il loro lavoro.

Ecco il link dove la trovate http://www.creativebrief.com/blog/2011/06/15/market-leader-interview-adrian-holmes-international-creative-director/

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Dalla moto all’ufficio: due consigli per inserirsi in un nuovo ambiente lavorativo

PC In questi giorni andando in moto sulle Alpi francesi ho fatto due sonori starnuti ed entrambe le volte ho portato la mano davanti al casco, compiendo un gesto inutile, ma per me  talmente automatico da farlo anche quando indosso un casco integrale.sorriso

La cosa mi ha divertito, ma mi ha anche fatto riflettere:  la moto è infatti per me una sorta di yoga durante il quale la mente vaga liberamente, complice il fatto che – essendo un semplice passeggero dietro a mio marito che guida – l’unico impegno che mi viene richiesto è quello di assecondare le curve ed evitare di dare testate al suo casco, quando il cambio di marcia è più strappato del consueto.

Ho quindi riflettuto che ci sono dei gesti che ci vengono talmente inculcati quando siamo piccoli che poi diventano per noi totalmente automatici, e che vorrei che sorridere a chi ci sta parlando, o anche semplicemente a chi incrociamo in corridoio, diventi uno di questi gesti automatici per tutti quelli che iniziano a lavorare.

Un sorriso è infatti un modo di dimostrare disponibilità verso gli altri, che in un giovane si traduce con apertura a imparare, rispetto per le altre persone, socievolezza: in poche parole un bel sorriso vi presenterà come una persona con la quale è piacevole lavorare.

Se state facendo un colloquio di lavoro il sorriso sarà una delle prime cose di voi che il selezionatore noterà: un fatto da non trascurare visto che come Oscar Wilde ha scritto con la solita arguzia“Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta” (un grazie a Giovanna, la mia tesista che sta lavorando sul tema del Personal Branding, che me lo ha recentemente ricordato).

Nello stesso giro in moto mi è poi successo di salutare con un breve gesto tutti i motociclisti che incrociavamo: un segno di riconoscimento e di appartenenza che solo quando ho iniziato ad andare in moto ho scoperto che praticamente tutti i motociclisti praticano.

All’interno di questa macrocategoria di saluto c’è poi l’abitudine che dalla Francia si è diffusa in tutta Europa di salutare il motociclista che si è appena sorpassato sollevando la gamba destra e allungandola (l’effetto assomiglia parecchio a quella di un cane che fa pipì, tanto che la prima volta che ci è successo, molti anni fa, mio marito e io abbiamo pensato che fosse un gesto di sfregio, come a dire: “Tiè, ti ho sorpassato, lumaca che non sei altro”!).saluto 2

Nel pigro vagare della mia mente, intervallato solo dai frequenti saluti con i motociclisti, ho avuto modo di pensare a quanto sia importante imparare i gesti e i microgesti che aiutano un neoassunto a diventare rapidamente parte del suo nuovo ambiente lavorativo. Ci sarà l’azienda in cui è un rito prendere a una certa ora il caffè, e a quel punto il mio consiglio è di berlo anche se si odia la caffeina o ripiegare sulla bevanda al gusto di latte che qualsiasi macchinetta offre in alternativa. Si scoprirà che nella pausa alla macchinetta del caffè vengono spesso rivelate molte più cose che durante l’intera giornata lavorativa.

Essenziale anche capire a chi si può dare del tu: nelle agenzie di pubblicità in generale si dà del tu subito a tutti, ma in altre realtà è un privilegio che bisogna guadagnarsi. Sarà fondamentale comprendere il più presto possibile come comportarsi per non apparire più a lungo del dovuto dei pesci fuor d’acqua.

In generale, proprio come noi in moto in Francia la prima volta che ci hanno salutati dopo un sorpasso, se siete nuovi in un’azienda osservate cosa fanno gli altri per imparare la cultura di quell’ambiente e cercate di imitarne il comportamento.

E se invece già lavorate, se ne avete voglia, raccontateci quali comportamenti contraddistinguono il vostro ambiente in modo che chi sta entrando ora nel mondo del lavoro possa partire avvantaggiato da qualche consiglio utile.

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Miseria e Nobiltà. Seconda puntata

PC Susi ha gentilmente accettato di raccontarci gli sviluppi della sua situazione lavorativa, così pittorescamente descritta da Patrizia nel post Miseria e Nobiltà. Precaria di qualità.la danse

Miseria e Nobiltà. Precaria di qualità. Si intitolava così il post che raccontava parte delle mie stravaganti vicende lavorative e che ho apprezzato al punto da inserire il link nel mio curriculum. Poi ho pensato che avrei voluto io stessa scrivere un seguito, magari arricchirlo degli altri innumerevoli lavoretti che hanno contraddistinto la mia carriera, come l’incontro con un fantomatico Io Mimmo Manager, così mi si presentò al colloquio, che mi proponeva una specie di lavoro di piazzista diretto di giocatoli: inizio settimana si consegnavano personalmente ai negozi e verso la fine si passava a riscuotere o a ritirare. Non accettai!

Poi mi sono domandata come tali aneddoti potrebbero interessare giovani, talentuosi e non, in cerca di belle speranze. Ebbene, ho trovato la risposta.

Tante cose che mi sono successe in passato mi sono parse orribili, alcune anche divertenti, ma un senso appropriato lo hanno acquistato solo con il tempo. Sono convinta oggi che niente ci succeda per caso e che da ogni avvenimento dobbiamo riuscire a trarre un insegnamento affinché sia sempre una esperienza, per quanto possibile, positiva.

Qualche giorno fa, invece, al posto dei soliti stolti, ho conosciuto un personaggio importante e interessante del panorama italiano delle agenzie di selezione e la nostra avvincente chiacchierata, scoprendo interessi comuni, mi ha fruttato anche un paio di colloqui per un posto estremamente ambito di Responsabile Comunicazione di una Fondazione. Purtroppo, nonostante io sia sicura che la mia candidatura fosse interessante, il committente ha deciso di non inserirmi nella ristretta rosa di candidati che avrebbe incontrato.  Posso ipotizzare tante motivazioni e sicuramente fra queste quella che sono innumerevoli i professionisti di talento in cerca di lavoro. Un’altra è che la sede non era nella città in cui vivo: nessun problema per me trasferirmi, ma posso anche comprendere un punto di vista che privilegi candidature nostrane. Possibili anche ipotesi meno nobili relative alle numerose raccomandazioni che potrebbe muovere un posto prestigioso. Allo stesso tempo ho anche dovuto ammettere che io stessa, in diverse occasioni, ho raccomandato qualcuno, e sempre in buona fede, convinta di favorire l’incontro tra domanda e offerta.

La morale quindi! Sempre quella: fai merenda con … nutella, che una buona dose di zuccheri risolleva l’umore dato che questa volta ci avevo proprio creduto. Il consiglio, se posso, a un giovane in cerca di lavoro: non farsi mai deprimere dagli eventi. Prima o poi tutto acquista un senso e ogni esperienza è utile alla nostra crescita. Non importano età o formazione.

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Lavorare studiando: utile e adesso più facile

PC Il nuovo decreto per il lavoro prevede che i giovani universitari e anche gli iscritti alle scuole tecniche e professionali abbiano la possibilità di passare del tempo in azienda venendo sovvenzionati dallo Stato, se hanno una buona media universitaria e sono al di sotto di una certa soglia di reddito.

How you spend your 20s define your identity-Forbes

How you spend your 20s will define you-Forbes

Questa iniziativa riconosce un valore al fatto di lavorare mentre ancora si studia, valore del quale sono profondamente convinta.

È un tema che ha  recentemente affrontato  Annamaria Testa in un interessante post sul suo blog nuovoeutile.it, ricordando che durante un sondaggio svolto tra gli studenti del suo corso in Iulm era emerso che chi aveva già avuto delle esperienze di lavoro in parallelo allo studio otteneva dei risultati migliori all’università.

Sia Patrizia che io abbiamo lavorato per quasi tutto il periodo universitario, ed entrambe ne abbiamo sicuramente tratto dei vantaggi. Nel mio caso è fin troppo facile dire che mi è stato utile, visto che sono riuscita a entrare a 23 anni in Young & Rubicam, grazie a una borsa di studio che l’Assocom di allora metteva a disposizione dei giovani.

Il fatto stesso di dedicarmi in parallelo alle due attività permetteva di vedere in modo diverso sia le materie che studiavo in università, che i compiti che dovevo svolgere in agenzia, non tanto per le singole nozioni, quanto per l’acquisizione di un approccio mentale più ampio ed elastico.

Ma mi sono state altrettanto utili alcune esperienze totalmente diverse, anche saltuarie, come la vendita di libri durante la fiera campionaria (parenti e amici costretti ad acquistare a prezzi esorbitanti titoli che non avrebbero mai comprato in condizioni normali, pur di garantirmi la soglia minima sotto la quale non sarei stata pagata)e le lezioni di pianoforte a bambini svogliati e senza orecchio musicale. Con la prima ho dimostrato a me stessa che la timidezza poteva essere vinta grazie alla determinazione, con la seconda ho imparato la dote della pazienza (non tanto nel sopportare i bambini poco dotati, quanto nel gestire le aspirazioni delle mamme frustrate).

Credo che il vero vantaggio risieda nell’acquisire una certa dimestichezza a confrontarsi con altre persone dal punto di vista professionale: gli psicologi dell’analisi transazionale  direbbero che si impara a relazionarsi con i propri colleghi e superiori pariteticamente da adulti, non come bambini che temono il giudizio del genitore.

 

In più, come sottolinea un libro appena uscito – The Defining Decade di Meg Jay-  che consiglio ai più giovani (per gli altri il rischio è solo di avere dei rimpianti!) i vent’anni sono l’età in cui si crea il proprio capitale di identità (in questo articolo di Forbes una sintesi).

Quindi il mio consiglio è di approfittare delle nuove opportunità messe a disposizione della legge (speriamo presto) e in generale di cominciare lavorare appena possibile, un appello che rivolgo non solo ai giovani lettori ma anche ai loro genitori, che a volte inspiegabilmente considerano degradanti o dispersivi alcuni “lavoretti” che i ragazzi fanno durante gli anni dell’università. Siete dello stesso parere?

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CINQUE CONSIGLI DI ALDO GRASSO PER LA TV CHE VALGONO ANCHE PER LE PRESENTAZIONI

PC Sul Corriere di Venerdì Aldo Grasso dà dei consigli (non richiesti) ai grillini che dovranno andare in tv per cercare di rimediare ai risultati insoddisfacenti delle ultime amministrative. Mi sembrano cinque spunti molto utili anche per chi deve organizzare una presentazione efficace. listen

1. attirare l’attenzione degli spettatori con l’uso di immagini, creando quasi degli oggetti mentali. Evitare astrattezza, ragionamenti astrusi e paroloni;

2. evitare la gergalità: spesso si cerca di nascondere la paura di parlare in pubblico dietro alla sicurezza data dal riciclare frasi fatte e semplicismi;

3. evitare la monotonia. Aggiungere coloriture, esempi, usare il linguaggio del corpo, sottolineare con i gesti (pochi ma efficaci) quanto si sta dicendo;

4. concentrarsi su pochi concetti. La memoria del pubblico (come quella del vostro cliente o superiore al quale presentate un progetto) è limitata. Troppi concetti non fanno che confonderlo. Meglio ripetere, in modo sempre diverso e accattivante, i pochi concetti che si vuole trasferire;

5. avere qualcosa da dire. Troppo spesso si va da un cliente o un superiore senza una vera soluzione al problema che si doveva affrontare, e neppure la migliore esposizione può supplire alla mancanza di contenuti.

Infine Aldo Grasso aggiunge – ed è secondo me la regola più importante di tutte – che “non bisogna essere, o almeno non dimostrare di essere, indifferenti alle sollecitazioni degli interlocutori. Le contestazioni, le puntualizzazioni, le manifestazioni di diversità vanno accettate di buon grado.”

Come mi consigliava pochi giorni fa un amico: se sei preoccupato su come comportarti in una riunione con un nuovo possibile cliente perché vuoi dare un’ottima impressione, non pensare a cosa dovrai dire per apparire la persona ideale per quel progetto, ma concentrati sull’ascoltare cosa ha lui da dire a te.

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Prospettiva generazionale sul lavoro

7043c34ebcd4afc47ccfe1f77a86450bPC Trovo adorabile questa foto che gira su Facebook. Sono molto coinvolta in quanto grande fan di Kevin Bacon fin dai tempi di Footloose, visto con entusiasmo adolescenziale anche se dal punto di vista anagrafico non lo ero già più, e ritrovato recentemente nell’avvincente The Following. E la trovo purtroppo molto vera nella prima parte, perché la sensazione generale è proprio che manchi denaro, speranza e lavoro in ogni generazione, sia tra i miei coetanei baby boomer (esclusi solo i fortunati già in pensione, che però si ritrovano ad aiutare figli e nipoti), sia tra la generazione X, sia ovviamente tra i giovani della Generation Y.

Non credo però che non esistano più persone in grado di iniettare energia, idee, dinamismo nella società e nel mercato del lavoro come ha fatto Steve Jobs. Ed è più facile che queste persone siano proprio tra i giovanissimi Y. Per questo penso che sia indispensabile che almeno loro non perdano mai la speranza che Cash e Jobs arrivino meritatamente, in particolare a chi dimostra spirito di iniziativa e adattabilità.

 

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