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Da grande voglio fare il raccattapalle

PB La scorsa settimana io e Cristina, una mia collega, siamo andate a Wimbledon.

Arrivarci dall’aeroporto di Luton (che è un aeroporto di Londra solo per le compagnie low cost, perché in realtà è su Marte) è un calvario , ma poi per rientrare in città c’è il metro e è tutto più semplice e gradevole.

Di Wimbledon non mi sono rimaste particolarmente impresse le partite (non ero lì per la bella finale in cui Murray ha riportato gli onori della vittoria in Gran Bretagna dopo 77 anni) ma il magnifico, superbo contorno.

Proprio in quel tratto di strada che porta ai cancelli di ingresso, gli “Honorary Stuart” aiutano il pubblico che scorre numeroso a trovare il gate, ad attraversare le strade, a informarsi in caso di bisogno. Sono volontari così british che più british non si può, con un accento che neanche i maggiordomi della casa reale, selezionati tra migliaia di candidati, rinnovati di anno in anno (quello che ha aiutato noi era Honorary Stuart da 16 anni).

In quel momento ho pensato: da grande voglio fare l’Honorary Stuart!

Pranzato presso l’Hospitality di una grande agenzia americana di cui eravamo ospiti,dopo aver girovagato tra i campi minori, siamo finalmente andate nel centrale.

La coreografia e le cerimonie gestuali dei raccattapalle, quando entrano in campo, quando porgono la salvietta agli atleti, quando aprono i tubi nuovi e dispongono le palle come se fossero su un tavolo da biliardo. Quando corrono veloci e quasi senti il loro cuore battere, perché essere perfetti è la loro partita (sono ragazzini che hanno fatto selezioni e selezioni per arrivare a inginocchiarsi su quel tappeto verde) , allora in quel momento ho pensato: da piccola voglio fare il ballboy!

Verso il secondo pomeriggio è caduta una goccia di piogga. Mentre le atlete finivano il loro gioco, intorno al campo si sono assemblati una ventina di manutenori. Vestiti di verde e blu, parevano in assetto di guerra. Sul punto della Azarenka hanno invaso il prato. All’unisono hanno preso i teli. Due uomini hanno abbattuto la rete in un batter d’occhio.

Mentre la grande vela si stendeva sull’erba, il tetto del centrale si chiudeva.

A Roma il centrale non si può chiudere. Tanto non piove mai. L’anno scorso alla finale degli Internazionali sembrava di essere nella foresta pluviale. Quando i manutenori hanno coperto il campo (in terra rossa) c’era già un po’ di effetto sabbie mobili. Certo non c’erano “quelli di Wimbledon”.

Io settimana scorsa li ho visti, forti come soldati, armoniosi come ballerini, e ho pensato: da grande voglio fare il manutenore di Wimbledon !

Certo anche il tennis non era male, e le fragole con la panna so sweet, ma che spettacolo vedere i manutenori! Che commozione guardare i ball boys! Che ammirazione ascoltare gli Stuart!

(riflessione per il vostro futuro: meglio essere un superbo muratore che un mediocre architetto)

(ulteriore riflessione: andate a imparare laddove c’è l’eccellenza. Alla Scala per fare la costumista o il cantante d’opera, in Svizzera per fare l’orologiaio, in California per fare il surfista…)

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Volli, sempre volli, fortissimamente volli

Djokovic with the Australian open trophy

Djokovic with the Australian open trophy (Photo credit: Wikipedia)

PB  Dopo il mio post di ieri su Tennis, fallimenti e felicità, ho avuto un sacco di commenti. Alcuni sul blog, molti al telefono o via e mail, alcuni attraverso segnali di fumo.

Sono quindi a precisare (ascoltate bene pulcini in procinto di buttare il becco fuori dal nido) che il mio pezzo non voleva in alcun modo essere un alibi per la mancanza di ambizione, un sei politico per un lavoro fatto così così.

Per fare carriera bisogna essere i più bravi, i più veloci, i più brillanti. Solo bisogna farlo seguendo il proprio talento, cambiando, rinnovando o ibridando i modelli di successo codificati dal passato.

E poi, sentito il cuore, fare fatica, studiare, mettere la sveglia presto, viaggiare, lottare, creare nella direzione giusta, crearsi le vele migliori per prendere il vento quando sarà in poppa, ma anche per stringere la bolina e proseguire quando il vento sarà avverso.

Milano è piena di negozi che vanno male, che saranno soppiantati dallo shop on line o dalle catene a basso costo. Per realizzare un modello alternativo di successo non basta non aver finito l’università, siete d’accordo? Io parlo di eccellenza, differenziazione, carattere, voglia. Buon vento

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