PC In questo clima di disoccupazione fa piacere che ieri almeno una persona abbia trovato un nuovo lavoro (l’oroscopo di Vanity Fair lo prevedeva per tutti i Sagittario, spero che anche altri appartenenti al segno siano stati altrettanto fortunati) e come cattolica e italiana l’elezione del nuovo Papa mi ha donato un sentimento di grande serenità.
Come comunicatrice invece, per deviazione professionale, non ho potuto fare a meno di valutare il suo discorso dal punto di vista dell’efficacia comunicativa. Credo che ne emergano molti utili suggerimenti sia per chi viene promosso a una nuova posizione, sia per chi si insedia in un gruppo ben consolidato.
Innanzitutto la comunicazione non verbale: Papa Francesco si è presentato composto, per niente enfatico, pronto però ad aprirsi a un sorriso sincero, che coinvolgeva anche gli occhi. Poco dopo si è poi inchinato lui prima lui dei fedeli, per ricevere la loro benedizione. Due gesti che hanno creato un’immediata empatia. Inoltre ha evitato i simboli esteriori di potere della Chiesa (la mantellina rossa, la croce d’oro) scegliendo la semplicità dell’abito bianco.
Dal punto di vista verbale il Papa ha accompagnato questo sorriso con un semplice “buonasera”, un saluto comune, che ha generato una forte sensazione di vicinanza anche tra i molti – in Piazza San Pietro e davanti alla tv- che all’annuncio della sua elezione erano rimasti un po’ spiazzati da un nome che non era mai emerso nella lista dei papabili. Ha poi proseguito con una battuta autoironica, sul fatto che viene dalla fine del mondo (anche se forse la scelta lessicale in italiano è meno felice che in spagnolo) che ha contribuito a creare simpatia e affetto, e ha concluso con un semplice Buona notte e buon riposo.
Nel suo discorso mi è molto piaciuta la sua capacità di coinvolgere attivamente chi lo ascoltava, prima quando ha chiesto di recitare due preghiere per il suo predecessore e poi quando ha aspettato in silenzio che tutti pregassero per lui, prima di impartire la benedizione Urbi et Orbi.
Gli unici ambiti di miglioramento in cui questo magnifico esempio di comunicazione sono a mio parere:
- la poca padronanza nel recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria in italiano, che mi ha ricordato i miei tanti episodi di play back nelle scarse presenze alla Messa.
- La ricorrenza della parola Vescovo, usata al posto di Papa, che ribadiva il desiderio di umiltà quando riferita a se stesso (il Vescovo di Roma, invece che il Papa), ma ha causato un certo sconcerto quando usata per parlare del Papa Emerito Benedetto XVI, da lui chiamato Vescovo Emerito (penso che in tanti, come me, abbiano temuto un declassamento).
Concludo aggiungendo che stamattina ho sentito in tv che per rientrare nella sua residenza ha rifiutato la limousine e preso il pullman con gli altri cardinali. Questo gesto, come nelle aziende, conta più di mille parole per creare un seguito sincero in chi si deve affidare a un nuovo leader.
Da ex-alunna di liceo di Gesuiti, non posso che gioire per questa scelta. Da piemontese e Sagittario, ancor di più.
A parte gli scherzi, mi sembra un uomo, prima ancora che un religioso, dolce, gentile, orientato verso gli ultimi del mondo ma anche aperto all’innovazione (come tutti i Gesuiti, a lungo temuti per il loro potere intellettuale).
Quando si è presentato, mi sono commossa come non mi succedeva da tempo, ho sentito che questo Papa potrebbe davvero portare “Pace in terra agli uomini di buona volontà”.
Non sono particolarmente praticante, ma una preghiera per il nuovo Papa devo ammettere che l’ho detta. Volentieri e con il cuore.
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