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Se volete cambiare carriera evitate questi 5 errori

PC Ci sono volte che leggendo un articolo ti senti chiamata in causa. È quanto mi è successo leggendo su Forbes il racconto di Kathy Caprino sugli errori che spesso si compiono quando si vuole cambiare carriera. Spero arrivi in tempo in modo che chi di voi si trova in questa situazione ne eviti qualcuno (io da parte mia ne ho già accumulati più di uno).

 1) L’effetto Pendolo: scappare dalla vostra attuale carriera perché non ne potete più

Se sei rimasta troppo tempo bloccato in un lavoro che non ti piace più fare è probabile che tu sia arrivato a odiare il lavoro stesso o i colleghi, e pronto a cadere nell’effetto pendolo. È esattamente quello che mi è successo nell’ultimo anno di Young & Rubicam. Ricordo come una delle sere più tristi della mia vita quella passata in una camera del Four Season di Chicago così grande da avere cinque telefoni (ero lì per seguire uno shooting Barilla in cui si vedevano vongole che applaudivano e spaghetti che cadevano nell’acqua bollente, ma sembrava che solo il regista di Chicago avrebbe potuto girarli così bene). Ero talmente nauseata dal tipo di lavoro e dal contesto che cenai da sola in camera. Per l’effetto pendolo ho deciso di fare un figlio, trasferirmi a vivere in un paesino di 900 anime e dedicarmi esclusivamente all’insegnamento. Ci sono voluti tre anni prima che il pendolo mi riportasse a desiderare un po’ di sana adrenalina, e altri anni ancora per approdare alla scelta imprenditoriale che mi permette di conciliare tempi di vita  umani con il lavoro nella comunicazione che amo. Ma la mia scelta troppo “di pancia” aveva fatto sì che  abbandonassi quasi tutti i contatti – convinta che non sarei più rientrata in quel settore – e ricostruirli è stato lento e faticoso (per fortuna grazie a Linkedin non impossibile).

La morale che trae Kathy è la seguente: non aspettate di essere disperatamente infelici nella vostra situazione per cambiare lavoro: cercate prima di migliorarla riaggiustando relazioni incrinate, pretendendo più rispetto, facendo sentire la vostra voce e crescere le vostre abilità e diventando più competenti. A quel punto, quando vorrete cambiare, sarete in grado di raggiungere un livello maggiore di successo.

2) Non sviluppare un solido piano finanziario che sostenga la vostra transizione

Non potete illudervi di cambiare carriera e guadagnare subito quanto prendevate nel posto precedente. Per questo è opportuno capire, anche con l’aiuto di consulenti esterni, quali siano le risorse necessarie per finanziare il cambiamento.

Se non avete i fondi necessari è meglio aspettare di avere accesso a fondi supplementari (sfruttare eventuali bonus, cercare di guadagnare di più nella carriera attuale, trovare un prestito, ecc.) o diminuire le spese in modo da accantonare quello di cui avrete bisogno.

3) Innamorarsi della forma sbagliata di lavoro

Prima di cambiare carriera devi identificare l’essenza di quello che vuoi fare.

Kathy invita a rispondere ad alcune domande per scoprirla:

  • quali abilità e talenti vuoi usare nella nuova carriera
  • con quali persone ti trovi meglio?
  • quali valori, standard di integrità e bisogni devono essere garantiti nel lavoro?
  • quali tipi di sfide vuoi affrontare nel nuovo lavoro?

Solo avendo contestualizzato l’essenza di quello che vuoi, potrai trovare la forma di lavoro che ti si adatta maggiormente. A me ci sono voluti parecchi anni di tentativi, se avessi capito prima davvero le mie esigenze, mi sarei probabilmente risparmiata dei lunghi periodi di insoddisfazione.

4) Non scavare abbastanza a fondo

Kathy dice che se per 10 anni hai lavorato nella produzione televisiva e vuoi dedicarti all’insegnamento, dovresti esplorare tutte le ragioni dietro a questa volontà di insegnare. Vuoi migliorare le tue abilità linguistiche, aiutare i giovani adulti ad avere più successo, allontanarti da un ambiente troppo politicizzato?

Dedicarsi all’insegnamento dell’inglese ti aiuterà davvero a trovare piena soddisfazione delle tue aspettative? Tutte le altre componenti del lavoro di insegnante ti piaceranno? È importante fare ricerca e approfondire tutti gli aspetti della nuova carriera che si sta intraprendendo.

5) Mollare troppo velocemente

Un ultimo errore è gettare troppo presto la spugna. Cambiare carriera implica fatica, tempo, impegno e spesso anche soldi. Non potete pretendere di vedere i risultati in pochi mesi.

Per cambiare carriera con successo, conclude Kathy, avete bisogno di quattro “C”: chiarezza, coraggio, confidence e competenza. Ne aggiungerei una quinta, il famoso fattore “C” di cui parlava già Stefano Battioni nell’intervista che gli abbiamo fatto.

Trovate l’articolo originale a questo link http://www.forbes.com/sites/kathycaprino/2012/04/14/the-5-biggest-mistakes-career-changers-make/2/

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Bernini cerca un Digital Art Director per Bitmama e ci svela come deve essere.

Paulo Bernini, direttore creativo Bitmama

PC Che bello collegarsi a Linkedin e scoprire che un amico scrive: “I’m hiring”. Bello per più motivi: perché in questo periodo qualsiasi accenno di ripresa è confortante e perché sono sicura che chiunque avrà la possibilità di lavorare con Paulo Bernini ne uscirà arricchito, sia professionalmente che umanamente.

Paulo, direttore creativo di Bitmama insieme a Maurizio Sala (che abbiamo già avuto il piacere di intervistare), è infatti un concentrato di vitalità brasiliana e cultura italiana. E in più ama lavorare con i giovani talenti e trasferir loro la sua passione per la comunicazione digitale – non a caso insegna Digital Art Direction alla Scuola Politecnica di Design.

La persona che cerca è proprio un Digital Art Director, che dovrà lavorare nell’ambito fashion/luxury/ design e avere esperienza e spiccata capacità nella produzione grafica di interfacce per il mobile e il mondo web.

Il candidato lavorerà in  un team multidisciplinare, insieme a figure come graphic designers, copywriters, information designers, digital marketing strategists, e risponderà alla direzione creativa in progetti nell’area fashion/luxury/design, lavorando sia con brand italiani che internazionali. Dovrà conoscere le ultime tendenze nel mondo della grafica e delle nuove tecnologie, e ovviamente il mondo dei softwares della grafica: photoshop, illustrator, indesign.

Paulo stesso è un Digital Art Director, abbiamo quindi approfittato per fargli qualche domanda che ci permetta di capire meglio che caratteristiche deve avere questa figura professionale, oggi molto richiesta.

Puoi dirci quali tappe sono state fondamentali per la sua formazione di Digital Art Director?

Paulo Bernini: Soprattutto nel digitale, l’art ha bisogno di due front molto sviluppati, e ha bisogno di saper coniugarli molto bene:

– una è la conoscenza del contesto del canale – sia tecnica, dal punto di vista di quali sono le possibilità che il digitale, che vive in costante cambiamento, permette, e sia culturale, rispetto al ruolo del digitale nel contesto in cui si sta progettando – e il suo impatto nella vita delle persone.

– l’altra è la conoscenza del contesto culturale: indipendentemente dal digitale, sei un art! Devi saper coniugare le tue capacità creative con il contesto spesso complesso che è il canale, la tecnologia, il primo punto.

Da questa dialettica nasce la bravura.

Trampolinodilancio: Cosa ti ha insegnato l’esperienza in Giappone?

Paulo Bernini: Dal punto di vista professionale: avere pazienza e saper gestire il contesto. Imparare a vivere le differenze (compreso il fatto che io sia stato esposto – involontariamente –  a un contesto lussuosissimo, per cui è stato una differenza in più da imparare!), e fare di queste differenze leve per cose nuove.

Dal punto di vista personale: imparare a stare da solo. Ho compiuto 30 anni da solo a Tokyo, in una giornata gelida di gennaio, e per 24 ore non ho detto nessuna parola: sono andato al tempio zen nei Giardini Imperiali e ho attaccato ai rami di un albero un desiderio scritto sul pezzettino di carta, come fanno i giapponesi. Può sembrare triste, ma per me è diventato un ricordo unico, speciale. 

Trampolinodilancio: Quale rapporto deve avere un Digital Art Director con l’arte e la cultura?

Paulo Bernini: Nel ruolo Digital Art Direction c’è la parola Art. C’è la parola Director. Direi che arte e cultura sono la materia prima di questo professionista.

Trampolinodilancio: Infine quali consigli potresti dare a un giovane che voglia iniziare questa carriera?

Paulo Bernini: Se vuole fare il digitale, deve capire che c’è tanto lavoro anche manuale, anche ripetitivo… per far funzionare automaticamente il digitale ci vuole dietro l’artigianato dei pixel.

Una volta digerito questo concetto, bisogna tornare alle idee, che nel digitale possono venire da chiunque… 

Bisogna anche capire che l’art direction digitale non ha nulla a che fare con l’idea di art direction tradizionale pubblicitaria, che esiste da più di 50 anni. Non ci sono ancora canoni stabiliti, è un campo nuovo, molto più fruibile, che richiede un approccio mentale diverso, più cooperativo: sul digitale non ha senso il ruolo dell’autore, ma sì dell’attore: sono tanti, insieme. Perciò bisogna rispettare la tecnologia, che ti permette di esprimerti.

Per ulteriori dettagli sulla ricerca di personale e per inviare il cv: http://www.linkedin.com/jobs?viewJob=&jobId=3183018

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5 ERRORI NELLO SCRIVERE LA LETTERA DI PRESENTAZIONE

PC Patrizia e io commentavamo che riceviamo abbastanza spesso dei curricula ben scritti, completi, dettagliati, ma raramente la mail o lettera di accompagnamento è altrettanto curata, e soprattutto non esprime quasi mai un reale interesse nell’azienda.

Sebbene sia comprensibile che chi sta mandando più di 1000 c.v. tenda a standardizzare, questo approccio rimane profondamente sbagliato e la mancanza di personalizzazione è particolarmente grave in un contesto dove persino l’Esselunga mi scrive usando il mio nome. In un articolo di Laura Smith-Proulx, su careerrocketeer.com, ho trovato un interessante riepilogo degli errori che spesso si compiono scrivendo la lettera d’accompagnamento e ho provato ad adattarla al contesto del marketing e della comunicazione.

1. La prima frase manca di mordente

Cercate di inserire già nella prima frase un gancio capace di catturare l’attenzione di chi vi legge, o perché sottolinea in modo impattante la vostra esperienza o perché fa capire che avete fatto una ricerca approfondita sull’azienda per la quale vi candidate. Ricordate il ragazzo di cui parla nella sua intervista Camillo Mazzola, direttore marketing di Lego? L’aver fatto delle esperienze estive a contatto con bambini e ragazzi aveva sicuramente costituito un punto di differenziazione rilevante in quel contesto.

2. Avete fatto un semplice elenco delle vostre competenze

Invece è fondamentale sottolineare innanzitutto le capacità che possono essere importanti per quella determinata azienda, in quel particolare momento. Dovete scavare nel passato dell’azienda, leggere i comunicati stampa, gli annual report, navigare nel sito aziendale, ma anche diventare fan della sua pagina facebook e scoprire sui siti di marketing e comunicazione (come pubblicitaitalia.it, youmark.it, ninjiamarketing.it e geekadvertising.wordpress.com) quali sono le sue campagne di comunicazione, in modo da capire il suo approccio nei confronti del consumatore.

3. Le vostre caratteristiche sono eccessive per il lavoro che cercate

Se vi state rassegnando a fare domanda per un lavoro che richiede una formazione meno completa di quella che avete conseguito, è inutile sottolineare che avete un master nella lettera di accompagnamento: chi vi deve assumere potrebbe preoccuparsi di prendere una persona che si sentirà da subito sottoimpiegata.

4. La vostra lettera inizia con “Gentili signori”

La lettera verrà letta da una persona in carne e ossa, il minimo che potete fare è individuare il suo nome e inserirlo nell’intestazione. A proposito: si scrive Gentile o gentilissimo dottor Caio Sempronio, senza abbreviare né il gentile né il dottore (o signore). Per trovare il nome della persona una delle strade più veloce è Linkedin.

5. La chiusura è troppo passiva o generica

Non limitatevi a ringraziare, cercate di personalizzare anche la chiusura facendo riferimento al lavoro per il quale state facendo domanda. Una persona che risponde a un’inserzione come  Community manager potrà chiudere dicendo ad esempio: “In occasione di un colloquio potremmo condividere le mie nuove idee su come potenziare la commutity on line”.

In sintesi è fondamentale che la vostra lettera indichi un genuino interesse nell’azienda e faccia capire, in poche righe, che siete la persona giusta sia in generale per la struttura (se vi candidate spontaneamente, senza sapere esattamente quale compito potreste svolgere), sia per quel posto particolare, se invece scrivete in risposta a uno specifico annuncio di lavoro. Avete altri suggerimenti? Condivideteli con noi!

L’articolo di Laura Smith-Proulx è su http://www.careerrocketeer.com/2012/05/5-cover-letter-blunders-that-kill-your-chances.html

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Gli otto modi per capire se il vostro boss è straordinario

PC Volete capire se il vostro capo è davvero straordinario? Intervistando molti manager Geoffrey James, autore del blog Sales Source, è arrivato a stilare le otto caratteristiche che differenziano quelli straordinari dai manager “nella media”. Scoprite a quale categoria appartiene il vostro.

1. Il business è un ecosistema, non un campo di battaglia

I boss straordinari vedono il business come un ecosistema dove le aziende più diverse aumentano le loro probabilità di sopravvivere  creando un sistema naturale che si adatta facilmente ai nuovi mercati e sviluppando velocemente partnership con altre aziende, clienti e persino concorrenti, mentre quelli “nella media” visualizzano il business come un campo di battaglia dove i concorrenti sono nemici e i consumatori un territorio da conquistare.

2. L’impresa come una comunità e non una macchina

I boss straordinari vedono la loro azienda come l’insieme di speranze e sogni individuali, tutti connessi da uno scopo più alto, e così facendo ispirano i loro dipendenti a dedicarsi al successo dell’azienda e della comunità in senso ampio, mentre i boss “nella media” considerano l’azienda come una macchina i cui impiegati sono dei semplici ingranaggi.

3. Il management come servizio e non controllo

I boss straordinari indicano una direzione generale e poi si impegnano a ottenere le risorse necessarie per riuscire a svolgere il lavoro, lasciano che i team si creino le loro regole e intervengono solo in caso d’emergenza, mentre i boss “nella media” vogliono che gli impiegati facciano esattamente quello che gli viene chiesto e non tollerano le insubordinazioni.

4. Gli impiegati come pari, non come bambini

I boss straordinari trattano ogni impiegato come se fosse la persona più importante nell’azienda, si aspettano l’eccellenza a qualsiasi livello e come risultato gli impiegati si impegnano per dare il meglio, mentre i boss”nella media” vedono gli impiegati come esseri inferiori e immaturi, dei quali non ci si può fidare.

5. La motivazione deriva da una visione e non dalla paura

I boss straordinari ispirano le persone, dipingendo il quadro di un futuro migliore del quale potranno essere parte. Come risultato gli impiegati lavorano di più perché credono negli obiettivi aziendali e ne condividono i risultati, mentre i boss “nella media” pensano che la paura – di essere licenziati, ridicolizzati e di perdere dei privilegi – sia il modo più efficace di motivare la gente.

6. Cambiamento uguale crescita, non problema

I boss straordinari vedono il cambiamento come una parte inevitabile della vita, sanno che il successo di un’azienda dipende dalla sua capacità di sposare nuove idee e nuovi metodi, mentre quelli “nella media” temono il cambiamento e lo considerano pericoloso.

7. La tecnologia come empowerment e non come automazione

I boss straordinari vedono la tecnologia come un modo per sviluppare la creatività dell’uomo e creare relazioni migliori tra gli individui. Adattano i loro sistemi agli strumenti che la gente preferisce usare, come gli smartphone e i tablet, mentre quelli “nella media” concepiscono la tecnologia come un modo di rinforzare il controllo, e installano sistemi centralizzati che disumanizzano gli impiegati.

8. Il lavoro dovrebbe essere un divertimento, non una mera fatica

I boss straordinari vedono il lavoro come qualcosa che dovrebbe essere intrinsecamente piacevole e credono quindi che il compito più importante dei manager sia, per quanto possibile, assegnare le persone a dei  lavori che li rendano davvero felici, mentre quelli “nella media” credono che il lavoro sia, nel migliore dei casi, un male necessario che i loro impiegati preferirebbero evitare.

Trovate l’articolo originale a questo link segnalato da Linkedin http://www.inc.com/geoffrey-james/8-core-beliefs-of-extraordinary-bosses.html

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Come usare Pinterest per il personal branding

PC Anche il social network più cool del momento, Pinterest, può offrire delle possibilità di personal branding. Pinterest è una bacheca virtuale dove ognuno può attaccare e condividere foto e immagini che rappresentano un determinato argomento. Come sottolinea Kristen Jacoway nell’ultima newsletter di Reach Personal Branding, Pinterest sta creando in questi mesi un elevatissimo traffico e per qualcuno alla ricerca di un lavoro può offrire un’opportunità unica di dare un quadro tridimensionale delle proprie capacità. Questo è particolarmente vero per chi voglia essere assunto come designer, grafico, fotografo o illustratore, ma a mio parere può comunque essere interessante anche per creativi (e perché no account) che vogliono dimostrare stile ed eclettismo, entrambe caratteristiche molto importanti per lavorare nella comunicazione.

Vediamo i 5 suggerimenti di Kristen Jacoway su come usare Pinterest per trovare un lavoro.

1.  Completate il vostro profilo. Di fianco al nome c’è una freccia e selezionando “Settings” potete scrivere nella sezione “About” un profilo personale, usando il più possibile parole che vi aiutino ad apparire nei motori di ricerca. Personalmente ho fatto un mix di descrizione professionale del blog e di interessi personali (che vengono rispecchiati da alcuni board che non hanno un approccio professionale)

2. Nella sezione “Settings” inserite anche un sito web dove chi è interessato possa trovare di più su di voi. Se non avete un sito, inserite la URL del vostro indirizzo Linkedin, Twitter o del vostro eventuale blog. Io ho messo sia il sito di Chiesaconsulting che l’indirizzo del blog.

3. Nei titoli dei board usate delle parole chiave che aiutino la ricerca. Cercate su Google Keyword Tool e negli annunci di ricerca del personale che vi interessano quali sono le parole utilizzate per cercare persone con il vostro profilo e poi usatele sia nei titoli che nelle descrizioni dei pin.

4. Legate il vostro account Pinterest a Twitter e Facebook

5. Cercate di usare il vostro vero nome come username (sempre nella sezione “Settings”). Se il vostro nome è già occupato cercate di usare qualcosa il più simile possibile al vostro nome completo (io non ho trovato di meglio di chiesap, purtroppo Paola Chiesa è sempre molto gettonato).

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Di necessità virtù

Imelda Marcos

Imelda Marcos (Photo credit: billypalooza)

PB Ho recentemente risentito al telefono una ex collega che mi ha rintracciato tramite Linkedin.

Lavorando per una grande azienda ormai da diversi anni, è durata più di molti suoi capi.I quali si sono avvicendati più o meno efficienti (meno), più o meno intelligenti (meno), più o meno simpatici (meno).

Lei è drammaticamente sincera (se il nostro capo è scemo non è così necessario che lo sappia da noi), smaccatamente onesta (ma di quella sobrietà che se hai un paio di scarpe con il tacco ti senti un po’ Imelda Marcos), appena appena spigolosa (bisogna stringerle la mano con il guanto apriostriche).

Se un tale concentrato di rigore selvatico incontra un capo gigione, brillante come un bicchiere dell’Ikea dopo tre anni di lavastoviglie, distratto e anestetizzato, come può sottrarsi la nostra eroina a una feroce depressione?

Ebbene, in qualsiasi situazione professionale si può trovare una opportunità. Basta rimodulare gli obiettivi di appagamento a breve termine, con buona pace di chi riesce a fare (e a rispettare) un piano di studi dall’asilo al master e un piano di carriera dallo stage alla pensione.

Per la mia amica propongo: di fronte ad azienda ricca, posto fisso, capo deprimente (ma a casa un bimbo piccolo, no budget per la tata  e in garage un’ automobile così scassata da non consentire  pendolarismo superiore ai quindici chilometri)  approfittare della propria invisibilità e coltivare passioni parallele.

Sta per arrivare l’estate: una corsetta alle diciottozerozero (chi , in carriera, riesce a uscire alle diciottozerozero ?), una nuotata in pausa pranzo (come fai con i capelli se hai una riunione al pomeriggio?), una mostra a ingresso libero all’ora dell’aperitivo, una seduta di window shopping prima che i negozi chiudano,  riprendere gli esercizi di chitarra, saranno attività quanto mai salutari e irripetibili.

Rassodata e piena di endorfine, la talebana inquieta si ritroverà, nella peggiore delle ipotesi, con una forma invidiabile e una ammirazione sperticata da parte del quattrenne che le gira per casa.

Nella migliore delle ipotesi avrà la serenità per farsi apprezzare da un nuovo capo (dai, se quello che c’è è così scarso non potrà durare a lungo) nella sua azienda o in una nuova.

Potrà quindi allegramente tornare a lamentarsi (lo faceva quando ha avuto un capo del raro tipo intelligenteefficientesimpatico) di non avere un minuto per sé stessa, di dover portare regolarmente il portatile a casa , di non dedicare abbastanza tempo a suo figlio e di non andare al cinema da quando è uscito Ben Ur.

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I consigli di Vanessa Vallely per il personal branding

Vanessa Vallely è considerata uno dei maggiori esperti di business networking e personal branding  al mondo. Il personal branding insegna come emergere in un periodo in cui l’offerta è drammaticamente maggiore della domanda, con un uso intelligente del networking on line. Abbiamo riassunto alcune delle indicazioni che fornisce Vanessa Vallely nei suoi incontri di coaching (il prossimo sarà il 17 aprile a Londra per i fortunati che volessero e potessero parteciparvi).

Innanzitutto dobbiamo chiederci: chi sono? Qual è la mia brand? Di che argomento parlo? Una volta identificato il proprio posizionamento bisogna sfruttare al meglio il proprio network.

È fondamentale iniziare a fare networking da subito, perché è normale che durante la carriera ci siano dei cambiamenti  e l’abitudine a costruire il proprio brand e la capacità di diffonderlo con il networking vi aiuteranno a essere preparati al cambiamento.

Per farlo Vanessa Vallely suggerisce innanzitutto di utilizzare al meglio Linkedin. Come abbiamo già detto è fondamentale compilare le linee di summary, e in particolare il titolo: quella breve frase nella quale potete inserire il vostro job title, non dovrebbe essere semplicemente il vostro attuale ruolo, ma quello che potreste fare. Le persone che vi vogliono assumere lo faranno mettendo nella ricerca delle parole chiave. Assicuratevi che nel summary e nell’headline siano inserite le key words.

La check list di Vanessa Vallely per costruire un profilo su Linkedin

  • Passate almeno 2 h al mese ad aggiornare il vostro profilo di Linkedin
  • Partecipate ad almeno 1 evento di networking al mese. Connettetevi con gli individui che avete incontrato personalmente entro due giorni e soprattutto tenetevi in contatto:non contattate la gente solo quando avete bisogno di qualcosa!
  • Approcciate ogni conversazione pensando a cosa potete dare a quell’individuo
  • Cercate dei blog da commentare o meglio ancora create il vostro blog/sito
  • Unitevi a un network che è giusto per voi ed espandete la vostra cerchia professionale
  • Imparate sui social media e su come potete usarli, per tenere gli altri aggiornati sulle vostre attività
  • Trovatevi un mentore e impegnatevi con una scuola o un’università
  • Tenete aggiornato il CV e la biografia (con foto aggiornata)
  • Capite meglio le potenzialità di Twitter
  • Valutate come ricevere un riconoscimento per voi stessi o per la vostra azienda

In generale  cosa non potete non avere:

  • un Cv aggiornato (e una versione in cui è sintetizzato in una pagina)
  • un profilo Linkedin aggiornato
  • una biografia aggiornata
  • una buona foto (da notare che Vanessa nella foto su Linkedin indossa l’immancabile camicia bianca)
  • biglietti da visita
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Le 8 qualità che deve avere un impiegato di successo

PC Trovo questo pezzo di Jeff Haden, apparso nella selezione di articoli che Linkedin mi ha mandato oggi, davvero interessante e adatto anche a chi lavori nell’ambito della comunicazione e del marketing. Haden riassume le 8 qualità che deve possedere un impiegato per emergere. Secondo lui gli impiegati che avranno successo sono quelli che:

  • vanno oltre alla job description con l’obiettivo di svolgere al meglio il compito che è stato assegnato;
  • sono un po’ eccentrici, diversi;
  • sanno quando lasciare da parte la loro eccentricità;
  • riconoscono il valore degli altri pubblicamente;
  • si lamentano invece in privato con il loro capo;
  • parlano quando gli altri sono in imbarazzo a farlo;
  • sono ambiziosi, ci tengono a dimostrare che gli altri hanno sbagliato sottositmandoli;
  • cercano sempre di migliorare quanto stanno facendo.

 http://www.inc.com/jeff-haden/the-8-qualities-of-remarkable-employees.html?utm_source=linkedin&utm_medium=socialmedia&utm_campaign=button

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La ricerca del personale e Facebook

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Image via CrunchBase

PC Ieri ho partecipato all’interessante convegno JobMatching organizzato da Stefano Saladino, dove si è parlato molto di personal branding sui social media. La cosa che più mi ha colpito è il fatto che anche il profilo personale su Facebook è ormai sempre più spesso visionato da chi fa ricerca del personale. In sostanza se sottoponete una candidatura per un posto di lavoro è probabile che chi deve selezionarvi controlli non solo, come è ovvio, il vostro profilo su LinkedIn ma anche quello su Facebook.

Le implicazioni sono molte: innanzitutto dovrete assicurarvi di inserire nel profilo di Facebook le opportune restrizioni di privacy, se temete che la foto in cui ballate su un tavolo in uno dei peggiori bar di Caracas non sia il miglior biglietto da visita per un impiego come affidabile pr in una grande multinazionale (anche se potrebbe dimostrare la vostra affinità con il prodotto, se volete entrare nel marketing di Ron Pampero). Inoltre potreste orientare la vostra presenza su Facebook per far emergere alcune vostre doti. E’ consigliabile per esempio che un aspirante copywriter posti spesso degli scritti che ne dimostrino le capacità, piuttosto che le foto del suo gatto, mentre un art director potrà sbizzarrirsi nel caricare foto con ambizioni artistiche. Ci sono poi delle competenze meno ufficiali di quelle che segnalereste su LinkedIn, che potrebbero rivelarsi interessanti per il vostro futuro datore di lavoro. Ricordo che proprio la passione per gli sport fu la caratteristica decisiva che fece scegliere un mio giovane amico e cliente in Armani, perchè Patrizia cercava una persona che oltre a conoscere il marketing e le lingue, fosse uno sportivo vero a cui affidare la linea EA 7 di Armani.

Ieri si è anche arrivati a consigliare di utilizzare sempre la stessa foto di profilo su tutte le piattaforme nelle quali si è presenti, per facilitare il proprio branding e la riconoscibilità. Su questo punto non sono personalmente molto d’accordo. Ritengo che su LinkedIn sia corretto inserire una foto più istituzionale (nella mia, che è stata fatta e opportunamente photoshoppata da un fotografo, io indosso ovviamente la canonica camicia bianca) mentre su Facebook è più spontaneo aggiornare spesso la propria foto, con immagini reali che diano un senso di contemporaneità e creino vicinanza con i propri contatti (si chiamano amici, non a caso).

Sean Moffitt e Mike Dover nel loro bellissimo Wikibrands, del quale è appena uscita l’edizione italiana a cura di Marco Lombardi, suggeriscono di mantenere due strategie di approccio ben differenti per le due più importanti piattaforme sociali. Giustamente consigliano di considerare LinkedIn come un completo di flanella grigio e Facebook come una camicia hawaiana: entrambe possono giocare un ruolo utile nel guardaroba di chiunque (purchè americano!), ma nessuno parteciperebbe a una riunione con una camicia hawaiana o andrebbe a un party indossando un completo grigio, a meno di non voler apparire come minimo arrogante.

Questa flessibilità nel proprio personal branding è in fondo esattamente quello che consigliamo anche alle brand vere e proprie, che si devono presentare in modi diversi a seconda dei contesti, mantenendo comunque la propria identità

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Come scrivere il cv sul Linkedin

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Image via CrunchBase

PC Creare un profilo su Linkedin è fondamentale, ma una delle domande che spesso mi vengono rivolte è se il cv su Linkedin dev’essere uguale o diverso da quello classico. Il target è lo stesso, sia in termini di persone che lo leggeranno sia in termini di obiettivi che vi prefiggete. Quindi mettete nel profilo di Linkedin esattamente quello che mettereste nel cv classico. In più Linkedin vi dà la possibilità di compilare l’utilissimo sommario, che permette anche a chi ha poco tempo di cogliere il messaggio principale che volete far passare di voi stessi in poche righe. Ecco degli utili consigli su come scrivere un efficace sommario: ”In order to write an effective summary that will help you stay top of mind, you need to answer some questions such as: What do I want people to remember about me? How can I develop a summary that truly reflects who I am? What are my passions? How am I different than those with similar backgrounds? How can I make my summary more compelling so that people are intrigued about getting to know me more? ”

http://www.linkedin.com/answers/career-education/resume-writing/CAR_RSW/634848-7069348

Sono esattamente le regole che usiamo quando definiamo un posizionamento di un prodotto o una strategia pubblicitaria, che valgono anche se il prodotto da vendere siete voi stessi!

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