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Sei un Millennial? Alcuni suggerimenti su come affrontare con successo il mondo del lavoro.

PC Sei un Millennial? Se hai tra i 18 e 35 anni di età la risposta è sì, ed è probabile che il lavoro sia in questa fase una priorità importante nella tua vita. Ecco alcuni suggerimenti su come ottenere il successo nella sfera lavorativa, raccolti tra vari studiosi che hanno approfondito l’argomento.milennial-2

  1. Creati una reputazione, perché il titolo di studio non basta più. Per farlo ecco alcuni must:
    • Mantieniti costantemente aggiornato sui temi vicini al tuo lavoro (questo è particolarmente vero per chi non ha in quel momento un’occupazione e rischia che le sue competenze diventino velocemente obsolete)
    • Usa i social media, in particolare Linkedin, per costruirti una reputazione, ad esempio condividendo riflessioni e scoperte sul tema del quale ti occupi (o vorresti occuparti)
    • se lavori non aver paura a chiedere e assumerti maggiori responsabilità sul posto di lavoro, ti farai la fama di un persona proattiva e potrai mettere in luce aspetti del tuo carattere e della tua preparazione che sarebbero rimasti nascosti
  2. Pensa che vivi in un ambiente liquido, all’insegna del cambiamento, dove nessun lavoro è “per sempre”. La ricerca di un nuovo lavoro dev’essere continua, la capacità di resilienza massima e la disponibilità a percorrere nuove strade sempre presente.
  3. Non rimanere senza fare niente: piuttosto che restare a casa pensa se c’è la possibilità di realizzare un’attività imprenditoriale, se ci può essere un lavoro non retribuito ma vicino alle tue aspirazioni (per lo meno contribuirà a costruire la tua reputazione). Fai del volontariato: in particolare se scelto in un ambito affine al lavoro dei tuoi sogni  questo aiuterà chi ti deve selezionare a capire che sei una persona energica e volenterosa, e ti permetterà di ottenere degli insight utili su quel settore.Millennials-infographic
  4. Non crearti l’alibi dello studio: non puoi inanellare tre o quattro diversi diplomi di master per tenerti occupato, anche se hai la fortuna di una famiglia che se lo può permettere
  5. Ricordati che è probabile che chi ti assume sia un baby boomer ex figlio dei fiori ma oggi molto attento alla forma: valuterà, sia in sede di colloquio che nei primi mesi di lavoro, come ti vesti, come ti esprimi, come e dove scrivi (meglio decisamente una mail a un messaggio su facebook)
  6. Considera il network un’altra priorità quotidiana. Mantieni i contatti senza risultare stalker, per esempio aiutando gli altri a trovare un impiego, dato che prima o poi verrà il tuo turno di essere aiutato da chi ti sarà grato per quello che hai fatto per lui (sono convinta che se fai del bene nel lavoro questo ti ritorna sempre).
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Il lavoro del futuro? Elena Sacco ci racconta cosa è emerso all’evento Job Future

11201180_1203700366312761_6010311211212588405_nPC Abbiamo chiesto a Elena Sacco, Direttore IED Management e Comunicazione Milano, di raccontarci cosa è emerso durante l’evento Job Future, che si è tenuto giovedì sera alla sede dello Ied.

Elena Sacco: “L’evento Job future aveva l’obiettivo di conoscere i nuovi orizzonti nelle professioni della comunicazione.

Abbiamo avuto una registrazione record di 144 partecipanti su Eventbrite ed in sala circa 100 partecipanti. Senza dubbio il tema era di grande interesse non solo per gli studenti ma diversi opinion leaders e il TG di La7Gold ha intervistato il parterre.

Per noi e’ stato molto interessante leggere i nuovi scenari con i protagonisti di questo mestiere e alcuni learnings sono fondamentali per poter anche adeguare la nostra offerta formativa nella direzione del mondo del lavoro. Una considerazione su tutte: la rinascita dei contenuti con la professione di content manager e copywriter sempre piu’ richiesta. Per fortuna siamo stati in grado di leggere questa tendenza in anticipo e abbiamo gia’ i secondi anni del Triennale che possono scegliere la specializzazione in Content/Copy e l’anno prossimo potranno affrontare il mondo del lavoro! Mentre abbiamo lanciato i corsi part-time di Digital Editor e Content&Copywriting per dar modo a chi già lavora di accrescere le proprie competenze.”

All’evento hanno partecipato Simona Maggini, CEO YOUNG&RUBICAM Italia/VMLSilvia Mauri, HR Director WE ARE SOCIALMaggie Priori, Brand Manager ROBERTO CAVALLIClaudio Burchi, Account Director FUTUREBRAND e Alicia Lubrani, Head of Consumer Communication SAMSUNG

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DOPO I 50 ANNI C’È ANCORA SPAZIO PER DARE UN TAGLIO

PC L’agosto a Comabbio – il paesino tra due laghi dove vivo da quando è nato mio figlio – riserva piacevoli sorprese: una di queste è la bella mostra dedicata a Lucio Fontana, l’artista che qui ha passato gli ultimi anni ed è morto nel 1968.fontana

La mostra raccoglie una serie di litografie donate dalla moglie Teresita al Comune di Comabbio e gli scatti fotografici di Gian Barbieri che ritraggono Lucio Fontana negli anni 1967/68 quando si trasferì definitivamente da Milano a Comabbio.

Ascoltando un documentario dedicato dalla Rai all’artista, che il curatore della mostra Massimo Cassani, ha abilmente recuperato e rimontato, ho avuto una seconda sorpresa: Fontana ha cominciato a fare i “tagli”, la tecnica che più di tutte lo ha reso celebre in tutto il mondo, a 59 anni, quando era già un artista molto apprezzato.

L’ho sentito come un bell’invito a continuare a sperimentare nuove strade per me e tutti i miei coetanei che dopo i 50 anni si ritrovano spesso a ripetere nel lavoro routine acquisite da tempo o che si accontentano di situazioni comode che però non li soddisfano pienamente.

Per chi fosse interessato, ecco tutti i dettagli sulla mostra.

Lucio Fontana ha vissuto e lavorato a Comabbio nella casa ancora esistente ed a Comabbio si spense nel 1968. Per rendere omaggio all’illustre artista e per creare un punto di riferimento anche a Comabbio, l’Amministrazione ha deciso di intitolare la sala mostre e convegni  nel nuovo edificio di proprietà del Comune, sorto al posto della vecchia cooperativa, a Lucio Fontana.

In occasione dell’inaugurazione dell’edificio è stata allestita una mostra fotografica e documentaria dedicata all’artista con l’avvallo della Fondazione Lucio Fontana di Milano, il patrocinio della Regione Lombardia e del Padiglione Italia di Expo Milano 2015. Oltre a interessanti documenti riguardanti l’attività dell’artista, a testimonianza delle numerose esposizioni allestite nei più importanti musei e gallerie d’arte del mondo, sono esposti scatti fotografici di Gian Barbieri che ritraggono Lucio Fontana negli anni 1967/68 quando si trasferì da Milano a Comabbio e una serie di litografie donate dalla moglie Teresita Rasini al Comune di Comabbio.

Orario apertura mostra: sabato e domenica 10.00-12.00 e 17.00-19.00

Per informazioni telefonare al numero 0331968572 oppure mandare una mail al seguente indirizzo:

demografici@comune.comabbio.va.it

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Di quanto convenga ogni tanto alzare la testa dalla scrivania.

PB Nell’ ultimo mese, per una serie di motivi personali e professionali, son stata un po’ in giro. Ho guardato poco la posta e molto la vita.

  •  è stato il mio compleanno. Per tradizione io e la mia gemella – ça va sans dir: è anche il suo compleanno – a maggio ci regaliamo una giornata da turiste nella nostra città. Sostanzialmente sfioriamo luoghi dove viviamo e lavoriamo ogni giorno , ma cambiamo orari e occhi. Portando a riparare una mia borsa nel negozio di Dolce&Gabbana di via della Spiga abbiamo scoperto che hanno il calzolaio interno. Bello. Il calzolaio, intendo. E lo spuntino all’orto botanico di Brera (si entra dall’Accademia, l’orto è lì dal 1700 e non lo avevo mai visto) è stato un incanto.
  • Sono andata, in un giorno di sole, al lavoro in bicicletta (22 km) mettendoci quasi lo stesso tempo che nell’ora di punta impiego con l’automobile. Con aumento di consumo calorico (il giro vita mi è grato per l’iniziativa), di produzione di endorfine (i miei collaboratori sono contenti anche loro) , di visione della città (l’alzaia del Naviglio: una palestra en plein air; i lavori sulla Darsena: finiti; i canottieri che vogano sull’acqua: una delizia per gli occhi)
  • Sono andata a Parigi e tra un impegno e l’altro ho visitato l’Opera Garnier (che era vicino all’hotel) con il bellissimo soffitto di Chagall, il palco n°5 – quello del fantasma dell’Opera – le prove (gli orchestrali stavano accordando gli strumenti proprio mentre siamo entrati) e un book shop meraviglioso per l’assortimento di libri , dischi, spartiti e per il merchandising scintillante (anche un po’ commovente con le coroncine di piume, i tutù, le ballerine con le punte…), zero chincaglieria.
  • Ho visto il tennis a Roland Garros, il tempio della terra rossa. Sotto la Tour Eiffel una palla da tennis gigante, ché tutta la città è coinvolta. Nelle vetrine dei negozi i riferimenti al torneo. Visitando il villaggio Hospitality , ho visto lo stand di FEDEX, dove lavora un’amica, costruito come se fosse la cabina di un aereo, compreso il carrello delle bibite e i finestrini alle pareti: una elegante e giocosa festa dello sport, dove gli spettatori rimangono a bocca aperta quando si apre il sipario. E si sentono appagati e allegri, colmi di buone sensazioni quando il giorno si chiude e si torna a casa più ricchi di prima, defluendo tranquilli tra sconosciuti che hanno qualcosa in comune con te.
  • Ho visto la tele in albergo dove un tale spiegava la sua App in grado di mettere in contatto, nel suo quartiere, quelli disposti a prestarsi oggetti indispensabili ma dall’uso saltuario (trapano, scala telescopica, decespugliatore) con il vantaggio di spendere meno, consumare meno e tessere nuove relazioni con il vicinato.
  • In aeroporto pianoforti a disposizione degli avventori mi hanno reso l’attesa all’imbarco molto gradevole, dato che un giovane pianista ha approfittato dello strumento. Sulla rivista Parisworldwide, che sfogliavo ascoltando il pianista, ho visto la pubblicità di un sito (dayuse.com) che offre camere di hotel durante il giorno. Per fare una doccia o una siesta  (o l’amore?) nei migliori alberghi della città mentre brilla il sole, con il 75% di sconto rispetto al costo della notte.

Questi pochi giorni  fuori dalla routine, con zero stress e molti momenti apparentemente improduttivi (aspettare un volo, girare per negozi, vedere un match di tennis, pedalare sul Naviglio, entrare in un teatro durante le prove) sono indispensabili e molto fruttiferi per renderci creativi ed efficaci quando torniamo in circolo. A volte basta solo cambiare punto di osservazione per avere uno sguardo nuovo sulle cose: – provate a fare il tragitto casa-lavoro con un mezzo diverso, in un momento diverso, con occhi diversi. – prendete nota delle cose curiose, interessanti che vi capita d osservare, anche se apparentemente non paiono avere un uso immediato: dal foyer di un teatro può venirvi l’idea per una iniziativa con i clienti. – non sentitevi in colpa se, anche per lavoro, vi capita di divertirvi: a volte succede. – il relax non è necessariamente solo sul divano: trovate il tempo di bighellonare, di buttarvi laddove è la vita, di uscire con una scusa ma senza un piano preciso e il vostro orizzonte si aprirà ben oltre il coffee table.

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Rivalutare l’artigianato come sbocco lavorativo. Intervista a Francesco Cordani di Samsung

PC Questo blog nasce per dare consigli ai giovani talenti che vogliono lavorare nel marketing e nella comunicazione perché questo è quello che Patrizia e io ci sentiamo di poter offrire: dopo aver accarezzato durante l’adolescenza l’idea di fare le scrittrici o le traduttrici, motivate da un’insaziabile passione per la lettura, ci siamo infatti entrambe innamorate del mondo delle merci e delle logiche sottostanti.

Questo non toglie che a più riprese non si sia affascinate da altri ambiti dove le capacità individuali e l’entusiasmo si combinano con la manualità: mi riferisco ai mestieri artigianali che sono alla base di gran parte delle eccellenze italiane.

Come vi abbiamo anticipato c’è una tendenza in atto – partita negli Stati Uniti (dove li chiamano makers) – a rivalutare l’artigianato che diventa, anche attraverso l’innovazione tecnologica, uno sbocco nuovo e interessante per i giovani e i non più giovani che vogliono o devono reinventarsi un lavoro. A questo proposito abbiamo chiesto a Francesco Cordani, ideatore e responsabile marketing e comunicazione in Samsung di  Maestros Academy di raccontarci questo bellissimo progetto, che nasce con l’obiettivo di “Tramandare i segreti dei grandi maestri, per lanciare i talenti artigiani di domani.”

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Trampolinodilancio oggi compie tre anni: un Diario, un Manuale, una Psicoterapia per sopravvivere felici negli anni più difficili del lavoro giovanile.

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PB  Gli anniversari, si sa, sono una occasione per tirare le fila. Le date simboliche una scusa per fare un bilancio, una scadenza che ci impone di fermare un momento la macchina e leggere i dati sul cruscotto. Sono un punto convenzionale nel flusso del tempo che permette di dare forma alla realtà e immaginarne la sua evoluzione.

Nel lavoro le scadenze paiono spesso una terribile seccatura, ma sono una opportunità per raggiungere gli obiettivi parziali in vista di una grande riuscita, per segnare le tappe intermedie e concludere piccoli passi in vista di più ambiziosi risultati che sarebbero irraggiungibili in una unica falcata.

Io e Paola, amiche da sempre, ci siamo trovate in questa avventura grazie alle nostre diversità e alle nostre affinità.

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Nono compleanno di Paola

Paola è una programmatrice, una che pianifica il micro tempo, una che calcola il ROI (ritorno sull’investimento) inconsapevolmente anche quando deve decidere in quale sera andare a Teatro, una iperattiva.

Paola si muove portando con sé tutto il necessario, caso mai una guerra nucleare la bloccasse in tangenziale: acqua (se c’è la coda e le viene sete?), le barrette di cereali (se le viene un attacco di fame?), le scarpe di ricambio senza tacco per guidare, un trolley di documenti che pare la scrivania della campagna di Russia di Napoleone. Sarebbe il perfetto testimonial per la Samsonite.

Io normalmente esco di casa al mattino pensando evangelicamente che la provvidenza mi aiuterà. Io non pianifico il quotidiano, sogno l’eterno. Senza contanti, senza benzina, con i sandali se nevica (non avevo guardato dalla finestra, ma stavano benissimo con la gonna di lana), con i tacchi se devo fare store check (era oggi che facevamo store check?) , dimenticando il caricabatteria e l’indirizzo dell’Hotel di Parigi.

Paola pensa di potere fare tutto se qualcuno ha scritto un manuale: se qualcuno può insegnare, lei può imparare. E normalmente impara.

Io quasi partorisco in ascensore perché Paola mi ha prestato un manuale allucinante su come scodellare un figlio (roba anni ‘70 da figli dei fiori, avrei dovuto capirlo dalle foto) di cui sicuramente mi è sfuggito qualche capitolo fondamentale e sono arrivata in ospedale all’ultimo minuto. Ho bisogno di un valletto, di una badante.

Paola sceglie. Io mi faccio scegliere.

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In Jugoslavia (c’era ancora)

In vacanza da ragazze, in una spiaggia di nudisti eravamo entrambe in imbarazzo: io perché non avevo il reggiseno, lei perché aveva gli slip.

Entrambe abbiamo una patologica incapacità di ricordare visi e nomi (l’incontro con gli ex compagni del liceo è normalmente una tragedia delle pubbliche relazioni, à la limite de l’impolitesse ) e una vivace memoria delle sensazioni, una capacità di sentire e ricordare l’odore della felicità e quello del disagio (Mantova: bellissimo! Carnevale all’oratorio: oddio! Matematica alle medie: che paura! Sauna: che noia!  Sciare: che favola! Il Teatro: batticuore!).

Paola legge molto, ma normalmente trova molto noiosi i libri che io ho adorato (Oblomov –titolo- da ragazzine, Moehringer – autore – oggi)

Paola è multitasking e digitale, io amo la carta e faccio una cosa per volta.

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Tornando dalla Grecia l’aria salina ci regala un indimenticabile look

La vita di Paola è una cucina fushion, la mia procede per microecosistemi.

Paola gioca a tennis tra gli ingegneri internazionali dell’Euratom, io adoro che in Val di Fassa si parli Ladino.

Entrambe abbiamo un unico figlio maschio. Tutti e due questi adorati pargoli vivono in un cloud che hanno inventato molto prima che lo pensasse la Apple. Come ha fatto anche Luca (onirico figlio di Paola) a prendere da me? È uno spunto per lo studio della transazione misteriosa del genoma per via affettiva.

Per Trampolino, Paola ha deciso di farlo e mi ha inseguita. Paola programma di produrre almeno un post a settimana e quando io latito da troppo tempo, batte un colpo.

Io normalmente mi dimentico di pagare la mia quota su Word Press di cui lei salda regolarmente, e in tempo, anche la mia parte.

Paola ha fatto quasi tutte le interviste del blog (inseguendo manager impegnatissimi, facendo editing, sbobinando registrazioni), io non sono neanche riuscita a intervistare un mio PM (Bonfi, se sei tra i miei lettori, sto parlando di te).

Paola ha tra i suoi studenti o collaboratori alcuni tra i nostri più divertenti contributori (Landi, Selmi, sto parlando di voi), ma io ho tra gli ex colleghi la più attiva commentatrice (la caustica e intelligente Giulia, donna di produzione con talento per la parola) e le mie amiche (Lidia, Simona, Susi) sono state un allegro pretesto per disegnare archetipiche figure di eroi del terzo millennio.

Entrambe abbiamo a piene mano usato i consigli dei nostri mentori (Marco Lombardi, Stefano del Frate, la Ghisla, Bosisio, Crespi, Fantò,  Domenico Dolce, Giorgio Armani…)

Da quando siamo partite il blog ha avuto 150.000 visualizzazioni, abbiamo scritto 266 post, abbiamo (mmm, ha fatto…) fatto 20 interviste , abbiamo un pubblico internazionale (Italia, Stati Uniti, UK, Germania, Svizzera, Francia…), ci seguono oltre 150 blogger.

Abbiamo forse, in anni che rimarranno negli annali come i più difficili dal dopoguerra per l’occupazione giovanile, contribuito a dare consigli, sorrisi, fiducia a ragazzi che amano il marketing e la comunicazione. A tenere il diario di tre anni di resistenza.

A me e a Paola rimane la sorpresa di avere creato uno strumento che, nato in un momento difficile, è diventato un blog di successo. Almeno un successo per noi che abbiamo la scusa per telefonarci ogni mattina.

A Trampolino gli auguri per il suo terzo compleanno.

A tutti i lettori il nostro affetto e i nostri consigli per riuscire nella vita professionale, forti di felici contaminazioni tra amicizia, cultura, lavoro, amore, differenze, ricicli, novità, empatia e felicità:  la ricetta non esiste, ma cercare la ricetta spesso porta al successo.

 

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Intervista a Matteo Sarzana, general manager @Zooppa

PC Come ho già avuto modo di raccontare conosco Matteo da quando ha frequentato, più di 15 anni fa, il corso tenuto da Marco Lombardi in Iulm dove, anche se circondato da altri 500 studenti, ci seppe colpire tanto che Lombardi lo selezionò per uno stage in Young & Rubicam: il primo passo per diventare il più giovane manager del gruppo WPP in Italia, alla guida della consociata specializzata in digital marketing. Ora che ha fatto il grande passo dall’establishment della grande agenzia al crowdsourcing creativo di Zooppa, la società che permette a chiunque di mettersi alla prova con un brief stilato da un vero cliente e vincere non solo gloria e visibilità ma anche un premio monetario, l’abbiamo risentito per farci raccontare quanto può essere utile Zooppa ai nuovi talenti creativi, che cosa Matteo stesso apprezza maggiormente nei suoi collaboratori e il perché della sua scelta. In più, dato che è stato scelto dal settimanale Panorama come uno dei quindici (giovani) italiani da tenere d’occhio nel 2015, gli ho chiesto quali pensa siano le qualità per avere successo nei prossimi mesi. Ecco tutte le sue risposte:

Come sempre rimango contagiata dall’entusiasmo e dalla passione con la quale Matteo illustra la sua nuova avventura, ma mi piace commentare questa interessante intervista mettendola a confronto con il parere piuttosto critico di Marco Lombardi su pregi e difetti di questa nuova modalità per trovare idee e campagne pubblicitarie (il concetto viene completato da esempi e approfondimenti nel paragrafo Midnight Advertising in  La creatività in pubblicità. Manuale di linguaggio multimediale: dai mezzi classici al digitale, edizione 2014, Franco Angeli, a cura di Marco Lombardi).
“Web 2.0, il potere di tanti, la saggezza della folla, il crowdsourcing, la creatività open-source sono ormai una realtà e forse un’opportunità per l’industria della comunicazione e per i creativi. Dovremmo partecipare, trarne ispirazione, togliere il ‘guinzaglio’ presente in ogni agenzia e non esserne spaventati. Ma attenzionese collochiamo questo nuovo potenziale in una prospettiva storica scopriremo che stiamo amplificando all’ennesima potenza i vantaggi, ma anche i difetti, di quanto l’offerta di creatività ha sempre fatto(…) Un crescendo di offerta ‘creativa’ sempre più open source, da off line a on line, sino a fenomeni come Zooppa (People powered brand Energy) come probabile estremo epigone. Da un lato migliaia di creativi, da tutto il mondo, in cerca di occasioni e visibilità e dall’altro un utente che pubblica un succinto brief per il proprio progetto comunicazionale (a 360 gradi) precisando la fee che è disposto a riconoscere per l’idea che sceglierà. Il vantaggio economico e di tempo è notevole come anche il potenziale enorme del power of the crowd. Ma la qualità? (…)

Agli interrogativi quindi anche sui pro member di  Zooppa aggiungiamo alcune considerazioni che trovano un’unica origine: la relazione. Abbiamo in dettaglio scritto (Lombardi 2009) sull’importanza della disciplina, della strategia: You can really fly when you know where to go, scrivevano ad esempio i maestri della Young&Rubicam. Sapere ‘dove si va per volare’ significa dire avere una relazione profonda e necessariamente lunga con la marca per la quale si vuole costruire il discorso. (…)Paradossale quindi che il crowdsourcing applicato alla creatività non preveda alcun dialogo ma solo una burocratica relazione impersonale azienda>creativo nella peggior tradizione di certe gare condotte da terzi o da enti statali (bando e proposta in busta chiusa). La negazione della realtà contemporanea della comunicazione!” Marco Lombardi, Midnight Advertising, La creatività in pubblicità. Manuale di linguaggio multimediale: dai mezzi classici al digitale, edizione 2014, Franco Angeli, a cura di Marco Lombardi, pag 88.

Dibattito stimolante. Cosa ne pensate?

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A proposito di Mantova e del darwinismo letterario

PB  A settembre io e le mie amiche andiamo a Mantova al Festival della Letteratura.

Il gruppo di amiche ha un nucleo piuttosto indiscutibile ma di eterogenea origine (le amiche d’infanzia come Paola o la Pizzo, quelle dell’università come la Patri C. o la Lidia, le sorelline Silvia e Cote) e un piccolo gruppo un po’ più variabile ma pronto ad essere amalgamato (la Susi che sembra una veterana dopo una sola edizione, la Simo che abbiamo trascinato una volta sola perché Mantova coincide con la fashion week di New York, qualche cognata, qualche collega).

L’appuntamento a Mantova non è un desiderio o un bel programma: è un imperativo categorico.

Si bigia solo in fragranza di grave contrattempo (parto in corso, viaggio di lavoro overseas, frattura degli arti) altrimenti si va anche ammaccate, licenziate, incinte, divorziande, appena fidanzate.

A Mantova si sta bene perché ci siamo noi è perché c’è la letteratura, passione di tutte noi.

I tortelli di zucca o il riso alla Pilota sono eccipienti non del tutto trascurabili.

Quest’anno abbiamo visto diverse cose notevoli (in particolare il seducente Massini e la sua storia della Lehman brothers che vedremo presto al Piccolo Teatro di Milano e su cui torneremo certamente) altre così così .

Particolarmente interessante per l’approccio alla letteratura in chiave antropologica, e stato il tema dell’incontro con  Johnatan Gottshall, uno dei maggiori esponenti del darwinismo letterario.

Le neuroscienze stanno aprendo uno sguardo nuovo alla critica letteraria, una prospettiva non alternativa ma complementare rispetto all’indagine tradizionale, filologica, storica, biografica, psicologica.
Johnatan Gottshall , arrivato in Italia per la prima volta proprio durante l’edizione 2014 di Festivalletteratura, sostiene nel suo libro L’ istinto di narrare che la propensione dell’uomo alla narrazione discende da ragioni evolutive.

La finzione sarebbe la più antica e potente tecnologia di realtà virtuale che simula i grandi dilemmi della vita umana.

Il racconto, il romanzo, la letteratura sono popolari da sempre, in tutte le civiltà. Perché sono il tutorial della vita, il simulatore di esperienza più antico di sempre. La sola arte che è rimasta popolare, esente dalle astrazioni che hanno coinvolto la musica o l’arte figurativa del novecento.

Si legge dell’amore prima di conoscere l’amore, di guerra prima di combattere, di morte prima di vivere la mancanza, di caccia prima di avere ucciso la prima preda, di lavoro prima di avere timbrato il primo cartellino, di vittorie prima di aver mai gareggiato, di luoghi lontani e sconosciuti quando ancora si viaggia con il desiderio. Forse è per questo che da ragazzi si divorano tanti racconti, romanzi, film.

Forse per questo chi ha più fame di vita è così appassionato di libri. Forse è per questo che i grandi lettori spesso vivono poi vite piene o per lo meno si destreggiano nella vita con curiosità e coraggio: hanno avuto lezioni specialissime per affrontare il futuro, hanno vissuto, in vitro, tante situazioni prima di viverle direttamente, hanno accumulato competenze sociali vivendo vite parallele.

La prospettiva è interessante. Non toglie nulla al piacere della lettura, ma dà una spiegazione antropologica a quella speciale nostalgia di racconto che pare essere in noi fin dalla più tenera età.

D’ora in poi di fronte allo scaffale di una libreria penserò di essere di fronte alla multiple choice della vita. Se non andrà bene cliccherò play again. E aprirò un altro libro. Un’altra vita.

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Numeri, la grafica vi fa belli

PB  La mia amica Paola (nonché mia diletta co-blogger) è di quelle che prima di guardare le figure leggono la didascalia.


Di quelle che normalmente non urlano pestando i piedi, ma dicono ” sono arrabbiata”.


Una che , anche se non aveva mai cucinato in vita sua, si è lanciata- qualche anno fa –  in un risotto fragole e champagne, tanto aveva letto la ricetta, praticamente al primo appuntamento. L’allora fidanzato Carlo ancora ne ricorda la croccantezza. Il fatto che poi l’ abbia sposata, dopo tanta prova in cucina, rimane un mistero.

Insomma una che ha fiducia nelle parole, una che semantizza, che si fida delle letteratura.
Nonostante quindi un amore dichiarato per il congiuntivo, l’altro giorno, in una delle nostre consuete telefonate del mattino, mi parlava con un entusiasmo inedito dell’ infografica.

Stava rielaborando alcune tabelle per una lezione in università (Paola insegna in Iulm quando non cucina  risotti) con la nuova tecnica che consente di visualizzare le informazioni in modo veloce, efficace, gradevole. Una evoluzione della rappresentazione grafica, in un’ ottica anche estetica e non solo funzionale. Il design riesce a rendere belli, fruibili esteticamente anche le informazioni più complesse e numerose.

Un modo di gestire l’informazione che inverte il ruolo tra illustrazione e testo.

Anche la stampa, grazie all’infinita disponibilità di dati digitali, si misura nel confronto tra inchiesta giornalistica e ricerca scientifica: il 14 novembre, al Teatro dell’arte della Triennale di Milano la fondazione del Corriere della Sera ha organizzato un convegno per parlare del Data Journalism. Inserito all’ interno del programma di Bookcity ( a Milano dal 13 al 16 novembre) interviene anche Alberto Cairo docente alla School of communication dell ‘ University of Miami, che ha scritto  proprio un libro sull’infografica e la visualizzazione dell’informazione (L’arte funzionale -Pearson).

Chi di voi legge il Corriere ( soprattutto l’inserto La Lettura alla domenica) riconoscerà le bellissime tavole visive che dal 2011 vengono pubblicate a piena pagina sul quotidiano milanese, sofisticato esempio di infografica, che ora sono in mostra a Le mappe del sapere , sempre in Triennale, fino al 14 dicembre.

Un paio di giorni fa Ferruccio de Bortoli ha ritwittato da un blog americano l’immagine infografica degli Stati Uniti  colorati di marrone o azzurro a seconda della prevalenza di negozi di armi rispetto a musei.

Anche per chi ama le parole l’infografica ha fatto BOOM!

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Timeo danaos et dona ferentes

PB  Recentemente sono stata a Londra per un breve periodo. Con colleghi provenienti da diverse zone d’Europa – tutti attivi in posizioni di responsabilità nelle aziende di provenienza – si commentava la dichiarazione di Branson (fondatore di Virgin) relativa alla libertà di vacanza per i suoi dipendenti. Parrebbe infatti che i fortunati collaboratori dell’esuberante imprenditore non debbano più chiedere le ferie o dipendere da un monte giorni pre-assegnato, ma semplicemente fare tutte le vacanze che vogliono, quando vogliono, a patto di garantire che i loro risultati o quelli dei colleghi siano tutelati e non messi a rischio. Insomma , basterebbe essere sereni di essersi organizzati bene, di lasciare il tavolo senza pending e si può infilare un costume da bagno nello zaino.

Tifo da stadio per il geniale patron. Seguito da commenti garruli sulla liberalità e modernità delle imprese che promuovono il lavoro da casa, che hanno un sistema di scrivanie spersonalizzate in cui, quando si arriva in ufficio ci si sistema dove c’è posto, che forniscono strumenti informatici tali da non richiedere la nostra presenza fisica, la nostra voce.

Al rientro a Milano leggo di alcune aziende leader nella nuove tecnologie (Facebook, Apple) che, sensibili alle tematiche del lavoro al femminile, regalano alle loro collaboratrici il – costoso – congelamento degli ovuli in modo da essere supportate economicamente nella pianificazione della propria carriera e potere, quando l’orologio biologico battesse il tempo con petulanza, avere la facoltà di partorire anche con tempi più adeguati ai propri progetti.

Come mai di fronte a tanta liberalità (un sacco di vacanze, basta ore nel traffico, fecondazione assistita per tutti) e a tanti sorrisi compiaciuti a me si arriccia il naso?

Cos’è questo strano retrogusto amaro, a me che adoro lavorare, che mi fa solidarizzare più con il Cipputi di Altan che con le mamme ultraquarantenni della Silicon Valley?

Ebbene, quando il nemico ti fa un regalo, diffida. Temo i greci anche quando portano doni diceva il sacerdote inascoltato a Troia quando vide entrare il cavallo.

Il capo che vi consente di lavorare da casa, grosso modo sta invadendo i vostri spazi, per un tempo molto dilatato rispetto alle convenzionali 8 ore. Pagate per lui l’affitto dell’ufficio che avete ricavato dal sottoscala infilandoci una scrivania dell’Ikea accanto alla scarpiera.

Quello che vi dice di fare pure le vacanze quando volete, purché il vostro lavoro sia finito, vi indurrà a non fare mai le vacanze (non mi ricordo una sola volta in tutta la mia carriera in cui sono partita per il mare con la coscienza pulita).

Quello che vi paga il congelamento degli ovuli vi sta incitando a differire il tempo della maternità, dell’amore, della natura, a favore non solo della vostra carriera, ma soprattutto dei suoi obiettivi di quarter.

Ricordate che le regole non servono per i capi, per gli arrivati, ma per proteggere i più deboli. Una organizzazione senza regole non è liberale, ma dà spazio all’arbitrio.

Bene quindi alle vacanze quando c’è il sole, ai bambini quando vengono, a un capo che non si aspetta che leggiate le e mail a mezzanotte solo perché vi ha dato uno smartphone.

Buon lavoro!

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