PB Sono andata, una decina di giorni fa, a vedere la mostra di Rodin a Palazzo Reale.
Ho visitato la mostra accompagnata da una guida. Rodin lo conoscevo già bene (lo ho molto amato a Parigi, come si amano le cose che si scoprono e affascinano durante la giovinezza) ma avere un critico dell’arte ( massimo.dantico@libero.it) che ti racconta delle figure che sgorgano dalla materia, della evoluzione dell’arte dello scultore dai lavori giovanili a quelli della maturità, è stato bellissimo.
Al di là del godimento (che bella l’arte! Che bella Milano quando attraversi la Piazza del Duomo con il buio e la madonnina è illuminata! Che buono il caffè al Camparino mentre si chiacchiera di tutto e di niente!) ne sono uscita che ne sapevo più di prima.
Il mio Rodin svelato mi ha dato il via per scrivere questo intervento sulla mancanza di capacità – e volontà – delle aziende italiane di formare i propri collaboratori.
La cultura corrente delle aziende italiane considera il tempo dedicato all’aggiornamento con sospetto, quasi si trattasse di gite clandestine. Il collega assente per formazione è accompagnato da sorrisetti come se fosse a Camogli a mangiare la focaccia.
A questo clima contribuiscono anche scelte discutibili e clientelari quando le aziende si affidano a docenti modestamente preparati che proiettano usurate slides su Power Point o a istrioni che replicano lo stesso show indipendentemente dagli interlocutori, regolarmente impreparati perché credono di essere brillanti abbastanza per affascinare l’aula e tirare incolumi fino al coffee break.
Le aziende straniere (per mia esperienza personale posso citare quelle francesi e quelle svizzere, ma ho amiche che lavorano per americani e tedeschi e possono confermare) affrontano la formazione con più professionalità e metodo.
Siccome però dobbiamo accontentarci dei nostri indolenti e mediterranei capi (prendiamoci però l’impegno di diventare professionali quando sarà il nostro turno di essere capi) e non accontentarci mai del nostro sapere, non trascuriamo le opportunità auto formative che offre, per lo meno nel campo dell’arte, il nostro paese.
In Italia, dopo le scuole superiori, i docenti smettono di sentirsi guide (si vede che reagiscono con acrimonia al sospetto di essere chiocce e si trasformano in Erinni) e lasciano orde di talenti a vagare senza Virgilio per i gironi più o meno infernali, dell’apprendimento.
Dobbiamo usare tutte le nostre energie per non perderci (o perlomeno non troppo) e approfittare, da autodidatti, delle incredibili risorse culturali del nostro paese.
Frequentate le accademie, le pinacoteche, le biblioteche della vostra città: lì normalmente troverete opere inestimabili, illuminate con luci inadeguate, con orari ridotti di apertura, curate da impiegati mal pagati ma spesso colti e appassionati. Normalmente dietro al neon e a una impalcatura occhieggiano Raffaello, Mantegna, Caravaggio.
Persino a Milano, che non è Roma o Firenze, per le mostre che hanno l’onore di essere pubblicizzate (bellissime per altro) c’è una coda spaventosa (e che spesso vale la pena di fare), ma a Brera o al Poldi Pezzoli ci sono capolavori da togliere il fiato che si possono ammirare in beata intimità.
PS La visita guidata a Rodin mi è costata 6 euro, oltre al costo di ingresso alla mostra. A volte una buona guida è dietro l’angolo. E il costo per godersi e capire un capolavoro inferiore a quello di un aperitivo.
Premesso che di arte non ci capisco un’H, appoggio e sottoscrivo due delle tante bellissime cose che hai scritto:
1) spesso veri capolavori si “scovano” nei luoghi meno probabili e proprio per questo ci si sente ancora più soddisfatti (parlo anche e sopratutto di persone);
2) spesso la nostra ignoranza è solo frutto della pigrizia (mea culpa!), non c’entrano le occasioni mancate, le possibilità economiche, la fortuna di capitare nel posto giusto al momento giusto…
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Grazie Giulia, hai proprio ragione. E sullo scovare, sul saper vedere veri capolavori nelle persone, che bell’esercizio! come guida useremo i nostri amici più fidati (io con Paola ne ho scoperti diversi). Quando saremo pigri di vedere un capolavoro appeso alla parete di un museo, passeremo il tempo con un capolavoro in carne ed ossa a chiacchierare sul divano. Sempre di godimento si tratta. E di ricerca della felicità.
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