PC I giovani talentuosi sono abroad addicted, come li definisce a4job – la bellissima iniziativa del settimanale A che aiuta i giovani a trovare un lavoro – o piuttosto abroad convicted, costretti a realizzare un’esperienza all’estero?
Sicuramente i giovani di talento con i quali abbiamo avuto modo di parlare amano completare il loro iter di studio o lavorativo con un periodo di permanenza all’estero. Ma è altrettanto vero che l’aver trascorso un lungo periodo all’estero è diventato quasi un obbligo, perché è uno degli elementi di maggiore rilevanza nella selezione di un candidato. Ce lo confermava Matteo Battiston, direttore di IED Management Lab: “E’ forse il primo elemento che leggo in un curriculum. Aver vissuto un periodo all’estero rappresenta nella vita di una persona una cesura rispetto alla situazione corrente, che si traduce in una maggiore elasticità intellettuale.” Un principio caro anche a Massimo Costa, che nell’intervista che ha inaugurato il nostro blog invitata i giovani ad “andare via dall’Italia, lasciare la famiglia, andare a studiare all’estero! Non solo perché è importante l’inglese, ma perché solo in Italia abbiamo giovani che a 28 anni non hanno mai pagato una bolletta.”
Come sottolineava Cristina Scialino (Direttore risorse umane L’Oréal Italia) durante la presentazione dell’Osservatorio sulle Professioni “l’Italia è il paese del cocoon, dove anche la famiglia autorizza i giovani a evitare quello che crea stress.” E il suo appello agli studenti e neo laureati è stato: “Se volete crescere mettetevi in posizione di unconfort! Scoprirete che avete più risorse di quello che pensate!”
In conclusione, se non appartenete alla categoria degli abroad addicted, se rinunciate difficilmente alle comodità della casa materna e vi sentite sicuri, apprezzati e protetti solo nell’ambito familiare, fatevi forza e sentitevi costretti ad andare all’estero: il vostro personal branding ne trarrà indubbiamente un grandissimo vantaggio.