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Quando il genio non esclude l’empatia

PC Sono rimasta molto toccata, come tanti italiani, dalla notizia che Oliviero Toscani ha una malattia incurabile e dalla lucidità e il coraggio con i quali comunica la notizia nell’intervista apparsa qualche giorno fa sul Corriere della Sera. Mi ha poi fatto riflettere – ma non sorpreso – la sua reazione sinceramente stupita all’ondata di affetto che lo ha circondato dopo l’uscita della notizia, che conferma la sua grande e sincera componente umana.

Io sulla sinistra, due colleghi di Y&R in centro e Oliviero Toscani che fa una faccia buffa a destra. Poi, certo, il canguro…

Ho avuto la fortuna di conoscerlo e lavorare con lui per uno scatto fotografico commerciale per la Canguro (scarpe tipo Superga), una campagna che non ha certo lasciato il segno nelle coscienze della collettività e per la quale era probabilmente sprecato. Ma anche in quel caso mi ha colpito la sua capacità empatica di entrare in contatto con le persone più diverse per riuscire a realizzare la foto di cui aveva bisogno. Toscani era già così famoso (per quello lo avevamo scelto) che per qualsiasi modello era un onore solo il poter dire di aver lavorato per lui: ogni sua indicazione era un ordine che veniva immediatamente eseguito. Nel casting, però, c’era anche una bambina di cinque anni, alla quale doveva chiedere di salire nuda su un canguro a misura reale, ricoperto di un pelo apparentemente ispido che ricordava il più possibile l’originale (erano altri tempi, ma non ricordo fosse stato scuoiato un vero canguro per farlo…). La bimba piangeva e si rifiutava di farsi issare sul canguro. Toscani le parlo da solo, la fece ridere, le permise di salire prima insieme ad un altro modello e alla fine riuscì ad ottenere una bellissima immagine di una bambina felice e spensierata.

Per questo, anche se lui afferma nell’intervista che vorrà essere ricordato per il suo impegno, io nel mio piccolo lo ricorderò per la leggerezza e l’empatia che solo le grandi donne e i grandi uomini sono capaci di utilizzare quando è necessario.

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Shooting fuori porta

PB In show room non c’è spazio per scattare. Tutti i piani sono full per la campagna vendite. Clienti, modelle, venditrici, visual, area manager. Uomo e Donna in contemporanea. Collezioni sontuose che non finiscono più.

Ho visto una vestierista fare una breve call dal bagno del back office, per l’occasione trasformato in piccolo privé compreso di grucce, codici, struttura di collezione. Mancava solo la scrivania di Napoleone, quella portatile, che montava nel campo di battaglia.

Non c’è un centimetro disponibile per il lavoro sporco. E gli scatti per la CV di gennaio dove li facciamo?

Si va in campagna: allestiremo un set fotografico in Industria.

La partenza da Goldoni fa già un po’ gita: ci si trova alle 8 in ufficio e il fotografo fa anche da driver. Si caricano i fondali, le macchine fotografiche, i computer, l’assistente, la vestierista.

Quando arriviamo lo spazio è pronto. Tutto bianco e tranquillo. La statura media dei lavoratori in fabbrica è standard. Non sali in ascensore con bronzi di Riace in canottiera, diretti al terzo piano per trucco e parrucco. Né con modelle infinite che ondeggiano su tacchi vertiginosi.

Ci parte un attacco di autostima poderoso: sono tutti alti come me, indossano scarpe da ginnastica, felpe morbide e pure il camice bianco se si dirigono in sartoria.

Mi sento anche belloccia va là. Sensazione quanto mai improbabile in Goldoni, dove lo standard va da Monica Bellucci in su.

Dove sono le foto dello storico? Dobbiamo recuperare la cesta delle scarpe da fotografare, che sono ancora in Ufficio Prodotto! Lo troviamo un pannello in polistirolo? E gli spilli per fissare il nastro di un marsupio? Serve un foglio bianco per schermare il riflesso di una fibbia! E un pennarello rosso per segnare i capi scattati!

Mettiamo un segno sulla base del limbo per posizionare le sneackers sempre nella stessa posizione (è come a teatro! Con il segno sul palcoscenico per gli attori!)

Tutto molto pratico, operativo, manuale.

Il fotografo (tennista, per altro) è gentile, esperto, sorridente, problem solver.

La vestierista (giovane e carina, lei sta bene anche in Goldoni) è veloce, curiosa, capace.

Mi sento un po’ in uno di quei film americani in cui il cinico manager eredita per caso un podere in Provenza e poi pigia il vino e buca con l’Apecar e si innamora della barista del borgo (che in realtà è la castellana ma hippy e bella come Brigitte Bardot) e diventa buono e gentile.

Nel film non si vede se dopo tre settimane sull’Apecar scassata il manager rimpiange la Tesla . Io lunedì torno in Show Room. Ma lo shooting fuori porta mi ha messo di buon umore. La mensa è così esotica rispetto alla Sissi o al Pandenus. Mi è mancato solo il barista/hippy/aristocratico perché il caffè lo abbiamo preso alla macchinetta. Vabbè Lonate Pozzolo non è la Provenza.

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A pranzo con Alfredo Mattiroli

Reduce da due giorni a Pitti, da due pranzi in sala stampa e da due incontri che mi hanno fatto venire voglia di un post, eccomi con la penna in mano.

Alfredo Mattiroli presenta il suo libro a Pitti il 12 gennaio 2022

Premetto che dopo mesi in cui è socialmente accettabile mangiare solo con i congiunti, viaggiare solo con i congiunti, sedersi accanto solo ai congiunti, la fuga con uno sconosciuto (anche un brutto ceffo intendo, un disgraziato) mi pare un rischio da correre. Magari muoio di qualche cosa, ma non di noia.

Al netto della mia vertigine da astinenza sociale, io e Marilena (collega incantevole che ho scoperto velista e non solo) ci siamo trovate a pranzare per caso di fianco a un signore ottantatreenne vispo come un ragazzino e interessante come un libro giallo.

Alfredo Mattiroli (è lui lo sconosciuto commensale, ma lo avremmo scoperto solo al dessert) è la prova vivente che la giovinezza non è una questione anagrafica. In verità lo avevo già intuito con Elio Fiorucci e Patti Smith. Con Mattiroli (terzo indizio) ora ho le prove.

Nessun rimpianto, nessuna atmosfera vintage nei suoi racconti, nei suoi aneddoti, ma solo continui spunti per il futuro, letture in prospettiva e sguardo capace di vedere opportunità.

Sono andata alla presentazione del suo libro “Cacciatore di sogni”, edito da Rubattino.

Poi ho dato il tormento a Marilena e Giulia (pazienti compagne di viaggio) finché non sono andate a prenotarlo su Amazon.

Ho distillato il suo intervento in pillole: conoscere le lingue, vedere i mercati direttamente, darsi il tempo di visitare i clienti e sentire i loro feed back in presa diretta. Essere internazionali e curiosi. Essere umili. Rifuggire i luoghi comuni (tipo “in quel quel mercato non vado perché i clienti non pagano”), avere un buon network per verificare le referenze di chi si propone con cariche altisonanti.

E ho aggiunto qualche cosa di mio che lui non ha elencato in presentazione, ma che ho capito dal pranzo e che credo sia parte della ricetta per essere un buon cacciatore di sogni: avere una moglie incantevole, suonare il pianoforte, giocare a golf, andare in vela, avere amici che ti stimano e che tu stimi, non cercare lo scandalo anche se hai le info per scatenarlo, avere un paio di figlie che hanno preso in mano il tuo lavoro e lo portano avanti come si deve, tacere quando è opportuno farlo, avere rispetto del prossimo.

Ad un certo punto ho pensato di essermi così ingarellata per reazione al troppo isolamento (voi lettori fedeli sapete che il blog nasce dalla cattività covid), entusiasta di chiunque non avesse il mio stesso cognome o non abitasse al mio civico.

Tranquilli, non si è trattato dell’entusiasmo dell’ergastolano appena evaso: il giorno dopo a pranzo siamo incappate in un tris di tre sciure di straordinaria antipatia, noiosi residui anni ’80 di privilegi demodé, talmente autoreferenziali da non scambiarsi neanche il buongiorno.

A chi interessa capire come l’Italia sia passata dai sarti all’alta moda, passando per il pret a porter , consiglio di dare un’occhiata al libro. E a tutti auguro gioiosi pranzi con sconosciuti.

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Lavoro: specialisti o generalisti? Nello scenario liquido differenziamo il rischio

PB Non so se avete notato che molte cose che erano opportune 5 settimane fa sono diventate disdicevoli.Kipling If (Doubleday 1910).jpg

Prendere i mezzi pubblici e usare il car sharing, da atto di moderna eco sostenibilità è diventata un’azione suicida.

Sorridere e stringersi la mano, roba da untori (oggi sorridono solo i sociopatici senza mascherina)

Viaggiare, incontrarsi, accalcarsi a un concerto erano ben meglio delle succedanee dirette su Instagram o degli aperitivi via zoom.

L’Atalanta da fenomeno esaltante è diventata la causa dei contagi nel bergamasco.

Gli autisti dei tir si sono trasformati da killer dell’asfalto a staffette per la salvezza alimentare.

Se fai jogging al mattino presto sei un irresponsabile: stare tappato in casa è più salubre di una bella passeggiata.

Medici e infermieri sono più popolari di calciatori e cantanti. Il virologo ha soppiantato la criminologa.

Al di là delle considerazioni sulla volatilità di gloria e sconfitta (qui i poeti ci vengono in aiuto: If you can meet with Triumph and Disaster
And treat those two impostors just the same
scriveva Kipling ) ,come possiamo programmare la nostra carriera, in uno scenario che può essere molto variabile e spesso imprevedibile?

Cosa devo studiare? Su cosa devo specializzarmi? Se gioco tutte le mie carte sulla comunicazione e gli editori della carta stampata sono in crisi? Se punto tutto sulle olimpiadi di Tokio e poi le rimandano? Se sistemo un agriturismo e poi dicono a tutti di restare a casa?

Nessun piano ha la garanzia di non essere cambiato (Certo Bill Gates aveva registrato un TED nel 2015 che oggi fa impressione, come Laocoonte aveva detto di non far entrare il cavallo a Troia, ma appunto, ciò dimostra che da sempre l’inatteso può cambiare i nostri piani, al netto dei profeti), ma allora che fare della nostra vita lavorativa? Come costruire la nostra carriera? Come avere un po’ di serenità guardando al futuro e non perdersi nell’angoscia della incertezza?

La mia esperienza di recrutata e recrutatrice (brutto neologismo. Insomma di una che è stata selezionata qualche volta dalle aziende e che ha selezionato parecchi collaboratori per le aziende medesime) mi suggerisce che una specializzazione in cui essere particolarmente bravi è vincente (una brava sarta, una modellista finita, un PR dall’agenda con i fiocchi, un analista che annusa dalle pieghe dei numeri il trend dei consumi, un cuoco colto e dai sensi raffinati sono risorse preziose per chi assume).

Quindi se iniziate un percorso (possibilmente nel campo in cui avete talento e che non sia troppo inflazionato) approfondite, diventate i più bravi dell’ufficio, dell’azienda, della regione, del mondo. Il miglior merchandiser, il più bravo a fare i casting, la migliore a piazzare i consumi, a ricamare le cifre, a scrivere un comunicato stampa, a raccontare una collezione, a vendere ai russi.

Ma se chiudono le produzioni, chiudono i negozi, chiudono le frontiere, chiudono le sartorie e lo scenario cambia repentinamente e quello in cui siamo diventati bravissimi pare, pro tempore per lo meno, inutile? La mono specializzazione sembra diventare un limite.

Dunque, che fare? Non essere pigri di alimentare, anche a basso voltaggio, una seconda passione o attività, che in caso di pandemia/meteoriti/terremoti/fallimenti, potrà diventare temporaneamente l’attività principale, e poi, chissà, una risorsa per il futuro.

Suonate uno strumento? La band degli amici non va abbandonata neanche all’apice della carriera.

Adorate scrivere? Un post ogni due mesi per il blog fondato con la vostra amica del cuore, è un imperativo categorico anche durante il lancio delle collezioni

Vi piace cucinare? Non stancatevi di farlo per i vostri amici e per voi stessi in serate speciali in cui sperimentare e annotare ricette inedite, curiosando le vostre tradizioni e l’opera dei grandi cuochi.

Avete il pollice verde? Trasformate il terrazzo in giardino babilonese e intrattenete una relazione avvincente con il vivaista

Amate il francese? Rileggete Camus in lingua originale e frequentate il Centre Culturel Francais.

Non sto parlando di chi si è scocciato del traffico e fa lo skipper nelle Antille francesi o sogna un chiringuito in riva al mare. Per la fuga dalla civiltà siamo sempre in tempo.

Parlo della curiosità che ti consente di avere attenzione speciale anche per gli impegni minori.

Oggi ho un’amica, Silvie, che ha riesumato una abilitazione all’insegnamento della danza che giaceva in fondo a un cassetto da millenni, la campionessa di pallanuoto Giulia Viacava ha rispolverato la sua laurea in scienze infermieristiche e gode di maggior popolarità oggi in corsia che l’anno scorso in piscina. Un mio vicino di casa con il pollice verde sistema il giardino condominiale, il prof del Conservatorio appassionato di tecnologia ha messo in grado tutti i colleghi analogici di fare lezione on line agli allievi connessi da casa, Lorenza, manager della moda ha aperto un salone favoloso di toilette per cani a Stresa, un direttore generale introverso e intelligente fa il trader dalla taverna, il mio prof dell’università fa il regista teatrale e l’attore in TV.

Tutti avevano una passione (l’opera, la danza, la fotografia, gli animali, la cucina, le statistiche) che hanno coltivato e perfezionato nel corso degli anni, a volte certo trascurato, ma tenuto in vita nonostante tutto. Magari sarebbe rimasta lì come un nutrimento dell’anima, come una sfaccettatura della personalità. Ma a volte i terremoti – oltre ai molti danni –  fanno emergere le vene d’oro.

Quindi proprio come chi faccia investimenti in borsa, mentre puntate molto su una lucrativa operazione, non metteteci il 100% delle vostre risorse ma conservate una piccola scorta di energia e differenziate il rischio su titoli diversi. Nel caso l’operazione A non andasse come ci siamo immaginati, avremo sottomano il piano B, che non si improvvisa e non si pianifica: ce lo troviamo tra le mani grazie alla curiosità, alla passione, al tempo e alla costanza che gli avremo dedicato.

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Piccoli comunicatori crescono

PC In questo periodo in cui molto spesso i giovani passano da una formazione universitaria prevalentemente teorica a una serie eterogenea di stage mal pagati, nel corso Creative Lab di Iulm- di cui è titolare Marco Lombardi – cerchiamo di aiutare  i nostri studenti a capire se hanno la passione e le skills necessarie per lavorare nella comunicazione, facendoli lavorare su un progetto reale.

Quest’anno nel mio laboratorio abbiamo avuto un cliente vero (Sky), un brief reale (grazie a Massimo Manenti di Sky per il supporto), dei creativi in carne e ossa a dare utili consigli e incoraggiamento (grazie a Manuel, Rossana e Elisa di Integer!) e moltissimo impegno da parte degli studenti. Tanto che il più grande complimento che mi è stato fatto dai ragazzi  è che non avevano mai lavorato così tanto in tre anni di Università.

Il progetto si è concluso la scorsa settimana. I cinquanta studenti del laboratorio Sky si sono cimentati nella definizione di un piano di comunicazione, dedicato interamente ad un pubblico di millennials, con l’obiettivo di pensare ad un’evoluzione della campagna di Sky Q, l’ecosistema che permette la migliore esperienza di visione di Sky.

Delle otto proposte presentate all’azienda, la direzione marketing di Sky, che ha sponsorizzato il progetto, ha selezionato la proposta “Con Sky Q decidi tu” del team composto da Ana Maria Chisilita, Claudia Cavazzi, Gian-Luca Hvam Campana, Fabio Pinna, Mattia Mauro, Michele Triolo. Gli studenti sono stati premiati nella sede di Sky a Milano da Francesco Calosso, Chief Marketing Officer di Sky Italia.

Il percorso, durato sei mesi, si è articolato in varie fasi: dopo il brief di Sky, seguito dalla prova di Sky Q e dalla visita agli studi di Milano Rogoredo, gli studenti hanno svolto una ricerca sul campo tra i loro coetanei e sviluppato varie proposte nell’ambito pubblicità, eventi, digital e retail.

I millennials sono alla ricerca di esperienze immersive e desiderano il pieno controllo di una visione completa e interattiva. Per questo il team vincente, dopo aver effettuato un’analisi situazionale di percezione del brand Sky da parte del pubblico, ha proposto un piano di comunicazione che prevede uno spot con i protagonisti di “Gomorra”, serie tv che ha riscosso grande successo tra i millennial, e la creazione di eventi sul territorio con un talent di X Factor. Fondamentale il supporto digital con i social network per generare engagement, rafforzando il flusso di comunicazione tra Sky Q e l’audience, incrementando l’awareness del pubblico e creando viralità attraverso i contenuti editoriali.

Il capo gruppo del team vincitore, Michele Triolo, è già in stage in Integer, e lavora con me nel gruppo contact che segue Sky.

 

 

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“COSA CERCO IN UNO STRATEGIC PLANNER”. INTERVISTA A MICHAEL ARPINI, CHIEF STRATEGIC OFFICER TBWA\GROUP.

PC Ieri Michael Arpini ha fatto un intervento sulla Disruption durante una mia lezione al Master del Poli.design in Brand Communication. La platea era costituita da trenta potenziali futuri comunicatori, tra i quali negli scorsi anni il gruppo TBWA ha scelto stagisti per il reparto strategic planning, che Michael coordina.

Michael Arpini – Chief Strategic & Digital Officer TBWA Group

Ho quindi approfittato per chiedergli quali sono i criteri che utilizza quando seleziona un giovane planner. Sono emerse delle indicazioni valide in generale per capire se avete l’attitudine giusta per lavorare in un’agenzia di comunicazione.

Trampolinodilancio: “Quali caratteristiche deve avere un planner?”

Michael Arpini: “Si tratta più di un’attitudine che di preparazione tecnica: la preparazione si può imparare, mentre l’attitudine ha a che fare con tratti della personalità che sono difficili da plasmare anche a 23 anni.

Io cerco persone curiose, che come un bambino piccolo studiano, smontano e rimontano il loro giocattolo per capire come funziona.

Questa curiosità va applicata nel day by day. Dopo un po’ di tempo un planner vede insight ovunque. Come un antropologo del mondo moderno studia il modo con cui gli amici, i colleghi, i familiari si comportano. Va al supermercato e guarda cosa fanno le persone quando comprano il prodotto, usa i tool di social listening riuscendo a trarre da tanti dati un insight.

Un buon planner è una persona analitica che ha la capacità razionale di costruire dei percorsi.

Il ruolo dei planner sta cambiando, si apre il mondo della data strategy. Saranno sempre più fondamentali figure di data analysist che sappiano però anche trovare nei big data degli insight.

Un consiglio che posso dare è quello di fare cose anche lontane dal marketing classico: ricercare la varietà di stimoli, la diversità culturale, leggere tanti libri. Tra l’altro un planner dev’essere bravo a scrivere in modo da trasferire insight e copy brief al team creativo in modo ingaggiante e stimolante.

Infine, ricordatevi di non aver paura di sbagliare. Negli Stati Uniti viene addirittura premiato il fallimento, perché dimostra il coraggio di provare tante nuove strade.”

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Trampolino di lancio o di rilancio? Il piano B di Valentina

PB  Pare che fra i nostri lettori non ci siano solo smarriti talenti in cerca d’autore ma anche seriose aziende di chisono_06consulenza che si occupano di placement e re placement.

Ebbene, proprio una di loro ci ha voluto dare un contributo, la storia di una riqualificazione professionale che parla di talento e ottimismo non solo in chiave di “lancio” ma di “rilancio.

La condividiamo volentieri con voi, perché è una storia golosa.

QUANDO IL “PIANO B” SI REALIZZA E REALIZZA CHI LO ATTUA.

In materia di riposizionamento della propria figura professionale, chi si occupa di consulenza alla carriera ha sicuramente di che raccontare.

Il candidato, che ha perso il lavoro o che desidera cambiarlo, si approccia al percorso di Career Management con stati d’animo, idee ed aspettative sempre differenti e quasi sempre destinati a mutarsi durante il percorso.

C’è chi si aspetta la bacchetta magica che realizzi ‘hinc et nunc’ il progetto che si è prefissato; c’è poi chi non ha idea di quale sia il suo progetto nè come fare per scoprirlo; c’è infine chi, saturo di etichette e ruoli standard, ambisce a qualcosa di nuovo, un ruolo/contesto/progetto che ridia stimolo e slancio alla professionalità.

È proprio dall’analisi delle esperienze, delle competenze, dei successi e di quelle cose riuscite meno bene, che scaturiscono questi obiettivi professionali alternativi e discostanti dal tradizionale prosieguo in ambito/settore di provenienza.

Nel corso della nostra attività di Consulenti alla Carriera spesso assistiamo candidati che decidono, ad esempio, di lasciare le aziende per intraprendere attività imprenditorialità che sono espressione di passione, ambizione e determinazione.

È il caso, ad esempio, di Valentina, 35 anni, milanese, dottoressa in scienze e tecnologie alimentari da sempre appassionata di bricolage e decorazione con paste modellabili: dopo aver ricoperto ruoli di responsabilità nel comparto Ricerca&Sviluppo di due note multinazionali alimentari, complice la partecipazione ad una fiera di settore, scopre che un connubio tra gli studi effettuati, il lavoro svolto e la passione di sempre era possibile e realizzabile nel Cake Design.

Ed ecco che, quando conosciamo Valentina in occasione della riorganizzazione che vede coinvolta la sua azienda, leggiamo in lei sin da subito convinzione nel portare avanti il suo progetto: realizzare un laboratorio di Cake Design!

Oggi Valentina è la proprietaria de “Il Profumo delle Fragole”, delizioso laboratorio di delizie, per gli occhi e per il palato www.ilprofumodellefragole.it ; organizza corsi e tutorial, e realizza, con creatività e attenzione ai dettagli, topper per torte, confetti, cup cakes e biscotti…personalizzati ed assolutamente unici.

Il bilancio delle competenze effettuato ha consentito a Valentina di acquisire ulteriore consapevolezza delle sue capacità e delle sue mille risorse emerse nel corso delle esperienze professionali, a delineare con ancora più chiarezza l’obiettivo professionale di auto-imprenditorialità e quali step formativi intraprendere.

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La carriera: da trattare come un’opera preziosa

PB Un paio di settimane fa a Londra ho visitato per la prima volta il Museum of Risultati immagini per saliera del celliniLondon.

A parte consigliarvi di metterlo in agenda per il vostro prossimo viaggio in Inghilterra (è bellissimo e racconta la città in modo coinvolgente e poetico) mi ha colpito l’assenza di una tela Finally at home di cui c’era solo la copia perché l’originale è volato in prestito alla National Gallery di Shangai per una mostra temporanea sui viaggi ai tempi delle colonie.

Pensare a questo quadro, pieno di figure che si abbracciano felici di ritornare a casa (sono soldati di ritorno dall’India che rivedono le loro giovani spose, i loro bambini, i vecchi genitori) che attraversa l’oceano per essere ammirato in Cina, mi ha fatto riflettere sul concetto di valore delle opere, sulla loro durata nel tempo, sulla loro ciclica riscoperta.

Come garantire, tra le alterne fortune, un duraturo successo alla nostra carriera?

Dobbiamo trattare la nostra storia professionale come una tela preziosa, che abbia un disegno sensato e emozionante, a cui possiamo cambiare cornice o collocazione, a cui possono succedere incidenti ma che noi dovremo sempre restaurare e manutenere con cura.

Se i danni non dipendono da noi (le aziende non sempre sono amorevoli, oneste, accudenti, grate) si potranno restaurare (come le macchie di umidità o le ferite dei teppisti).

Ma se le figure sono brutte, i tratti superficiali, le proporzioni sgraziate, non ci sarà sala o luce sapiente che riuscirà a far sembrare una crosta un capolavoro. Per lo meno non molto oltre i 15 minuti di notorietà previsti da Andy Warhol.

Ma come si fa a immaginare un disegno armonico in periodi liquidi in cui la frase Piano di Carriera sembra arrivare da Marte?

  1. Non trattate con superficialità e disamore nessuno dei lavori che vi capiterà di fare. La saliera del Cellini è la sua opera più famosa: ed era solo una saliera!
  2. Cercate di dare un senso alle vostre ricerche per poter crescere in verticale nello stesso settore (moda, solo moda dalla vestiarista alla direzione artistica) o ampliando una competenza sempre di più in settori diversi (vendere, vendere, vendere, bulloni, navi o gas ma affinare una tecnica fino alla perfezione).
  3. Riparate, per quanto nelle vostre possibilità, gli errori, inevitabili, e lasciate un buon ricordo di voi.
  4. Non scoraggiatevi nei momenti di scarso riconoscimento: gli anni ’80 sono tornati di moda e presto toccherà ai ’90: non si può essere sempre sotto i riflettori e di solito un buon quadro c’è sempre il momento di recuperarlo
  5. Studiate, copiate, siate curiosi e diventate un piccolo esperto, un punto di riferimento per i colleghi anche solo in un piccolo ambito: il migliore a variantare le cravatte, il migliore a fare una presentazione in inglese, il migliore a far quadrare un budget, il migliore a fare un Power Point, il migliore a scrivere un comunicato stampa.
  6. Non siate permalosi e alzate le antenne, a volte fate buon viso a cattivo gioco ma ascoltate quel che succede intorno a voi senza arroccarvi in posizioni che vi metteranno in un vicolo cieco. A volte cambiare idea è un’ottima idea: facendo le radiografie alle opere d’arte si scoprono spesso i ripensamenti degli artisti
  7. Siate generosi. Del vostro sapere, del vostro tempo, del vostro sorriso
  8. Siate seri, sinceri, affidabili
  9. Non siate invidiosi.

Ogni attività si può fare dignitosamente. Quelle che ci piacciono e per cui abbiamo talento, anche magnificamente.

Tanto lavoro ben fatto, studiato, accudito farà di una fila di progetti una buona carriera

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Il fattore umano

PB La mia amica Lidia, intelligente, lucida, belloccia, rompiscatole, ex spietata  – è il nostro life-coach. Nostra, intendo, delle amiche, dei colleghi, dei colleghi delle amiche…

La settimana scorsa, mentre imbarcavo su un volo per Napoli, mi ha fatto compagnia al telefono, fino a che l’aereo ha sostanzialmente rollato. Appena un attimo prima di essere sgridata dalla hostess.

Un paio degli argomenti della nostra telefonata, avevano un minimo comun denominatore che credo sia interessante per i nostri lettori: quanto il fattore umano possa fare la differenza anche nella professione e non solo nella vita personale.

Argomento uno: L’autista della navetta per l’aeroporto (lo stesso che una volta mi ha salvato una boccia di profumo che avevo dimenticato in borsa e che se lui non mi avesse riposto nell’auto dopo avermi lasciato al terminal, non avrei potuto imbarcare), mi ha detto di sedermi davanti, perché si ricordava che io soffro l’automobile.

Questo signore nella sua vita è stato autista di camion. Quindi sul fatto che sappia guidare bene non si discute. Ma lui ha fatto la differenza ricordandosi specificamente di un suo passeggero. Che non si è sentito per niente qualsiasi, come quando vai al tuo bar e il tuo barista ti prepara il caffè (macchiato? lungo? corto? deca? d’orzo? in tazza grande? con latte freddo a parte?) prima ancora che tu apra bocca.  Mio driver preferito per sempre. Parcheggio confermato e intangibile, anche se quando piove si sprofonda nel fango. Ma che fa un poco di fango a Jane quando il suo Tarzan guida?

Argomento due: Lidia durante il fine settimana ha fatto una lezione di prova presso un nuovo centro Yoga di Milano. Ci è andata perché il nostro amico Oscar si è occupato in parte dell’arredamento.

Ma è stata conquistata dalla verve della signora americana che ha aperto il centro. Volitiva, appassionata, non travestita da santone indiano, ha capito le sciure milanesi creando uno spazio bello e da dove si esce più belle (si, ha capito le sciure milanesi).

Lidia ci va alle 7 del mattino, prima di andare in ufficio. Il centro è aperto per cittadine di pianura, pragmatiche, un poco calviniste, esigenti, discrete, di una certa sobrietà ma bisognose di fuoco e passione. La lezione è “Hot” perché si svolge a 37 gradi. Ma il nome promette in ogni modo qualcosa in più divertente che due guanciotte rosse.

Concordo con il mio life-coach: a parità di preparazione tecnica (e qui non si discute: bisogna imparare l’arte) la capacità di intuire le esigenze di chi ci sta intorno, l’empatia che si crea nello scambio di competenze, sono il fattore umano che rende speciale ciò che sarebbe solo sufficiente.

Crescere come uomini, oltre che come tecnici, vi renderà candidati migliori nella ricerca di una buona posizione e di una brillante carriera. Oltre che avvicinarvi, per quanto possibile, alla felicità.

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