PB Riflettendo su quanto scritto da Paola sul Personal Branding (in qualche modo usare mezzi adeguati per promuoverci come se fossimo un prodotto) e su quanto detto da Stefano Battioni (che consiglia di diventare molto bravi in una specifica disciplina), mi viene da riflettere proprio su questo considerarci come un prodotto.
Io di prodotti ne ho incrociati tanti. E non tutti li avrei infilati nel carrello.
– Le caviar de legume (altrimenti detto “tutto fumo e niente arrosto”).
In genere si occupa di budget ma non ha dimestichezza con le somme, si relaziona con i clienti ma non ha idea del loro fatturato, parla di prodotto ma non sa distinguere un cotone da una microfibra.
Questa tipologia di prodotto in genere riesce ad entrare in Azienda (è belloccio, vestito con gusto, sa le lingue, conosce un numero discreto di ristoranti, si chiama Dodo, o Gillo, o Gianfri) ma è raro che faccia carriera (a meno che il pack non sia veramente speciale e che il capo abbia voglia di scartarlo. In ogni modo la carriera dura poco).
Ben presto si svela – dopo tanto nome – una porzione di zucchine al vapore tagliate fini. Chi le ha sul piatto invidia lo gnocco fritto del vicino (meno costoso e più gustoso) o aspira a del vero caviale. Mentre il nostro gira da un reparto all’altro come una mascotte, sopportato con benevolenza dai colleghi come quei soprammobili di cui non riesci mai a sbarazzarti.
– Il prodotto equivalente o farmaco generico
Risolve un sacco di problemi, lavora duramente e senza risparmiarsi, si è laureato di notte mentre di giorno lavorava.
Leva le castagne dal fuoco al capo e ai colleghi. Ma è così timido, riservato e selvatico che non si mette mai in luce. Si veste di invisibile e lascia sempre quell’impressione che l’Aulin ti faccia passare il mal di testa prima del Nimesulide.
Apprezzato per il suo rapporto qualità prezzo, quando si libera un posto da vero capo è difficile che entri nella rosa dei candidati. Perfetto per il banco, fatica a guadagnare la vetrina. Il rischio è che la frustrazione di vedere persone che valgono meno di lui passare davanti, lo rendano antipatico e candidato al retrobottega.
– La Kelly di Hermés
E’ di tempra robusta ma aspetto delicato. Un pugno d’acciaio in guanto di velluto. Sopporta il peso delle responsabilità con leggerezza. E’ capiente, pieno di cose interessanti ma pronto ad accoglierne di nuove.
Non teme di sporcarsi le mani, ma è a suo agio in passerella.
Sa che vorrà durare a lungo e per farlo non potrà fermarsi e rinunciare a nuovi stimoli. Ma avrà la pazienza di fare lunghe soste per approfondire e diventare un punto di riferimento per le sue competenze.
Fa il suo lavoro con la passione di chi non desidera altro, ma con il distacco di chi potrebbe rinunciarci domani.
Normalmente in tutte le aziende si va a spasso con una Kelly al braccio (dentro c’è il Nimesulide) mentre un Dodi ci apre la porta dell’auto. Tu chi sei?
