AAA stagista con voglia di imparare cercasi

PC Alessandra Selmi, l’editor che ci ha gentilmente ricordato in un recente post le regole per scrivere in italiano corretto, cerca per la società Bietti, dove lavora, uno studente in materie umanistiche a cui proporre uno stage in redazione.devoto_oli

Il candidato può essere anche alla sua prima esperienza, ma i requisiti “minimi” sono un’ottima conoscenza della lingua italiana, in particolare la grammatica, e una buona conoscenza dell’uso di Word.

La risorsa verrà inserita in redazione e riporterà all’editor, Alessandra stessa. Le mansioni spaziano da piccoli lavori di segreteria, a cose più tecniche: lettura dei manoscritti in valutazione, redazione di schede di lettura, correzione di bozze. Lo stagista, dunque, avrà la possibilità di imparare davvero un po’ tutto l’iter di pubblicazione di un libro in una redazione piccola (con tutti i vantaggi che ne derivano).
Nel dirmi, infine, che lo stage, almeno allo stato attuale delle cose, non è retribuito, ma è previsto un rimborso spese, Alessandra mi sottolinea che garantisce però la sua massima disponibilità a insegnare tutto quello che sa di questo mestiere, durante il percorso di stage. Abbiamo quindi divagato commentando che questo purtroppo spesso non accade, e ne è nato il divertente racconto di una delle prime esperienze di Alessandra e un utile appello ai giovani candidati per la posizione di stage.

“Alcuni anni fa collaborai come redattore per una prestigiosa rivista di moda. La prima cosa che imparai fu che nessuno mi avrebbe insegnato nulla. Non con i metodi tradizionali, almeno. Appresi tutto (e non fu poco) col tryal and error.
Scovai la toilette – sì, nessuno si prese la briga di dirmi: «Se ti scappa la pipì, è la terza porta sulla sinistra» – entrando a caso in tutti gli uffici. Una pioggia di «Ops, mi scusi!» e «Ho sbagliato, cercavo il bagno!» e di occhiatacce malevole, fino alla stanza giusta, quella piastrellata per intenderci. E così trovai anche l’archivio, le matite e i post it (all’inizio me li portavo da casa), il reparto grafica, la macchinetta del caffè e i server, che fortunatamente convivevano in un unico loculo. Quando chiesi di assistere a un servizio fotografico, un’astuta collega mi disse che non c’era nulla da vedere, e infatti ancora oggi non so che aspetto abbia un vero set, e nemmeno un guardaroba, nonostante ci tenessi moltissimo.
Nessuno aveva tempo, e forse voglia, di spiegarmi a cosa servisse il lavoro che stavo svolgendo, che cosa c’era stato prima e cosa sarebbe venuto dopo, perché le cose si sbrigavano in un certo modo e quali erano i faux pas assolutamente da evitare. Se sbagliavo, il direttore mi omaggiava di una sonora lavata di capo – sonora, nel senso che l’avrebbero sentita anche quelli dei piani di sotto. Quando mi dissero di indossare un “abito da cocktail” a un evento fieristico, spesi la bellezza di 300 euro per un Valentino in viscosa viola, che nel mio guardaroba rappresenta ancora oggi il peggior investimento di sempre (del resto, avevo già delle Prada in tinta che sembravano fatte apposta…); è inutile che vi dica che a quell’evento le mie colleghe indossavano jeans e maglioncino, e che io mi sentii una contadinotta vestita a festa.
Con questo metodo selvaggio, imparai a scrivere una didascalia, e quindi un titolo e poi un articoletto e infine un servizio. Così imparai a districarmi nel mondo Apple/Macintosh, in cui tutti i pulsanti stanno dall’altra parte e il desktop si chiama scrivania, e appresi le basi del più importante programma di grafica editoriale. Imparai moltissime cose, non lo nego, tante delle quali rappresentano ancora oggi una marcia in più nel mio curriculum. E non solo.
Imparai, cosa ancora più importante dell’uso di un MacBook, l’importanza della reputazione e dell’immagine professionale. Imparai a proporre le mie idee senza balbettare, a non chiedere scusa ogni due parole, a non zerbinarmi con tutti. Imparai quant’è dura la vita lavorativa e come si sopravvive in un ambiente ostile e competitivo. Imparai a diventare una persona adulta.
Senza quella difficile esperienza oggi non sarei dove sono, cioè esattamente dove voglio essere.
Sono editor per Bietti, una piccola casa editrice che pubblica libri molto belli, e spesso ho a che fare con giovani stagisti, a cui affidiamo correzioni di bozze o trascrizioni e altri piccoli lavori di redazione. In ognuno di loro rivedo me stessa e la promessa che mi sono fatta uscendo (indenne) da quella famosa redazione: che se mi fossi trovata in una posizione di superiorità – presunta o reale – non avrei mai riservato ai miei collaboratori lo stesso trattamento. Per due motivi pratici e prosaici: perché chi impara bene un mestiere poi lavora bene, e perché non voglio trovarmi le gomme dell’auto squarciate.
Mi rivolgo dunque ai giovani che si affacciano sul mondo del lavoro. Abbiate l’umiltà di riconoscere che, nonostante i vostri titoli, non sapete fare sostanzialmente nulla; abbiate il coraggio di imparare e di chiedere; se non capite o non sapete, non millantate per darvi arie: ditelo. Se trovate qualcuno disposto a insegnarvi qualcosa, prestategli attenzione. Se vi fanno un’osservazione – e, spero per voi, garbatamente – prendetela come un’opportunità di miglioramento e non come una sterile reprimenda.
E mi rivolgo anche ai professionisti, molti dei quali potrei trovarmi davanti in futuro, in un colloquio in cui sono io la candidata. Non siate gelosi delle vostre conoscenze; non temete di trasmetterle a chi deve ancora crescere; non abbiate paura della rigogliosa, giovane concorrenza: se valete, nessuno vi porterà via il vostro posto per aver insegnato qualcosa; al massimo vi ameranno come si ama un mentore generoso e saggio. Onorate la vostra arte trasmettendola agli altri, con passione, tenacia e pazienza. E non sbraitate nei corridoi per far sapere a tutti che siete il capo.

P.S.: vendo abito viola in viscosa di Valentino, usato una sola volta, taglia 42. (Alessandra Selmi)”

Chi fosse interessato allo stage (o all’abito di Valentino) può lasciare l’indirizzo email a trampolinodilancio, così lo mettiamo in contatto direttamente con Alessandra Selmi.

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8 thoughts on “AAA stagista con voglia di imparare cercasi

  1. Elena ha detto:

    Ho molto apprezzato questo contributo. Non è comune raccontare con questa genuinità e apertura il proprio percorso, a volte complicato e denso di ostacoli, da parte di chi ha fatto carriera e ha raggiunto i propri obiettivi professionali. Spesso, appunto, chi è arrivato si atteggia come se fosse stato seduto su quella poltrona da sempre, come se ci fosse nato, come per una sorta di divina predestinazione, e gli errori, gli sbagli, l’inesperienza degli altri improvvisamente non vengono più contemplati. Anch’io ho lavorato per una prestigiosa rivista di moda internazionale, e anch’io ho vissuto più o meno le stesse esperienze, imparando tanto ma sostanzialmente da sola, con colleghi chiusi e abbarbicati sulle loro visioni e routine, e con capi supponenti e assolutamente incapaci di ascolto e gestione degli altri, oltre che di loro stessi. Anche a me quest’esperienza ha insegnato tanto, naturalmente. Chi inizia ha la necessità di essere sincero con se stesso e conscio dei propri limiti, chi è nel campo da un po’, invece, ha il DOVERE della comprensione, dell’empatia e, soprattutto, dell’umanità.
    Elena

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    • Alessandra Selmi ha detto:

      Cara Elena, grazie per il commento gentilissimo.
      E’ vero. Nessuno ama rivangare le esperienze professionali del passato, forse perché ammettere pubblicamente i propri insuccessi, le paure, i tentativi falliti e la goffaggine iniziale mina l’autostima delle persone.
      Io invece credo che tenere i piedi ben saldi per terra e ricordarsi sempre da dove si è partiti sia lodevole e aiuti a non prendersi troppo sul serio.
      Ho solo da precisare che non ho poi fatto tutta questa gran carriera. Faccio, più semplicemente, il lavoro che ho sempre sognato e sono felice.
      E’ quello che auguro anche a te.
      Alessandra

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  2. Elena ha detto:

    Capita in alcuni casi che il comune concetto di “far carriera” e il realizzare i propri sogni professionali non combacino perfettamente, vuoi perchè ci si lascia deviare da percorsi inattesi o perchè si comincia a pensare che i propri sogni non abbiano nulla a che fare con il modo convenzionale di intendere il lavoro. Io credo ci siano grandi carriere sterili e progetti professionali (e quindi persone) che traboccano passione da ogni poro, indipendentemente dalla loro posizione lavorativa. Inseguire i propri sogni è molto più faticoso che lasciarli in un cassetto. Inseguire i propri sogni richiede impegno continuo, sudore della fronte e responsabilità al 100%. Ma, appunto, rende felici.
    Grazie per la risposta.
    Elena

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  3. Giulia ha detto:

    Cara Alessandra,
    se non mi vergognassi a rubare il posto a un giovane che ancora non ha mai lavorato, chiederei aspettativa all’azienda per cui lavoro e mi proporrei io per questa splendida opportunità.
    L’editoria è uno dei miei sogni nel cassetto, l’italiano è sempre stata la mia materia preferita e chi mi conosce sa che scrivo, scrivo, scrivo, per qualsiasi cosa. A volte, penso, persino troppo.
    Mi auguro che lo stagista che coglierà l’occasione proposta si renda conto di che fantastica insegnante si trovi davanti: nei miei 20 anni di lavoro, raramente qualcuno mi ha insegnato davvero qualcosa, il Suo appello ai professionisti – più ancora di quello rivolto ai giovani che per quelli della mia generazione è semplicemente “la base per imparare a lavorare” – mi ha quasi commosso.
    Grazie, a nome di tutti gli autodidatti !

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    • Alessandra Selmi ha detto:

      Grazie, Giulia.
      Anche il tuo commento mi ha commossa.
      Non so se sono una fantastica insegnante – a dire il vero, ho ancora così tanto da imparare io che mi vergogno a definirmi come tale – ma come minimo ci provo.
      Alessandra

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      • trampolinodilancio ha detto:

        Grazie Ale, anche per le risposte ai due interessanti commenti al tuo post. Sono particolarmente d’accordo sia con il dovere morale di insegnare ai giovani, che è uno dei motivi per cui Patrizia e io abbiamo fatto nascere poco meno di un anno fa questo blog, sia con il fatto che una carriera convenzionale non sempre corrisponde a un progetto professionale e di vita soddisfacente. Paola

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  4. Giulia ha detto:

    Leggo questo post dal “basso” della mia esperienza di studentessa all’ultimo anno di Filologia moderna (laurea magistrale), alla ricerca di un’opportunità concreta per imparare e muovere i primi passi nel mondo del lavoro.
    I miei aurei sogni di “fare l’editor” con cui ho iniziato, motivata ed entusiasta, il mio percorso universitario si sono scontrati, ma non ancora frantumati, contro quella che si definisce “la dura realtà”, intervenuta più volte (e chissà quante volte ancora) a disilludermi amaramente, ma mai in grado di farmi desistere. Cito, nell’ordine, le vaghe, terrificanti notizie della “crisi del settore” spizzicate dai professori a lezione; una catasta di curricula spediti, nella maggior parte dei casi senza ricevere risposta; un interessante (appassionante, direi) stage non retribuito a cui, però, è stato impossibile dare un seguito per “mancanza di fondi”; i soliti “conoscenti di” che, pur presentando un curriculum universitario di basso profilo e scarse competenze culturali, riescono a ottenere miracolosamente prestigiosissimi stage dall’oggi al domani, lasciando a bocca asciutta un disperato esercito di studenti “di belle speranze” che hanno sudato ben più delle topiche “sette camicie” per costruirsi un curriculum idealmente appetibile e, per così dire, “senza macchia”.
    In questi ultimi mesi ho imparato sulla mia pelle che un percorso scolastico e universitario vissuto con impegno e abnegazione, ancora troppo spesso, nulla può contro quei famosi “raccomandati” di cui tanto si parla, e che nessuno si augura di incontrare sul proprio cammino. L’ansia per il futuro cresce, la paura di essere costretti, presto o tardi, ad alimentare l’esodo dei cervelli si fa sempre più tangibile. Eppure, come ci insegna la saggezza popolare, la speranza è l’ultima a morire. Leggere dell’offerta di Alessandra Selmi mi sprona a non rinunciare solo perchè dicono che l’editoria sia uno dei settori più in crisi dell’intera economia italiana, o solo perchè i raccomandati esistono, o perchè è (e sarà) difficile. Il fatto che ancora ci siano professionisti disposti a formare, seguire, e accompagnare le nuove generazioni mi riempie di fiducia: mi suggerisce che, in fondo, la scelta di studiare Lettere e “seguire il mio cuore” – e quanti me lo sconsigliavano! – potrà forse condurmi da qualche parte, dove potrò costruirmi un posticino per me. Nel mio piccolo, ho sempre investito fatica e passione nella mia formazione, principale biglietto da visita in mancanza di quella famigerata “esperienza” che, senza cominciare da qualche parte, proprio non si può vantare. Continuerò a impegnarmi, con gioia e umiltà, perchè penso che, in fin dei conti, siano proprio la tenacia, la passione e il merito a fare la differenza, e credo che, dopo una buona semina, prima o poi sia ancora possibile raccogliere i frutti sperati.

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    • Alessandra Selmi ha detto:

      Cara Giulia,
      so quanto è difficile e talvolta sconfortante cercare (e trovare) un lavoro, specie di questi tempi e specie il lavoro dei propri sogni.
      Il consiglio che mi sento di darti è duplice: non guardare a chi ti passa davanti con manovre più o meno pulite; stai in guardia, certo, ma non permettere a queste storie di ordinario squallore di abbatterti. Fai in modo che i tuoi occhi cerchino sempre storie di positività e nutriti di quelle. Ce ne sono, te lo garantisco.
      E continua a credere, lavorare, investire. Instancabilmente.
      Forse sarò un’ingenua sognatrice, ma credo che alla lunga gli sforzi onesti paghino sempre.
      Un grosso in bocca al lupo.
      Alessandra

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