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Allo Ied di Roma si terrà il primo Personal Branding Day

 PC Abbiamo avuto modo di parlare spesso dell’utilità del Personal Branding sia per i giovani che per chi vuole rilanciare la propria carriera. Ci fa quindi piacere segnalare che si terrà allo IED di Roma il 6 luglio la prima edizione del Personal Branding Day, un progetto nato da un’idea di due professionisti della comunicazione, Stefano Principato e Alessandra Colucci, per contribuire a divulgare i principi del Personal Branding. L’iniziativa è stata sviluppata in partnership con IED Management Lab e fa parte della programmazione di Apriti IED, l’appuntamento annuale di fine anno dell’Istituto Europeo di Design. Si tratta di un’intera giornata mirata ad approfondire l’argomento e a farne esperienza attraverso il confronto con consulenti esperti in materia ed è dedicata sia agli studenti che frequentano l’università o devono decidere come continuare il proprio percorso di studi, sia ai neo-laureati che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro, ma anche ai lavoratori dipendenti che desiderano modificare la propria posizione lavorativa, o ai professionisti e imprenditori che hanno il desiderio di promuovere se stessi e rilanciarsi curandone il proprio brand.

L’iniziativa comprende momenti più informativi e momenti dedicati ad attività ludico-pratiche, tra cui delle micro-consulenze gratuite (10-15 minuti a persona) in materia di gestione del personal brand e dei mini-workshop di circa 30 minuti l’uno incentrati su simulazioni e consigli.

Abbiamo chiesto a una delle due organizzatrici, Alessandra Colucci, qualche suggerimento pratico da dare a chi, per motivi geografici, non potrà partecipare al workshop.

Alessandra Colucci: “In generale direi che una delle cose fondamentali è sempre essere e apparire coerenti (che , nella pratica, può significare – ad esempio – utilizzare sempre la stessa immagine di riferimento in modo da essere riconoscibili anche su piattaforme differenti), aver cura di ogni dettaglio e – soprattutto sui social network – ascoltare, interagire, evitare di essere autoreferenziali, curare e rispettare il rapporto con gli altri dando loro spazio perché una relazione, sia essa personale che professionale, è sempre uno scambio bidirezionale.”

Trampolinodilancio: “Quali carenze in termini di personal branding avete riscontrato nei vostri studenti e più in generale nei giovani?”

Alessandra Colucci: “A mio avviso, l’unica carenza che è possibile riscontrare è nella mancata applicazione di una strategia. Per costruire un proprio personal brand, come sempre nel marketing, è importante che le riflessioni sulle proprie capacità, competenze, punti di forza e aree di miglioramento – sia che abbiano obiettivi meramente personali, sia che mirino a sapersi comunicare bene in ambito professionale – partano da un’accurata analisi dello “stato delle cose”. Così come è bene saper cosa si vuol dire e scegliere un tono adatto al contesto in cui si agisce prima di iniziare a parlare con qualcuno, occorre analizzare la propria situazione e solo dopo iniziare a lavorarci su: fissare i propri obiettivi, reperire i mezzi e gli strumenti più adatti a raggiungerli e comprenderne le modalità di funzionamento (anche implicite), selezionare tra questi quelli più rappresentativi del proprio modo di essere, costruirsi delle regole riguardo il loro utilizzo e alla fine mettere in pratica quel che ne frattempo è diventato un piano strategico.

Se è complesso comunicare correttamente sé stessi nel quotidiano, senza incorrere in fraintendimenti, sicuramente non è sufficiente l’intuito per costruire una comunicazione efficace e un personal brand carismatico sul piano professionale, occorre avere alcune competenze specifiche o farsele “prestare” da un professionista.”

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Abroad addicted o convicted?

PC I giovani talentuosi sono abroad addicted, come li definisce a4job – la bellissima iniziativa del settimanale A che aiuta i giovani a trovare un lavoro – o piuttosto abroad convicted,  costretti a realizzare un’esperienza all’estero?

Sicuramente i giovani di talento con i quali abbiamo avuto modo di parlare amano completare il loro iter di studio o lavorativo con un periodo di permanenza all’estero. Ma è altrettanto vero che l’aver trascorso un lungo periodo all’estero è diventato quasi un obbligo, perché è uno degli elementi di maggiore rilevanza nella selezione di un candidato. Ce lo confermava Matteo Battiston, direttore di IED Management Lab: “E’ forse il primo elemento che leggo in un curriculum. Aver vissuto un periodo all’estero rappresenta nella vita di una persona una cesura rispetto alla situazione corrente, che si traduce in una maggiore elasticità intellettuale.” Un principio caro anche a Massimo Costa, che nell’intervista che ha inaugurato il nostro blog invitata i giovani ad  “andare via dall’Italia, lasciare la famiglia, andare a studiare all’estero! Non solo perché è  importante l’inglese, ma perché solo in Italia abbiamo giovani che a 28 anni non hanno mai pagato una bolletta.”

Come sottolineava Cristina Scialino (Direttore risorse umane L’Oréal Italia) durante la presentazione dell’Osservatorio sulle Professioni “l’Italia è il paese del cocoon, dove anche la famiglia autorizza i giovani a evitare quello che crea stress.” E il suo appello agli studenti e neo laureati è stato: “Se volete crescere mettetevi in posizione di unconfort! Scoprirete che avete più risorse di quello che pensate!”

In conclusione, se non appartenete alla categoria degli abroad addicted, se rinunciate difficilmente alle comodità della casa materna e vi sentite sicuri, apprezzati e protetti solo nell’ambito familiare, fatevi forza e sentitevi costretti ad andare all’estero: il vostro personal branding ne trarrà indubbiamente un grandissimo vantaggio.

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