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Gli spunti di ispirazione di un mitico copy writer anglosassone

PC Marco Lombardi mi ha segnalato, su un bollettino della IPA UK, una sezione dedicata a Dave Trott, mitico copy writer, nel quale il creativo indica programmi, siti e blog dai quali trae ispirazione. Alcuni spunti sono interessanti ma relativamente prevedibili – come il fatto che Trott segua le conferenze di TED (http://www.ted.com/)e legga il New Yorker. Più sorprendente il fatto che legga tutte le mattine i titoli del Sun, che sono tuttavia degli impattanti esempi di sintesi (come il titolo di un articolo relativo al leader di una rock band diventato donna: “Never mind the bollocks”) dai quali un copy writer può imparare molto.

Non perdetevi la storia della prima guerra mondiale raccontata come una rissa in un bar e quella della seconda guerra mondiale raccontata come uno scambio su facebook, splendidi esempi di storytelling.

 http://www.ipa.co.uk/page/dave-trottcst-the-gate-on-top-fodder-for-pub-type-conversations

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In medio stat virtus

English: THE KREMLIN, MOSCOW. President Putin ...

English: THE KREMLIN, MOSCOW. President Putin being interviewed by the Italian newspaper Corriere della Sera. Русский: МОСКВА, КРЕМЛЬ. Интервью итальянской газете «Коррьере делла сера». (Photo credit: Wikipedia)

PB  Leggo sul Corriere della Sera del 18 maggio un articolo che riprende un pezzo di Sue Shellenbarger (editorialista del Wall Street Journal) sulle cinque tipologie di impiegati ammazza- riunioni: il Dominatore, il Complottista, il Divagatore, il Burlone, lo Scettico.

Articolo divertente e estremamente realista come ben sanno coloro a cui spesso è toccato partecipare a interminabili e inconcludenti riunioni di lavoro.

Nello stesso tempo però, come per i farmaci che sotto dosati sono inutili, sovra dosati avvelenano e nella giusta dose guariscono, anche queste tipologie umane infestanti hanno in nuce gli elementi che, nella giusta dose, fanno funzionare le riunioni e le aziende.

Il Dominatore, velenoso quando è prepotente e non lascia spazio alla espressione degli altri, è salubre quando tira le fila, ha la ledership e l’autorevolezza per trascinare la squadra. Non c’è nulla di peggio di riunioni che cominciamo quando si vuole, finiscono per stanchezza o perché è ora di pranzo, hanno un ordine del giorno disatteso e prendono direzioni variabili secondo il tempo o gli umori dei convitati.

Il Complottista, che a fine riunione vaticina la catastrofe alla macchinetta del caffè e lo Scettico che lancia dubbi epocali quando la soluzione pare ormai trovata, in piccole dosi sono quelli che mettono in luce i rischi e i punti di debolezza dei progetti, promuovendo lo sviluppo di piani di sostegno e messa in sicurezza nella previsione di possibili contrarietà (pioggia in caso di party all’aperto, brufolo sulla punta del naso la mattina del colloquio , sciopero dei mezzi pubblici il giorno degli esami)

Il Burlone e il Divagatore, non lasciati a ruota libera come se fossero sul palcoscenico di Zelig, possono allentare la tensione, cortocircuitare discussioni improduttive e consentire una visione periferica che può arricchire lo scenario con la percezione anche dei segnali deboli. Una battuta divertente è in grado di arrestare una sterile polemica da cui pare non si riesca a uscire. Un intervento che pare fuori tema può cambiare la prospettiva e far intravvedere un orizzonte migliore.

Io dovrei accompagnarmi con Scettico perché sono stucchevolmente ottimista (e anche piuttosto pigra), quindi non porto il cerotto in borsa anche se ho le scarpe nuove, non ho mai l’acqua in automobile perché tanto ci sono gli autogrill e non ho i contanti tanto c’è la carta di credito (una volta a Parigi ho perso il volo di rientro a Milano perché non avevo denaro per pagare il taxi, ero in ritardo perché non avevo previsto il traffico del venerdì sera in uscita dalla città, non avevo verificato che la macchina che avevo prenotato fosse dotata del POS: quanto ho desiderato in quel momento avere dentro di me almeno un piccolo pezzo di  Complottista!)

E voi siete in grado di dosare ciò che avete in abbondanza (per non essere indigesti) e di cercare nei colleghi e nei compagni di viaggio ciò che vi manca (per non essere insipidi)?

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Diventare lo Zuckerberb italiano si può e vi spiego come.

Matteo Achilli - Panorama Economy - Italian Zu...

Matteo Achilli – Panorama Economy – Italian Zuckerberg (Photo credit: ma92mi)

PC Il bisogno di storie a lieto fine è tale che ora il vero problema di Matteo Achilli, che a vent’anni ha creato Egomnia -il social network  che fa incontrare domanda e offerta nel mondo del lavoro (vedi post del 20 Maggio) – è la sovraesposizione mediatica. E’ in copertina di  PanoramaEconomy ed è stato intervistato da Matrix e dal Tg1, solo per citare i principali. Ma Matteo non ha evidentemente dimenticato che, solo pochi mesi, fa le aziende che ora lo cercano non si degnavano neppure di rispondere alle sue mail e ha accettato volentieri di dare qualche consiglio ai nostri giovani lettori.Trampolinodilancio: Sei nato nel 1992: quali difficoltà incontra un ventenne in un paese governato e diretto da “vecchi” (la media dei manager italiani è di 59 anni) e quale consiglio puoi dare ai tuoi coetanei per superarle?

Matteo Achilli: La più grande difficoltà che si incontra è proprio nell’essere ascoltati. Quando hai diciannove anni nessuno riesce a prenderti sul serio e spesso le persone intorno a te rallentano la crescita della tua idea, quando non la fanno morire. Io fortunatamente ho resistito a chi non mi dava ascolto e ho continuato a lavorare insieme ai miei ragazzi, mossi dalla consapevolezza di avere tra le mani qualcosa di veramente importante. Se si crede nell’idea e si hanno le giuste capacità le soddisfazioni arriveranno. A quel punto vi ascolteranno in molti. La storia di Egomnia ne è l’esempio. 

Trampolinodilancio: Nel tuo iter di studi non c’è l’informatica, come ci si potrebbe aspettare, quali sono le motivazioni della tua scelta di frequentare la Bocconi?

Matteo Achilli: Sono un appassionato di informatica sin dalle scuole medie, quando iniziai ad imparare qualche linguaggio di programmazione. Con il carattere che ho mi sono però sempre riconosciuto maggiormente nella figura di “imprenditore” piuttosto che in quella di un “programmatore”. Ho deciso quindi di unire le mie due grandi passioni, aprendo una società in Internet.

Trampolinodilancio: In generale quale consiglio ti senti di dare a un giovane che sta per entrare nel mondo del lavoro?

Matteo Achilli: Di non lasciarsi impressionare dalle negative esperienze iniziali perché il sistema in cui viviamo sta cambiando in meglio. In questo periodo di transizione avverrà una vera e propria “rivoluzione dell’età”. Già ad oggi se chiedeste ai manager di grandi società quali saranno le figure professionali che ricercheranno maggiormente da qui a cinque anni non vi sapranno rispondere. Probabilmente nemmeno io lo so. L’unica verità che si comincia a percepire è che queste figure saremo noi giovani. Storie come la mia stanno aiutando a rivalutare l’immagine dei giovani e questo mi rende molto orgoglioso e fiducioso per il futuro.

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Italia – Estero 0 a 3. E poi la rivincita

Driver 76

Driver 76 (Photo credit: Wikipedia)

PB  Avete mai fatto caso al fatto che non vediamo più le cose che ci sono consuete? E che se invece modifichiamo il paesaggio intorno a noi diventiamo osservatori acuti e intelligenti?

La scorsa settimana ho interrotto il ritmo casa-macchina-traffico-parcheggio-ufficio e sono andata a Roma a vedere il tennis.

Nei quattro giorni in cui sono rimasta nella città eterna, mi sono imbattuta in diversi giovani lavoratori, alcuni dei quali mi hanno lasciato il buon umore, altri l’amaro in bocca.

Il driver della navetta che dal parcheggio remoto e low cost di Malpensa mi ha portata al terminal2, a prendere un volo altrettanto low cost, era nero come la notte, parlava correttamente l’italiano, ascoltava il corano alla radio e conosceva a menadito orari e terminal dei voli, smistando noi passeggeri con grande savoir fair. Un signore che andava a Berlino e aveva lasciato il biglietto in valigia, avrebbe forse perso il volo delle 8,50 se il colto conducente non avesse conosciuto il tabellone delle partenze a memoria. Arrivati a destinazione, mi ha dato la valigia e augurato buon viaggio.

Il responsabile di sala dell’Hotel dove alloggiavo era indiano, elegante come un maharaja, conosceva l’italiano, aveva modi squisiti e gentili e preparava il the per la colazione con la grazia che ti saresti aspettato in una colonia britannica.

Il dog sitter a Villa Borghese non so se conoscesse l’italiano, ma sicuramente ci sapeva fare con i cani: ne portava cinque contemporaneamente senza che si azzuffassero tra loro, con l’autorevolezza di un domatore di leoni.

Il ragazzo delle pulizie dell’area ospitalità degli Internazionali BNL d’Italia, parlava un romanesco piuttosto sguaiato, ha scroccato il primo giorno un caffè, il secondo due cappellini, il terzo ha provato con le tshirt, lasciando il suo secchiello per pulire i vetri e la relativa spazzola in mezzo al terrazzo e sprofondando la sottoscritta in un discreto imbarazzo. Dopo le sue pulizie piuttosto sommarie, passavamo a raccattare i mozziconi e le cartacce che aveva tralasciato.

Dunque, se devo sottolineare gli elementi professionali vincenti in cui mi sono imbattuta e che vi prego di tenere a mente mentre iniziate la vostra carriera, direi:

–          la buona conoscenza di almeno una lingua straniera (e quelli in cui mi sono imbattuta non la hanno certo appresa al college)

–          la competenza e la preparazione che non si fermi al minimo sindacale ma che dia un po’ di valore aggiunto (il driver del parcheggio deve saper guidare, ma se conosce anche l’orario dei voli e da dove partono il servizio diventa ottimo)

–          la gentilezza e la grazia per sapersi comportare adeguatamente in ogni situazione (evitando la volgarità del troppo e la freddezza del poco)

Peccato che nei miei quattro giorni romani gli stranieri abbiano battuto gli italiani 3 a 0.

Poi però le ragazze del tennis, domenica, hanno riportato parte dell’onore in patria. Roberta Vinci e Sara Errani hanno vinto il Torneo nel doppio femminile. Sono state belle (più del Maharaja) brave (più del Driver) e piene di grazia (più del dog sitter domatore).

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Egomnia: il social network che trova lavoro ai giovani talenti

Egomnia è stata definita la più interessante start up italiana. Sicuramente si sta dimostrando la più utile per i giovani in cerca di lavoro. Si basa infatti su un algoritmo che classifica secondo un criterio universale i curricula degli utenti in modo da facilitare la selezione da parte delle aziende. Un social network che  –  a due mesi dal lancio – mette in contatto quasi 50 mila iscritti (laureandi e laureati) con 200 società.

Per entrare nella community è sufficiente compilare i campi relativi a titoli accademici, certificazioni, esperienze lavorative e di studio all’estero, tirocini/stage e informazioni nell’area delle soft skills. L’algoritmo dà maggior peso alle esperienze fatte all’estero, in linea con quelle che sono le esigenze di chi assume (come abbiamo già avuto modo di sottolineare più volte) e posiziona il candidato all’interno di vari ranking che semplificano la selezione da parte delle aziende iscritte..

È facile capire perché abbiamo ritenuto che Egomnia fosse un argomento interessante per  i nostri lettori, ma ciò che lo rende ancora più speciale è l’esser stata creato da un giovane di 20 anni, Matteo Achilli, ormai etichettato come lo Zuckerberg italiano.

Matteo ha gentilmente accettato di farsi intervistare nei prossimi giorni da trampolinodilancio, in modo da condividere con altri giovani talenti le sue esperienze e i suoi utili suggerimenti. Ne anticipiamo uno: quando non riceveva risposta a nessuna delle email che inviava alle aziende Matteo ha continuato a credere nel suo progetto ed è riuscito a svilupparlo facendo leva sugli studenti. Ora sono giornalisti e aziende che lo cercano.

Il consiglio di Matteo Achilli è quindi ” quello di non arrendersi mai e di credere in quello che si sta facendo. Le soddisfazioni arriveranno e, anche se il progetto dovesse fallire, avrete delle esperienze che vi faranno crescere come persona.”

http://www.corriereuniv.it/cms/2012/05/matteo-lo-zuckerberg-di-casa-nostra

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Meglio informati o innamorati? Chiedilo a Vasco Rossi

Vasco Rossi - 01

Vasco Rossi – 01 (Photo credit: pomeso)

PB  Nella intervista a Simona Baroni che pubblicheremo prossimamente, uno spunto molto interessante sarà a mio parere quello relativo al concetto di Informazione.

Poiché se è ben chiaro che una solida base culturale è indispensabile per districarsi nel mondo dei segni e della comunicazione, non dobbiamo dimenticare che l’informazione è quella che ci fa surfare sulla cresta dell’onda e respirare l’air du temp.

Mentre lo scienziato pazzo e geniale, il grande scrittore misantropo, il chirurgo visionario, possono godere di un quasi opportuno e fascinoso isolamento, chi si occupa di comunicazione non può non sapere che cosa è successo oggi, quale mostra aprirà domani, quali sono i film appena usciti, con chi è fidanzata questa settimana Belen, cosa succede al festival di Cannes, chi ha vinto lo scudetto o quali celebrazioni si prevedono per il 20° anniversario della morte di Falcone e Borsellino.

Senza pregiudizi e senza troppo snobismo, si dà un’occhiata al blog di tendenza  e a Vanity Fair, al Corriere della Sera e ai risultati degli Internazionali di Roma.

Quindi anche se è più chic andare dal parrucchiere con Anna Karenina nella borsa, partite leggere e sfogliate i magazines di gossip mentre vi fanno la piastra. Andandoci, anziché guardare le punte dei vostri piedi, sbirciate i manifesti dei concerti, quelli della pubblicità, le vetrine dei negozi.

Chiaro che se invece di un posto di lavoro all’Ufficio Stampa o in Agenzia, state cercando un fidanzato, Anna Karenina a manetta e sguardo assorto. Vasco Rossi non avrebbe scritto Alba Chiara per una informatissima PR con i tacchi a spillo.

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Le caratteristiche del collaboratore ideale per Marco Lombardi

PC Nell’intervista a Laura Biagini troviamo degli utili suggerimenti che il suo capo e mentore Marco Lombardi le ha trasferito  in questi anni. Aggiungo la massima “l’ottimo è nemico del meglio” che mi ha sempre ispirato e che ho a mia volta ripetuto spesso a collaboratori che aspettavano inutilmente che tutte le congiunture, anche astrali, fossero perfettamente allineate.

A questo punto ci incuriosiva conoscere il punto di vista di Marco Lombardi e capire dal suo punto di vista quali fossero le caratteristiche del collaboratore ideale. “Oltre alle ovvietà che tutti sappiamo con buon senso (le competenze hard e soft),” ci ha spiegato Lombardi “aggiungo il mio fattore: “il dimostrare di poter fare bene anche un altro lavoro, completamente diverso”. Sto parlando di carattere, di passioni non di hobby … Di ricchezze interiori: quale monotonia sterile sono lo zelo e la dedizione senza passione, anche contrastante con il comunicare per vendere (il mestiere mio). Cito tre casi, senza far nomi (se mi leggono, loro e pochi altri sanno).

Ho avuto la fortuna di avere tre collaboratori ora tutti e tre a capo del planning di tre agenzie diverse e grandi. Ovviamente bravi ma la differenza era che il primo poteva da qualsiasi sera fare lo chef di un gran ristorante; il secondo, avrebbe potuto entrare nella schiera di programmatori e autori di contenuti nello spettacolo; la terza, avrebbe sicura carriera nella danza, con fascino e classe.

La passione, la poliedricità….

Alla fine, rispondetemi: Con chi vorreste passare una vacanza? Con chi tiene l’agenda del viaggio o con chi riuscite ad avere saporita conversazione?

Volete fare comunicazione? Fate un altro mestiere!”

Aggiungo che solo una persona davvero in grado di ascoltare può capire quando le persone dalle quali è circondato hanno anche carattere e passione. Questo mi ha ricordato com’è scattata la scintilla tra Marco e me. Allora Marco era il temutissimo direttore generale di Young & Rubicam, e io ero riuscita a evitare ogni contatto diretto con lui fino a quando – avendo dato le dimissioni – mi ha convocato nel suo ufficio. Ero pronta a rifiutare aumenti e promozioni, che mi aveva già proposto il mio capo diretto, ma lui mi spiazzò non chiedendomi niente di inerente al lavoro, ma solo “cosa ti interessa di più nella vita”. Gli raccontai che durante il corso di marketing in Ied avevo capito che mi affascinavano sociologia e psicologia e che quindi alla sera studiavo per laurearmi in Scienze Politiche con indirizzo sociologico (ai tempi a Milano non c’erano né sociologia né psicologia). Mi disse allora che da sempre insegnava proprio quelle materie, e quindi mi propose un tema per la tesi allora davvero innovativo e sperimentale (l’uso della paura nella pubblicità sociale), mi diede del materiale di ricerca introvabile in Italia, mi fissò degli appuntamenti in tutta Europa con i responsabili governativi che si occupavano del tema e mi fece seguire in Young & Rubicam tutti i progetti di pubblicità sociale, come sua assistente, in modo da avere dei casi reali da aggiungere alla tesi: grazie a questa volontà di ascolto mi sono laureata con 110 e lode, ho fatto carriera nell’agenzia che amavo e ho trovato un amico.

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Volli, sempre volli, fortissimamente volli

Djokovic with the Australian open trophy

Djokovic with the Australian open trophy (Photo credit: Wikipedia)

PB  Dopo il mio post di ieri su Tennis, fallimenti e felicità, ho avuto un sacco di commenti. Alcuni sul blog, molti al telefono o via e mail, alcuni attraverso segnali di fumo.

Sono quindi a precisare (ascoltate bene pulcini in procinto di buttare il becco fuori dal nido) che il mio pezzo non voleva in alcun modo essere un alibi per la mancanza di ambizione, un sei politico per un lavoro fatto così così.

Per fare carriera bisogna essere i più bravi, i più veloci, i più brillanti. Solo bisogna farlo seguendo il proprio talento, cambiando, rinnovando o ibridando i modelli di successo codificati dal passato.

E poi, sentito il cuore, fare fatica, studiare, mettere la sveglia presto, viaggiare, lottare, creare nella direzione giusta, crearsi le vele migliori per prendere il vento quando sarà in poppa, ma anche per stringere la bolina e proseguire quando il vento sarà avverso.

Milano è piena di negozi che vanno male, che saranno soppiantati dallo shop on line o dalle catene a basso costo. Per realizzare un modello alternativo di successo non basta non aver finito l’università, siete d’accordo? Io parlo di eccellenza, differenziazione, carattere, voglia. Buon vento

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A proposito di tennis, fallimenti e felicità

tennis

tennis (Photo credit: Marc Di Luzio)

PB  L’altro giorno ho sentito al telefono la mia amica Susi. Compagna di Università, di quelle con cui ti scambi gli appunti e con cui prepari gli esami.

Commentando le nostre interviste “a chi ce l’ha fatta”, mi suggeriva (un po’ delusa e preoccupata per il suo lavoro) di farne qualcuna “a chi non ce l’ha fatta”.

Lo ho trovato uno spunto geniale. Perché può essere utile per non replicare sbagli altrui, ma soprattutto perché è spiritoso e nell’autoironia spesso sonnecchia il germe del riscatto.

Ci servono dei fallimenti da commentare, anche per scoprire che molto spesso quelle che riteniamo ciambelle senza buco possono essere riciclate in “réussite” (mio papà mi diceva la scorsa domenica come durante uno dei suoi primi colloqui – i dinosauri erano già estinti– un capo francese gli avesse chiesto che cosa fosse secondo lui la “réussite”).

Certo una brillante carriera in una multinazionale, l’oro olimpico, vincere lo scudetto possono essere abbastanza tranquillamente chiamati successo.

Ma se nel concetto di réussite ci mettiamo anche un bel po’ di felicità (sono una inguaribile romantica e credo che fare un lavoro che piace aiuti la produzione di endorfine) forse i giochi non paiono così scontati.

Al Rolex Master di Montecarlo, lo scorso 20 aprile, ho incontrato (non lo vedevo dalla maturità) Fabrizio, un mio compagno di classe del liceo. Ai tempi lui marinava allegramente la scuola per andare a giocare a tennis e so che, anche in seguito,  non ha dedicato molte energie allo studio e alla carriera in senso classico (da me sicuramente copiava i compiti in classe), nonostante avesse da ereditare l’attività notarile di famiglia. Ha coniugato la sua passione per lo sport (ancora oggi gioca a tennis), la sua attitudine ludica (una chiacchierata con lui varrebbe il pagamento del biglietto) e il suo spirito imprenditoriale e è diventato il proprietario di alcuni dei più importanti negozi di tennis a Milano.  Intorno a lui ha radunato una squadra di non primi della classe a vario titolo (sembra di essere in un film di Ozpetek) con il risultato che il suo negozio (in via Sanzio se volete andare a fare un giro), oltre a fare business, ha l’atmosfera scanzonata di un bar sport e lo spazio emotivo per accogliere consumatori, sfaccendati, sportivi e animali metropolitani di variabile estrazione. Insomma uno di quei posti che sei contento che esistano in città.

Ma oltre a Fabrizio, mi vengono in mente altri, solo leggermente più noti, esempi di fallimento di successo: Pistorius (che corre su lame di acciaio), Steve Jobs (licenziato dalla sua stessa azienda), Leopardi (che parla d’amore da lasciarti senza fiato nonostante la poca avvenenza).

Credo che la réussite, dal punto di vista professionale, sia avere l’occasione di esprimere il proprio talento, fallendo gli obiettivi degli altri e centrando i propri, imperfetti e diversi. E per voi cosa è la réussite?

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Un evento per far circolare nuove idee

Il 12 maggio, presso lo Spazio Anteo in via Milazzo 9 a Milano, dalle 9.30 alle 13.00 si parlerà di due temi cari a Trampolinodilancio: lavoro e futuro, ne diamo quindi volentieri la notizia. Ied organizza infatti una conferenza a tema:  “Giovani: come ridisegnare il proprio futuro, professionale e non.”

Durante l’evento otto relatori racconteranno storie di vita, testimonianze di successi e pensieri sul modo in cui il mondo sta cambiando, in modo da stimolare delle riflessioni costruttive, che possano essere utili per il futuro dei singoli e della società.

La partecipazione è gratuita, fino a esaurimento posti, previa registrazione sul sito forfuture.ied.it

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