Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei

PC Conosco Alessandra Selmi da quando si è laureata a pieni voti  in Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo alla IULM di Milano. Alessandra ha subito deciso di provare la difficile strada della scrittura e ha esordito come redattore per le testate Vogue Sposa, Vogue Bambini, Matrimonio Perfetto e Kid’s Sport (in sostanza scriveva sul matrimonio e i suoi frutti).

Alessandra Selmi. Fotografia di Stefano Molaschi

Alessandra Selmi. Fotografia di Stefano Molaschi

Tra le sue diverse attività  la più divertente è sicuramente la collaborazione con il settimanale “Confidenze” per cui scrive storie vere, dietro pseudonimo.

Ma il suo contributo a trampolinodilancio nasce dal lavoro come editor freelance per  diverse case editrici, per cui si occupa di revisione dei testi e selezione dei manoscritti per la pubblicazione. Da fedele lettrice di trampolinodilancio ci ha infatti proposto un post sugli errori che più frequentemente si compiono quando si scrive in italiano, perché se è vero che è fondamentale sapere l’inglese bisogna innanzitutto scrivere in un irreprensibile italiano.  Ecco quindi i suoi consigli:

Alessandra Selmi: L’insegnamento della grammatica inizia sin da quando siamo bambini e prosegue lungo tutto l’iter formativo, fino a insinuarsi – come una maledizione, direbbero alcuni – nei corsi di studio che apparentemente nulla hanno a che spartire con “lo bello stile”, dalle scuole alberghiere agli istituti tecnici.

In alcuni, disperati casi, tanti anni di studio non sono sufficienti e spesso mi capita di imbattermi in scrittori, affermati o in erba, che disseminano i loro manoscritti di abominevoli errori. Sono tristemente numerosi anche gli aspiranti correttori che infarciscono i curricula di sviste più o meno gravi e, per contro, troppo pochi coloro che superano il test preliminare di grammatica.

E tuttavia la lingua italiana non è uno strumento d’uso obbligatorio solo per giornalisti, scrittori, editor e professori. Se non tutti sono nati romanzieri, chiunque è tenuto a padroneggiare le basi della grammatica, perché tutti, prima o poi, ci troviamo nella (spiacevole?) incombenza di scrivere qualcosa.

E quel che scriviamo, come lo scriviamo, ci qualifica per quello che siamo.

Inviare un’email punteggiata di refusi è come presentarsi a un colloquio con le unghie sporche: inquadra il candidato come una persona trasandata, disattenta, inaffidabile. Chi metterebbe il proprio reparto nelle mani di un professionista che non si prende nemmeno la briga di rileggere due righe prima di cliccare invio? E cosa pensereste del capo che prende uno stipendio tre volte superiore al vostro, ma verrebbe bocciato in quinta elementare?

Il medesimo discorso vale per tutte le occasioni in cui siete tenuti a scrivere qualcosa (salva, forse, la lista della spesa): che si tratti degli auguri di Natale per i vostri clienti, o del planning trimestrale, così come la presentazione in Power Point della tesi o la relazione per gli investitori, un errore grossolano può intaccare l’immagine professionale costruita in mesi di duro lavoro. E sappiate che vale anche per i social network, soprattutto se un cliente su cui volete fare colpo rientra tra i vostri contatti; nessuna scusante del tipo “Ero di fretta” o “Non se ne accorge nessuno”, né tanto meno “Su Facebook lo fanno tutti”. Iniziate a distinguervi per eleganza di stile nell’uso di accenti, apostrofi, troncamenti ed elisioni.

Il primo consiglio, dunque, è il seguente: rileggete, rileggete, rileggete.

Non fidatevi del correttore di Word, che è talvolta truffaldino. Fate affidamento, soprattutto, su un buon dizionario e su un vecchio, tradizionale testo di grammatica, in cui rifugiarvi ogni volta che un dubbio vi assale. Se non vi piace la carta, un sito attendibile è quello dell’Accademia della Crusca (www.accademiadellacrusca.it), che offre anche un interessante e utile servizio di risposta ai quesiti.

E soprattutto dubitate, dubitate moltissimo. Perché spesso si è convinti di sapere e non si sa, e perché la nostra lingua è ricca, affascinante e piena di insidie.

Eccone alcune in cui cadono anche i più esperti:

“Qual è” e “Qual era” vanno sempre senza apostrofo.

“Qualcun altro”, maschile, non ha mai l’apostrofo.

“Egli dà” vuole sempre l’accento, per distinguersi da (appunto) “da” preposizione semplice e “da’” con l’apostrofo, che è elisione di “dai” (seconda persona singolare dell’imperativo presente attivo del verbo dare: “Da’ una mano in cucina!”).

“Dì” con l’accento è sinonimo di giorno: “Sono stato a spasso tutto il dì”. “Di” senza nulla è preposizione semplice. “Di’” con l’apostrofo è l’imperativo del verbo dire: “Di’ la verità!”.

“Un’” con l’apostrofo si mette solo davanti a nomi femminili. “Un’arancia, un’eccezione, un’idea, un’ossessione, un’usuraia” e “Un amico, un esempio, un idiota, un orso, un uomo”.

“Sé” (con l’accento acuto) indica il pronome. “Se” la congiunzione.

“Né” (sempre con l’accento acuto) indica la congiunzione: “Non voglio né latte né limone”. “Ne” il pronome: “Non ne posso più”.

“Sì” con l’accento è l’avverbio affermativo: “Sì, lo voglio!”. “Si” è pronome: “Si viaggia a rilento”.

“La” articolo determinativo (“La casa è grande”). “Là”, con l’accento, avverbio di luogo: “Vieni di là”.

“Qui, quo, qua” l’accento non va, come ci insegnava la maestra. Non hanno mai l’accento: “Io so”, “Egli sa”, “Egli va”, “Egli sta”.

“Perché, poiché, nonché, giacché, allorché, finché” hanno sempre l’accento acuto.

 

Grazie Alessandra, un bel ripasso fa sicuramente bene a tutti noi!

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One thought on “Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei

  1. Giulia Spada ha detto:

    La storia degli accenti acuti o gravi mi frega sempre.
    Per fortuna tutto il resto lo avevo imparato bene a squola.

    (giuro che l’errore è voluto)

    "Mi piace"

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